Spazio autore
Questo è un capitolo che ridimensionerà un po' le cose, nel senso che ha l'intento di mostrare come due persone possano arrivare a pensare esattamente le stesse cose negative l'una dell'altra solo per mancanza di comunicazione. Perdonate per i frequenti cambi di prospettiva, lo so che lo faccio sempre, anche se cerco di evitarlo per non creare troppa confusione. Buona lettura.
Ah, ovvio che è tutto inventato. Alcuni fatti prendono spunto da cose conosciute ma è ovviamente tutto frutto della mia fantasia. Mai come in questo capitolo occorre precisarlo.
Cercò di ricomporsi, sistemandosi il trucco appena sbavato sotto agli occhi. L’abito era ancora perfetto ma lei si sentiva un vero disastro.
Era tornato, il suo mostro dagli occhi grandi e dalla bocca spalancata. Era tornata la tachicardia e la paura di non riuscire più ad incamerare abbastanza aria. Era tornata la sicurezza di venire schiacciata dalla stanza, risucchiata, senza via di scampo. Ed ogni volta lo sentiva arrivare e si giurava che l’avrebbe gestito meglio della volta precedente ma poi lui cresceva e cresceva come un’onda gigantesca. Sapeva che l’avrebbe superata ma ancora non riusciva a navigarla o almeno a lasciarsi andare per galleggiarci sopra. Lei ci affogava dentro quell’onda ed allora il suo corpo non rispondeva più, tremava, si ribellava. Il mostro era tornato e lei aveva ricominciato a vergognarsene come un tempo, quando si rinchiudeva nella sua stanza, allontanando anche le persone che l’avrebbero voluta aiutare.
“Vic, ce sei?” La voce della make up artistist la riportò alla realtà. Doveva andare. Uscì dal camerino, sistemandosi i capelli e cercò di indossare il suo sorriso migliore per raggiungere i compagni di avventura. Erano tutti in grande spolvero, proprio come lei. Damiano si stava sistemando il papillon davanti allo specchio, ammirandosi come un novello James Bond. La scorse attraverso il riflesso ed ammiccò nella sua direzione, aspettando che lei rispondesse con la stessa smorfia.
Lo fece. Fece esattamente tutto quello che ognuno di loro si aspettava da lei. Fece le foto, i video promozionali e le battute di rito ma chiunque si sarebbe reso conto che non era più così brava a fingere. La verità era che anche lei era stanca e somatizzava in quel modo. Lo stress per quei ritmi forsennati stava diventando difficile da gestire e di sicuro la lontananza dalla sua famiglia e da Joy non le era di grande aiuto. Aveva i ragazzi certo, ma loro facevano parte del gioco, erano causa e vittime di quello stesso stress e di sicuro avevano di meglio a cui pensare, ora che le loro compagne erano lì ad attenderli e a riempire le loro giornate.
Vic ricordava con nostalgia di un tempo non troppo lontano, in cui loro quattro bastavano a se stessi, in cui non erano costretti ad un lavoro costante e non erano scrutinati dalla lente d’ingrandimento del giudizio altrui. Era quando ancora condividevano ogni cosa e non provavano la tristezza di tornare in camere d’albergo vuote ed anonime ogni sera.
Guardò Damiano e Thomas, che si mettevano in posa per una foto nel backstage e pensò che anche quello ormai non era più naturale per nessuno di loro.
“Guardate di qua! Fregni da paura!”
Giulia scattò un altro paio di foto in quel suo modo del tutto professionale e Vic si allontanò verso il corridoio.
“Tutto bene, Vic?” Leo le diede una leggera spallata, attirando la sua attenzione.
No. Non andava tutto bene. Era stralunata, si sentiva come un cazzo di alieno e non sapeva come fare a rimettere i piedi per terra.
“Lo so, porta pazienza… Nun piace manco a me.” Rispose l’amico con un rapido cenno, rivolto alla coppia di piccioncini, che ora stavano scegliendo le foto migliori da pubblicare sui social.
Vic non rispose nemmeno. Estrasse il telefono e cercò un angolo per provare a mettersi in contatto con Joy.
