Capitolo 13

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Spazio autore

Ebbene sì, visto che me lo avete chiesto in più persone, oggi doppio capitolo. Ma vi dico subito che sarà solo un capitolo di passaggio e che di sicuro non sarà quello che vi aspettate, quindi è un po' anche per questo che lo pubblico (sono sadica, lo so). Grazie comunque per il vostro sostegno, i commenti e soprattutto la pazienza.


“Al volo, bro!”
Damiano era intento a girare le costine sull’enorme barbecue ma fortunatamente i suoi riflessi erano abbastanza pronti da afferrare la lattina di birra, prima che questa lo colpisse.
“Grandissimo!!” Si complimentò l’amico, fingendosi molto impressionato.
“Che cazzo, Lè… potevi fà ‘n macello qui!” Lo riproverò il cantante.
“Ma vedi? Io me fido de te!” Rispose invece l’amico con il suo solito sorriso da bambino monello.
Si stavano rilassando, finalmente dopo mesi di lontananza potevano passare una giornata di nuovo tutti insieme. Forse non era esattamente ciò che avrebbe voluto ma Giulia aveva insistito tanto per inaugurare la nuova terrazza e doveva ammettere che, ora che vedeva i suoi amici sorridere e bere in compagnia, anche lui iniziava a rilassarsi.
Suonarono alla porta.
Amo!! Hanno suonato… vai tu?”
La voce della fidanzata gli arrivò da lontano. Forse stava finendo di preparare gli antipasti e  toccava a lui fare gli onori di casa.
Aprì con il grembiule addosso e ancora la birra in mano.
Era lei.
“Ahò quanto c’hai messo ad aprì?! Stavamo pe’ ripiegà sur porchettaro all’angolo…”
Vic entrò ed insieme a lei quel suo profumo inconfondibile. E sì, anche Joy. Erano di nuovo inseparabili quelle due, ormai la loro era una coppia solida, proprio come lo erano lui e Giulia.
“Questa va messa in fresco!” Disse Joy, dirigendosi verso la cucina, là dove si sarebbe fermata a fare due chiacchiere con la sua fidanzata. Si amavano quelle due: anche se erano così diverse lei e Giulia avevano trovato una buona intesa fin da subito, forse perché entrambe capivano quanto fosse faticoso dividere la loro vita con due personaggi ingombranti come lui e Victoria.
“Allora che se magnà, chef?” Gli chiese la bassista, che invece lo aveva seguito sul terrazzo. Non si vedevano da qualche tempo eppure sembrava che non fosse passato nemmeno un secondo per lei. Era naturale, a suo agio, proprio come se non fosse successo nulla. E invece era successo.
“Costine… sarsicce… pollo… quella invece è la griglia vegana… tofu, soia e verdure varie…” Rispose l’uomo, fingendo la stessa identica naturalezza.
“Wow… te serve ‘na mano?”
Era strano che Vic si offrisse, normalmente sarebbe già corsa tra le braccia di Ethan oppure l’avrebbe trovata intenta a preparare qualche gin tonic per gli altri, calamitando tutta l’attenzione su di sé. Perché in fondo era così tra di loro: Victoria teneva banco mentre lui faceva filare lisce le cose.
“Non saprei… aiutame a girà le melanzane…”
La vide prendere la pinza ed iniziare il suo lavoro in silenzio. Le passò la sua birra, lasciando che ne bevesse un sorso e rimase a guardarla per qualche secondo: il profilo assorto ed i capelli raccolti sulla nuca come non li portava da un po’.
Dopo qualche istante di silenzio fu lui a parlare per primo, giusto per spezzare la tensione che avvertiva salire pian piano.
“Allora? Com’è annata la vacanza?"
Non si vedevano da qualche settimana, forse un paio di mesi. Non erano mai rimasti lontani così a lungo da quando avevano iniziato a scalare le classifiche di tutto il mondo.
