"Amo... guarda che ti stai sporcando tutto!"
La voce di Giulia richiamò la sua attenzione, facendogli abbassare lo sguardo.
"Porca puttana!" Damiano si affrettò a togliere la cenere appena caduta sui pantaloni di pelle nera.
"Che c'è, hai fatto le ore piccole, Chicco? Me sembri ancora parecchio addormentato!" Gli chiese Thomas, prendendo un tiro della sua sigaretta.
"Ma va... cioè sì... ho dormito poco..."
"Diciamo che non abbiamo proprio dormito!" Il tono della fidanzata e la sua espressione maliziosa lasciavano intendere che avevano avuto altri pensieri per la testa e provocarono le battute degli altri.
Damiano si sforzava di sorridere come loro ma non ci riusciva. Si sentiva teso, estraneo all'interno gruppo di amici. Era da quella mattina che ci pensava, da quando la sua immagine allo specchio gli era sembrata irriconoscibile.
Arrivò un cameriere con le loro portate e si misero a mangiare con gusto, godendosi il tepore della costa.
"Regà, io ce vivrei de 'sta merda!" Disse Leo, riferendosi al suo doppio cheeseburger pieno zeppo di salse.
"Non è vero! Poi quanno torni a casa te lamenti che stai a ingrassà!" Lo provocò il chitarrista tra un morso al suo burrito e l'altro.
"Chi? Io?? Ma se nun ingrasso mai!" Leo sembrava quasi offeso.
"Ragazzi, e Vic? Sapete se è andato tutto bene il viaggio?" La voce di Chiara, la makeup artist li sorprese, distogliendoli da quella conversazione di poco conto.
Damiano sentì come una fitta che gli fece chiudere lo stomaco ma rimase immobile, lo sguardo fisso sul suo hot dog. Sentì che nessuno diceva niente e a quel punto fu costretto ad alzare il capo, per accorgersi che quella domanda era rivolta proprio a lui e che tutti attendevano la sua risposta.
"Embè? Che c'è?? Nun lo so s'è atterrata, dove e co' chi! Nun so propio 'n cazzo... chiedete a Lello che co' lui ce parla almeno!" Tornò al suo pranzo, evitando di guardare le espressioni confuse dei presenti.
A quel punto Leo decise di intervenire. "No, non mi ha ancora scritto ma dovrebbe aver fatto scalo a Francoforte... credo." Guardò l'orologio con aria confusa, non era ancora molto bravo con il fuso orario.
"Certo che ieri era strana forte..." Intervenne Giulia, attirandosi le occhiate dei presenti. Tutti la adoravano e le davano lo spazio che meritava ma la tacita regola era che non doveva parlare di Vic. Loro non avevano niente a che fare l'una con l'altra, si tolleravano ma non avevano un vero rapporto e non c'era nemmeno da chiedere chi avrebbero scelto tra le due se fosse stato necessario.
Damiano si innervosì per la reazione degli amici. Possibile che fossero così ottusi e stronzi? Vic se n'era andata e loro facevano ancora quei giochetti da setta con la sua fidanzata.
"Ah regà, è inutile che fate quelle facce! Giulia c'ha ragione. Ieri sera nun ce se poteva parlà... C'ha sempre li cazzi sua ultimamente..."
"E tu? Anche tu c'hai sempre li cazzi tua." Lo aveva attaccato Thomas, che ricordava fin troppo bene il precedente viaggio negli States.
"Io non lascio che influiscano sul mio lavoro. So tenere ben distinte le due sfere."
"Ma famme 'r piacere, va..." Thomas lo liquidò con un'espressione carica di biasimo e sufficienza. Come poteva essere così spaccone e sicuro di sé?
"Perché, che intendi dire? Me so' forse mai imboscato nei camerini pe' la nostalgia de casa? Magari me chiudevo la sera in camera pe' sta da solo ma nun me sarebbe mai venuto in mente de prenne e mollà tutto così... come fate a non vederlo? C'ha mollati qui!"
"Ehi dai ragazzi... cercate di non esagera..."
La voce di Giulia fu interrotta bruscamente da quella di entrambi.
"Non sono cazzi tuoi!"
Si guardarono di nuovo, almeno su quello erano d'accordo. Damiano si sentì leggermente in colpa per il tono appena usato con la ragazza e decise di fare marcia indietro.
"Scusa Giù, davvero... non metterti in mezzo in 'ste questioni. Riguardano il gruppo."
La fidanzata non sembrava così convinta.
"Bene, allora forse è il caso che tutti noi che non facciano parte del gruppo, ce ne andiamo... io personalmente credo che andrò in quel negozio a dare un'occhiata intanto che voi due continuate a dare spettacolo." Detto questo la vide recuperare la borsetta per andarsene con la sua solita eleganza. Lei era così, sapeva sempre toccarla piano per poi lasciarlo solo a rimuginare sui propri errori.
"Ma dille d'anna a fanculo!" Fu il commento a mezza voce del chitarrista, che fu subito ripreso dalla fidanzata.
A quel punto si alzarono tutti, lasciando una bella mancia al cameriere e si avviarono anche loro verso i negozi.
Thomas si teneva distante, non aveva nessuna intenzione di riaprire l'argomento Victoria in mezzo a tutti gli altri. Lui odiava che il cantante si fingesse superiore, che non capisse ciò che stava realmente accadendo e non muovesse un dito, quando era l'unico che avrebbe mai potuto fare qualcosa per lei.