Ok, avrebbe potuto ammettere che anche a lei quella situazione non andava giù? Che per quanto ci provasse, si sentiva derubata di una parte importante della sua vita? Giulia era lì, ormai onnipresente proprio come aveva detto Thomas qualche settimana prima e lo vedeva quanto impegno ci stava mettendo per entrare nel gruppo, per essere benvoluta da loro come dai fans. E ci stava riuscendo, perché lei era così: era una ragazza decisa, umile, intelligente e sapeva stare con gli altri e soprattutto sapeva amare lui. Sapeva gratificarlo, sapeva farlo sorridere e tranquillizzarlo. Sapeva essere tutto ciò che lei, Victoria, suo malgrado non era mai stata, nascosta dietro alla sua cazzo di armatura perenne. Ogni giorno si ripeteva che aveva fatto bene ad allontanarsi. Ogni giorno faceva un minuscolo passo indietro per lasciargli lo spazio che pensava lui meritasse. Si chiese se forse anche per Leo non fosse lo stesso, se anche lui provasse quel misto di gioia e dolore nel vedere l’amico così felice ma lontano.
Ma di che si lamentava ormai? Lei aveva fatto la sua scelta. Aveva deciso di rimanere a guardare e di proseguire con la sua vita, che in quel momento non le stava regalando solo le gioie che tutto il mondo riusciva a vedere.
La chiamata terminò nel vuoto e lei si sentì un po’ persa. Non pensava che Joy le avrebbe risposto a quell’ora di notte ma forse un pochino ci sperava. Pensò che era colpa sua, che aveva messo in piedi quel rapporto senza mai dare tutto ed ora le veniva restituita la stessa cosa: Joy stava vivendo un momento magico per la sua carriera e, se un tempo era rimasta in disparte a crogiolarsi nel suo amore per lei, ora sembrava più risoluta a non vivere della sua mancanza. E dire che a lei mancava così tanto! Se c’era una persona che capiva ciò che provava in quei momenti di buio, quella era proprio la ragazza, forse perché c’era passata anche lei.
"‘Nnamo, Victò?!”
Thomas le mise un braccio intorno alle spalle e Victoria si aggregò di nuovo al gruppo, lasciandosi trasportare dal flusso di gente fino all’interno del teatro. Ora si andava in scena e lei e Damiano sarebbero tornati a recitare le loro parti degli amici perfetti. Gli amici solo amici, che aveva sempre preferito non fare un passo in più per non rischiare di rovinare tutto. Avrebbero calcato il red carpet senza riuscire a realizzare che quello non era un sogno e avrebbero fatto il loro lavoro con la massima concentrazione.
Foto, interviste e autografi. Quello era il rituale ormai.
Foto.
Interviste.
Autografi.
Damiano le disse qualcosa e lei ubbidì, gettandosi in pasto ai fans sulla sua destra. Era seria, tesa, faticava a sorridere. Aveva perso la magia e se ne stava rendendo conto durante la serata più magica di tutte.
Entrarono nel backstage e si prepararono per l’esibizione. Ormai era diventato tutto molto automatico, dovevano solo infilare gli airmonitor e poi la chimica si sarebbe creata da sé, anche quando il lavoro diventava noioso e ripetitivo.
Damiano si schiarì la gola e fece un paio dei suoi trucchetti per scaldare la voce. Cercò gli occhi azzurri di lei, che proprio in quel momento si stava infilando la tracolla del basso NUOVO. Vic alzò lo sguardo e lui capì che qualcosa non andava. Non aveva tempo di parlarle, dovevano salire sul palco e fare il loro lavoro.
E lo fecero. Lo fecero alla grande. Ma quando scesero dal palco Vic non c’era già più. Damiano aveva cercato di attirare la sua attenzione, di ricreare la magia ma non l’aveva sentita. Non la sentiva. Era al suo fianco ogni fottuta sera, era alla sua destra ma non era più lei. Perfino voltarsi nella sua direzione faceva male perché non sapeva se avrebbe risposto o se lo avrebbe ignorato, facendogli fare la figura del coglione in mondovisione.