“Bene dai… sé… ’Na figata come ar solito…” Si limitò a dire lei. Sembrava persa nei suoi pensieri, come se non avesse davvero voglia di parlare ma volesse solo godersi quel momento di vicinanza.
“E te sei pure abbronzata… guarda qua!” Le tirò la spallina del top bianco per infastidirla ma lei non reagì come avrebbe fatto di solito.
“Me sei mancato…”
La sentì dire e per un attimo ebbe la sicurezza di non aver capito bene. Rimase immobile, come intontito mentre lei continuava a girare imperterrita la sua verdura.
Che cosa significava? Che doveva risponderle? Che anche a lui era mancata ogni giorno? Che da quando aveva ricevuto quella telefonata nel bel mezzo di una spiaggia californiana, non ci dormiva la notte? Che voleva sapere come stava, perché si era allontanata di nuovo, perché si ostinava a rimanere con quella ragazza, la cui presenza a suo parere non le faceva bene? Ma che dire ora, su di una terrazza affollata e con gli occhi di Giulia puntati come sempre dietro alla schiena?
“Mò semo tornati… no?!” Gli uscì di gettò e fu spiazzato dalle sue stesse parole.
Vic annuì, buttando giù un sorso della sua birra e posò le pinze, per poi rivolgere la sua attenzione alla tavola imbandita.
“Sì… semo tornati…” La sentì sussurrare mentre si allontanava verso gli altri, cercando di scrollarsi via di dosso quella sua espressione di colpo triste.
Cazzo.
Che testa di cazzo che era stato!
Damiano imprecò tra sé, cercando un modo qualsiasi per rimediare. Gli succedeva con lei, gli capitava di dire la cosa sbagliata quando lei si avvicinava troppo e lo mandava in confusione. A volte quando le era accanto si sentiva di nuovo come quel ragazzino, che la vedeva alla fermata dell’autobus e fingeva di essere un figo da paura, quando invece sbrodolava dietro alle sue gonne lunghe.
Mangiarono, finalmente riuniti tutti insieme come se fossero un’unica famiglia. Passarono un pomeriggio magnifico, Vic sempre un po’ distante, sembrava degnare tutti della sua attenzione tranne lui. Era un meccanismo di difesa, questo ormai lo sapeva ma Damiano si sentiva un po’ ferito e non riusciva a fingersi spensierato come avrebbe voluto.
Quando la vide alzarsi, l’istinto lo obbligò a fare altrettanto.
“Che te ne vai già?” Le chiese, rientrando dietro di lei con una scusa qualsiasi.
“No, vado in bagno…” Rispose la ragazza, stranita. Fece un paio di passi poi si voltò di nuovo verso di lui per puntualizzare. “Ascolta, smetti di fare lo strano!”
“Io non faccio lo strano!!” Ribatté l’uomo, mettendosi sulla difensiva ma il solo fatto che parlasse a mezza voce, controllando che non arrivasse nessuno, la diceva lunga su quanto fosse strano, appunto.
“Non volevo metterti in imbarazzo prima, ok?! M'è uscito così… come… come 'na cosa qualsiasi. Non avrei dovuto, capisco il contesto sbagliato… vojo dì, semo qui, nella vostra nuova casa e la tua fidanzata me guarda come se fossi una testata nucleare, pronta a far saltare tutto quanto…”
Damiano sorrise appena, cercando di fermare quel fiume di parole.
“Ehi ehi ferma n’attimo… nessuno te guarda così…”
“Ah no?! Dillo a Giulia e all’amichetta sua…”
“Ok, forse… forse c’hai ragione ma pensace n’attimo, sei sparita… Vic, te ne sei annata ner bel mezzo d’un viaggio promozionale e poi nun te sei più fatta vedere per mesi…”
“Eravamo in pausa.” Rispose lei, con tono di sufficienza.