Da parte sua Damiano iniziava ad intuire che forse si stava perdendo qualche passaggio, che era inutile tentare di mentire a se stesso e non vedere. Victoria non era un'irresponsabile, lei non prendeva sotto gamba il lavoro e la sua missione nel mondo non era di sicuro quella di mettergli i bastoni tra le ruote per chissà quale gelosia recondita. Doveva scendere con i piedi per terra e riconoscere che era sempre lei, la sua migliore amica. La sua unica amica.
A quel punto sentì il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni. Era lei. Vic. Come se tutto quel gran parlare l'avesse evocata.
Si fermò, lasciando che gli altri lo precedessero e rispose. Era una videochiamata, molto strano da parte sua, dal momento che non mandava nemmeno i vocali.
"Ehi, sei arrivata?"
Lo schermo era nero, non si sentiva nulla. Cercò di mettersi in un angolo più appartato, forse non c'era un buon segnale.
"Vic??"
Riconosceva solo qualche rumore ma l'immagine non era nitida, il segnale disturbato. Probabilmente le era solo partita una chiamata ma aveva il telefono in borsa o chissà dove.Stava per riattaccare, quando la sentì.
"Non respiro..."
Il sangue gli si gelò nelle vene. Quella era proprio la sua voce, anche se rotta dal pianto e dall'affanno.
"Victoria, ce sei? Vic?? Mi senti?" Quel maledetto coso non lo aiutava. Non vedeva nulla e lei sembrava lontana dallo schermo.
"Non respi... non riesco a respirà..." Di nuovo quelle parole.
"Dai cazzo, Vic... se è uno scherzo dei tuoi, giuro che..."
Ma non era uno scherzo. Lui lo sapeva, se lo sentiva dentro, perché percepiva tutta l'angoscia ed il terrore e si sentiva inutile e lontano. Se Vic aveva un attacco di panico e lo chiamava dall'altra parte del mondo, allora era molto più grave di quanto immaginasse.
"Ascolta... ascoltami Vic, dimmi dove sei. Dove sei?"
Doveva farla distrarre da quella sensazione. Doveva farla riconnettere con il mondo circostante. Lei però non rispondeva, era troppo difficile. Sentiva il suo respiro irregolare, doveva concentrarsi solo su quello.
"Ok, non stai morendo, lo sai... Va tutto bene, devi solo respirare con me... mi senti?"
"... sì..." Finalmente una risposta. Per quanto flebile e confusa.
"Ok, allora adesso segui me." Lo avevano già fatto insieme, l'aveva traghettata fuori dal buio più e più volte ma mai con un oceano a separarli. Erano esercizi semplici, gli stessi che aveva imparato dalla sua vocal coach, che lo aiutavano durante le performance e aiutavano anche lei.
Vic faceva fatica a stargli dietro, come se il suo corpo si ribellasse, come se non volesse essere domato ma ce l'avrebbero fatta insieme. Passarono dei minuti interminabili, durante i quali lui non era più sulla spiaggia di Santa Monica e lei non era più chiusa nel bagno dell'aeroporto. Damiano scorgeva a volte immagini confuse di capelli o mani sullo schermo tremolante, non sapeva nemmeno se lei riuscisse a vederlo.
Leo fece per avvicinarsi ma lui lo allontanò con un cenno e tutti capirono che non voleva essere disturbato.
Finalmente la sentì piangere, un pianto regolare, sommesso. Si vergognava di averlo cercato ma non sapeva che altro fare.
"Va tutto bene... dai... è finita." Cercò di consolarla ma il non poterla toccare lo faceva sentire tranquillo a metà.
"Scusa..."
"E di cosa??" Non voleva che lo facesse. Che si scusasse con lui, come se fosse una specie di estraneo.
"Io... no scusami, ora... ora vado." Balbettò lei, confusa.
"Ehi no, prenditi tutto il tempo che..."
Vic aveva terminato la chiamata ed ora era lui quello a sentirsi male. Chissà dove stava? Doveva essere sera in Europa, forse non era nemmeno a Roma ed era sola. Avrebbe solo voluto prendere il primo aereo per raggiungerla. Provò a richiamarla ma non sapeva dove si trovasse e non conosceva il numero da utilizzare per la chiamata intercontinentale. Provò con un messaggio vocale che lei non visualizzò per ore.
"Tutto bene, amo?" Giulia aveva aspettato di essere da sola con lui per fargli quella domanda. Erano in hotel da almeno mezz'ora ma non lo aveva ancora sentito aprire bocca. Sapeva che era strano dopo la discussione con Thomas, ora però sembrava quasi non sentirsi bene fisicamente.
"Sì... sì, ascolta Giù... devo discutere con Lello di una cosa..."
E così aveva preso e se n'era andato nella camera dell'amico per organizzare il rientro anticipato. Voleva tornare a casa. Doveva tornare a casa. Non poteva resistere un minuto di più.Spazio autore
Grazie mille per le tante letture e i vostri preziosi commenti. Ormai lo sapete che è tutto inventato, spero che nessuno si senta offeso da queste descrizioni, ho cercato di essere delicata e spero di non urtare la sensibilità di nessuno. A domani con il prossimo capitolo.
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Amandoti 4 (What if?)
FanfictionLe regole sono sempre le stesse: il primo capitolo si lega a quello della mia prima ff, dal quale poi si snoda un nuovo finale. Questo finale risponde ad una nuova domanda: cosa sarebbe successo se non fosse successo proprio niente? Lo so, così si c...