Quanto lo faceva incazzare?? Nonostante evitasse di parlarne con i ragazzi, capitava che in privato si lasciasse andare a qualche cattiveria da uomo frustrato. Era come se Vic non ci mettesse più il cento per cento, come se dopo tutto il lavoro che avevano fatto, le cose fossero diventate troppo grandi per lei. Era un atteggiamento che Damiano non riusciva a capire e, più si confrontava con gli altri, più si rendeva conto che era qualcosa di anomalo. Ma lui non voleva perdere quel momento, voleva goderselo tutto, perché era uno di quei rari ritagli di vita, in cui sembrava che tutto andasse troppo bene per essere vero. E in effetti non era vero, perché c’era lei, Vic, l’anello debole della sua catena, a ricordargli che non poteva sempre avere tutto ciò che desiderava. Quella ragazza era come una macchia nella sua felicità ma non le avrebbe permesso di rovinarla, proprio come gli aveva consigliato tante volte la fidanzata. Vic era un’egocentrica, questo ormai lo sapevano tutti, forse soffriva solo il fatto di non essere più lei al centro dell’attenzione o forse, più semplicemente, soffriva solo la lontananza da casa, proprio come capitava a lui, quando si trovava lontano da Giulia.
La serata continuò senza la bassista e fu ugualmente una grande serata. Damiano aveva deciso di non pensare a lei e ai suoi capricci da diva: se voleva tornarsene in una stanza d’hotel, che lo facesse pure. Aveva bevuto, aveva ballato e aveva conosciuto alcune delle personalità più importanti della scena musicale mondiale. Possibile che a lei non importasse abbastanza?
Poi eccola Giulia, perfetta nel suo abito così sexy da fare invidia alle donne più belle di quella serata. Lo stava aspettando con un sorriso orgoglioso e finalmente felice. Non ricordava di averla mai vista così radiosa in vita sua e sapere di averne gran parte del merito, lo faceva sentire completo.
Festeggiarono tutti insieme, per finire ad ammirare una meravigliosa alba su una delle spiagge più belle del mondo. Quando tornarono in hotel fecero l’amore, come avevano fatto la sera prima e quella prima ancora e di nuovo senza mai stancarsi l’uno dell’altra. Era come una bolla immensa e perfetta, dalla quale Damiano non avrebbe mai voluto uscire. Si concessero una doccia e poi si abbracciarono sotto alle coperte in attesa di un’altra giornata da passare insieme in quel paradiso. Perché la verità era che tutto aveva un altro sapore se poteva condividerlo con lei e anche la pressione di quei giorni sembrava diventare più accettabile.
Si svegliò con il trambusto della città sottostante. Doveva aver dormito solo poche ore ma che importava? Quella sarebbe stata una giornata di ozio, durante la quale avrebbero fatto solo i turisti.
Ordinò la colazione in camera ed uscì per fumare una sigaretta. Leo era sul balcone della sua stanza e stava facendo esattamente la stessa cosa.
“Ehi, Lè!” Lo salutò con un cenno, accorgendosi che stava parlando all’auricolare, quindi tornò a fumare, spingendo lo sguardo oltre le palme verso l’oceano.
“Vic se n’è già andata.”
La voce dell’amico lo raggiunse da lontano come un colpo alla schiena. Lo osservò per vedere se stava parlando con lui o se fosse ancora al telefono.
“Andata dove?” Era sconvolto e non riusciva a mascherare la sorpresa.
“A casa.” Leo sembrava più padrone della situazione ma era fuori di sé almeno quanto lui.
“Ma… ma come? A casa? Pensavo fosse qui… E domani? E gli impegni che abbiamo preso?”
“È un’emergenza, Dam. Quando ne abbiamo parlato sembravi d’accordo.”
“Ne avete parlato.” Rispose lui, sentendo montare di nuovo quella strana sensazione di rabbia mista ad ansia.
“Perché tu facevi altro forse… Comunque non è necessario che lei sia presente e in ogni caso nun le posso chiede de tornà proprio adesso.”
“Certo che no...” Damiano concluse con delusione mentre spegneva la sigaretta appena iniziata. Fece per tornare nella sua stanza ma la voce dell’amico lo obbligò a fermarsi.
“Sò preoccupato pe’ lei…”
“Per chi? Per Vic?? Stà tranquillo Chicco, che se c’è una che sa badare a se stessa questa è proprio Victoria!”