“Sì ma perché lo eravamo? Nun te lo sei manco chiesta? Dopo la tua telefonata der cazzo cosa credi che abbia fatto io? So’ tornato, Victò! So’ partito de corsa pe’ Roma e tu manco c’eri più! E come pensi che l’abbia presa Giulia? A quel punto avemo dovuto prenne provvedimenti seri…”
Victoria era ferita. Possibile che tutte le persone alle quali teneva di più, l’avessero esclusa da una decisione così importante? Ricordava vagamente quei giorni, durante i quali le arrivavano sporadiche notizie dal gruppo. Lei, che dopo la disastrosa chiamata intercontinentale aveva deciso di rifugiarsi dalla famiglia in Danimarca, aveva perso gran parte dei contatti con la sua vita reale. Si sentiva messa da parte, come se i compagni gliela volessero far pagare per non aver adempiuto ai suoi impegni con il gruppo. Aveva trovato strano che Thomas le dicesse di rimanere dov’era perché tutti avevano bisogno di un periodo di riposo ma non aveva fatto domande. Quando era rientrata a Roma aveva cercato di rimettersi in piedi. Le cose tra lei e il cantante però non avevano mai ripreso veramente a girare. Erano come separati da un muro e Vic aveva la netta sensazione che fosse colpa proprio della sua stupida videochiamata.
Cercò di incamerare quella informazione con dignità, anche se le veniva da piangere.
“Ok. Va bene... Allora è colpa mia. Puoi dirlo: non abbiamo ancora finito l’album solo per colpa mia. Ed io… io che pensavo che lavorare m’avrebbe aiutato, v’ho fatto fermà a tutti senza manco saperlo… Vedo che se capimo alla grande!”
Vic avrebbe voluto sorridere o magari avrebbe solo voluto andarsene ma Joy era ancora sul terrazzo e si rendeva conto che, se avesse fatto un’altra delle sue uscite in grande stile, sarebbe stato ancora peggio.
Damiano se ne accorse, si accorse che aveva lanciato uno sguardo verso la porta d’ingresso e che ora aveva fatto un passo indietro solo per cercare di raccogliere i pezzi e non scoppiare.
“No… no ascolta, non hai capito niente e invece! Lo abbiamo fatto per te… non avresti mai accettato il nostro aiuto, lo sai anche tu. E sì, sì Vic… me sei mancata anche tu!”
Un singhiozzo la scosse a tradimento e lui ebbe l’istinto di coprire la breve distanza che li separava per stringerla finalmente a sé, come non aveva potuto fare mesi prima quando c’era un oceano intero a separarli.
“Vedrai che passerà questo periodo di merda…” Le sussurrò all’orecchio mentre cercava di calmarla e la sentiva aggrapparsi al suo abbraccio come forse non aveva mai fatto prima.
Ethan si affacciò in cucina per portare alcuni piatti sporchi ma fece dietrofront senza dire una parola. Finalmente, cazzo! Finalmente quei due si erano chiariti, ora avrebbero potuto iniziare a ragionare del futuro.
Passarono alcuni istanti così, immobili in quella cucina piena di disordine. Poi lei si staccò, cercando di riprendere il controllo.
“Cazzo… sono… sono un gran casino!” Balbettò Vic con voce incerta.
“Sì, sei il mio casino!!” Disse lui, cercando di sistemarle i capelli spettinati. “Daje, vatte a sciacquà la faccia… se te serve lo struccante, pòi usà il mio che stà nell’armadietto de sinistra…”
Le diede una pacca sul sedere, lasciando che si allontanasse. Era un gesto normale tra di loro, non aveva nulla di sconveniente o offensivo, perché no, non sarebbero mai stati come fratello e sorella ma erano uniti da qualcosa di speciale ed ora che aveva la sensazione di averla ritrovata dopo secoli, Damiano si sentiva finalmente completo. Vic aveva bisogno di lui ma più di tutto, lui aveva bisogno di Vic.


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