Capitolo 8.

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« “Ci siamo quasi, ci resta solo una traccia da decifrare e scoveremo il colpevole!” disse Sherlock Holmes, guardando il suo fidato amico come per spronarlo ad andare avanti con la missione.” » lesse Taylor imitando la voce di un uomo, accarezzando la fine della pagina del libro che stava leggendo: un giallo.

« “Senz’altro!” terminò Watson, determinato » continuò, girandosi a pancia in su sul suo letto a castello, dove si era sdraiata in quel caldo pomeriggio per proteggersi dalla calura che regnava all’esterno.

Non si erano nemmeno allenati, rispetto al giorno prima, ma a Taylor andava bene così: Jeff li avrebbe fatti sicuramente faticare in un altro momento.
Secondo lei ne avrebbero risentito in particolare i due sopravvissuti che avevano permesso agli zombie di interrompere la loro cena, due sere addietro. O li aveva perdonati?

« Come sto? » le chiese Elan, entrando in camera frettolosamente.

« Un attimo. Questa è la parte migliore » bofonchiò Taylor, girando pagina.

« Dai su! Che ti costa darmi un’opinione? Leggi dopo » insistette la mora, avvicinandosi al suo letto con impazienza.

Taylor, sospirando, alzò di controvoglia gli occhi dal libro per accontentarla.
Vestiva una maglietta militare color bianca e rosa, corta fin sopra l’ombelico, e una tuta  leggera dallo stesso design. Erano degli abiti semplici, ma addosso a lei sembravano addirittura attraenti .
A Elan piaceva molto sfilare quello che prendeva nelle abitazioni altrui, Taylor  ormai si sarebbe potuta considerare come la sua stilista personale, occupandosi principalmente di approvare o bocciare i vari abbinamenti proposti dall’altra.

« Farai un figurone, davanti al leader » assicurò dopo averla osservata roteare sul posto per mostrarsi in tutte le angolazioni.

Lei la guardò storto, urlando con fare turbato:« Ma che dici? Sei sulla strada sbagliata, sorella »

« Si vede da un miglio che vi piacete » rivelò Taylor, senza celare l’aria di una che di cose ne sapeva.

« Be’, come amici… » sussurrò la ventenne, sedendosi sul proprio letto e spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Sistemando il libro sotto il naso leggermente aquilino,  Taylor scosse la testa e riprese a leggere dal punto in cui si era fermata.
Poi sentì lo sguardo di Elan su di sé. Cosa avrebbe dovuto fare? Consolarla? E per cosa? Il rapporto che aveva instaurato con Jeff era uno dei più belli: l’amicizia.
Tuttavia, Taylor era certa ci fosse dell’altro sebbene nessuno dei due accennasse a fare il primo passo.

“Sono all’antica, è il maschio che deve farsi avanti” ritenne, inspirando malinconicamente nel ricordare che per quella precisa ragione era sempre stata single.

Taylor non tendeva a restare al passo coi tempi. Avrebbe dovuto rivalutare la sua convinzione, presto o tardi: diventare una gattara  era l’ultimo dei suoi desideri, sempre se ne ve fossero rimasti, alla fine.
Non ebbe il tempo di pronunciare una singola parola perché Elan uscì, annunciando  che sarebbe andata a stendere i panni.
La castana la seguì con lo sguardo, fino a vederla voltare a sinistra, dove c’era il bagno.

La verità, e ne era conscia, era che non sapeva come comportarsi. Non aveva avuto molte amiche, a scuola, e le poche compagne di classe con cui  aveva provato a legare erano evaporate dopo il diploma di maturità.
Quindi per lei Elan era come la migliore amica che la sua anima aveva sempre sognato, come una sorella con la quale confidarsi e appoggiarsi negli attimi di bisogno.

Rendendosi conto che stava fissando il nulla, indirizzò di nuovo lo sguardo su Sherlock Holmes.

« Taylor! » chiamò una voce animata oltre la porta del dormitorio.

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