Rientrò senza lasciarlo ribattere, perché in fondo lo infastidiva quel discorso pietista. Perché preoccuparsi per lei che li stava piantando in asso ancora una volta? Era stanca? Beh… lo erano tutti ma quello era lavoro e dovevano onorarlo ed esserne grati.
Raggiunse il proprio telefono, senza sapere davvero perché si aspettasse che lei gli avesse scritto qualcosa e poi se ne andò in bagno per lavarsi e farsi la barba.
Certo che aveva avuto un bel coraggio a prendere e andarsene da sola.
Da sola.
Per un attimo l’ombra della sua solita apprensione si fece strada in lui ma la ricacciò indietro. Non voleva preoccuparsi per lei, non voleva pensare che Leo avesse ragione e che ci fossero motivazioni più serie dietro a quelle continue assenze. Per un attimo gli tornarono alla mente i suoi occhi, lo sguardo che si erano scambiati la sera prima nel backstage e di nuovo tornò a pensare a ciò che stava succedendo. Anche se non voleva vederlo qualcosa era in atto, qualcosa di poco chiaro e poco piacevole. Lui e Vic non erano mai stati così lontani, roba che in confronto le paranoie che si faceva durante Sanremo erano acqua fresca. In soli pochi mesi sembrava che tutto stesse precipitando.
Era stata quella notte a rovinare tutto. La notte in cui non avevano fatto nulla, se non ribadire che il loro rapporto doveva rimanere quello di due colleghi, di due amici, di due anime gemelle che non potevano stare insieme.
Damiano non si pentiva di non aver ceduto, sapeva che era stata la decisione giusta quella di non compromettersi e di continuare con le loro vite ma allo stesso tempo non riusciva nemmeno a pentirsi di averlo fatto almeno un poco. A volte gli tornavano alla mente i sospiri di lei, aveva la sensazione di risentire il suo sapore e la stretta delle sue gambe intorno alla vita. Erano pensieri fugaci, che scacciava via maledicendosi solo per averli fatti. E la odiava per avergli dato solo un assaggio e la amava per lo stesso identico motivo.
Da quel giorno si erano impegnati a costruire quel muro tra di loro. Mattone sopra mattone avevano diviso il sentimento dal lavoro ed ora anche il secondo ne stava risentendo. Avrebbe voluto parlare con gli altri, chiedere loro un’opinione, un consiglio ma la mancanza di Vic gli metteva sulle spalle il peso di una maggiore responsabilità e non aveva alcuna intenzione di tentennare o farsi vedere debole. Quindi avrebbe continuato a fingere, come aveva fatto la sera prima del resto.
Più ci pensava e più si rendeva conto di quanto stesse diventando schiavo del suo stesso personaggio. Il Damiano di un tempo l’avrebbe seguita, le avrebbe chiesto spiegazioni e avrebbe ascoltato ma questo nuovo uomo era più duro, non avrebbe lasciato che lei gli rovinasse il suo piccolo paradiso.
Sciacquò il rasoio, picchiettandolo appena sul bordo del lavandino e studiò il proprio viso glabro e pulito. A Vic piaceva di più con la barba, ricordava un tempo in cui se l’era fatta crescere solo per lei.
Ma vaffanculo!
Dove stava Vic? Dov’era finita la sua Vic? Che vita faceva lontano da lui? Che donna stava diventando? E soprattutto perché lui continuava a fingere che non gli importasse? Forse perché era rimasto scottato da ciò che era successo ormai molti mesi prima? Forse perché in quel bacio ci aveva messo molto di più?
Si risciacquò il volto e lo asciugò con una salvietta bianca. Era solo un ragazzo, eppure si sentiva un uomo ma quel ragazzino dentro di lui rimaneva a ricordargli quanto poteva essere dura combattere contro se stessi, quanto fosse sbagliato sentirsi arrivati. Gli ricordava che la ragazzina dello skate gli aveva teso una mano e che lui ora la stava lasciando per camminare da solo.
E se Vic fosse precipitata di nuovo giù? Se il buio l’avesse inghiottita?
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Amandoti 4 (What if?)
FanfictionLe regole sono sempre le stesse: il primo capitolo si lega a quello della mia prima ff, dal quale poi si snoda un nuovo finale. Questo finale risponde ad una nuova domanda: cosa sarebbe successo se non fosse successo proprio niente? Lo so, così si c...