Continuai a correre a perdifiato, senza mai guardarmi indietro, cercando di seminare l'ombra che ormai sentivo vicinissima. Senza accorgermene mi ritrovai in un bosco che non avevo mai visto prima. Confusa, mi guardai in giro per un po', cercando di capire dove fossi, poi, perdendo le speranze, mi focalizzai su un gruppo di lucciole che brillavano nella fosca notte. Erano unite in uno sciame dai contorni sfocati che assumeva la forma di occhi animali, a tratti vispi e curiosi di scoiattolo, a tratti più famelici, affamati, come di lupo. Come ipnotizzata, allungai un dito verso di loro: un paio di secondi e il nugolo di insetti iniziò a volare ovunque, in un'esplosione senza suono ma che mi causò un terrore soffocante. Emisi un urlo, dandomi della vigliacca subito dopo. Vidi che stavano andando verso una casetta, illuminata alle finestre ma che sembrava ormai abbandonata da anni. Mi avvicinai, ignorando la vocina interiore che mi diceva, anzi, mi urlava: "Kiona, scappa più lontano possibile e non voltarti indietro!" . Decisi che la paranoia in quel momento non mi serviva affatto e continuai a seguire gli insettini che svolazzavano di qua e di là, raggruppandosi sempre in forme diverse, quasi volessero incitarmi a seguirli. Nella fretta inciampai nella radice di un albero probabilmente vecchio quasi un secolo, strappandomi la gonna da un lato. Beh, poco male, pensai. In fondo era uno dei motivi per cui ero scappata di casa, in una fuga precipitosa che, a causa di una complicazione, mi aveva portato qui. Una serie di complicazioni, a dirla tutta, ma adesso non è il momento di raccontarle. Continuai ad avvicinarmi alla strana casetta, che emanava un odore strano, come di pesce marcio. Entrai in casa, in un silenzio assordante che mi confermò l'assenza di persone nell'abitazione. Eppure mi parve di sentire qualche porta cigolare o qualche finestra sbattere; non ci feci caso e continuai a osservare. Tutto era minuscolo ma perfettamente in ordine e lindo, con piatti pieni di cibo e bicchierini pieni di vino. Non seppi resistere e volli vedere se qualcuno aveva fatto un modellino o se era tutto reale. Assaggiai un pezzo di pane e bevvi qualche goccio della bevanda rubina, ma mi sentivo tanto stanca che subito provai a coricarmi in uno dei lettini. Nessuno era abbastanza lungo, perciò iniziai a legarli con delle cordicine, così che rimanessero uniti.
La mattina dopo mi svegliai al cantare del gallo, quando era ancora presto, e vidi che sette minuscoli uomini, grandi forse fino al mio ginocchio, mi stavano osservando quasi... famelici? Maligni? Compiaciuti? No, ma dai! Era ridicolo! Subito cambiarono espressione e mi guardarono dolci, innocenti e immediatamente mi rincuorai, dicendomi che era stata solo una mia impressione. Quello che sembrava il più vecchio tra loro, che poi erano tutti un po' anzianotti, mi disse: "Se pulirai, cucinerai, laverai, stirerai e ti occuperai della casa, potrai stare qui..." Poi un altro mi si avvicinò e mi disse: "... e non ti succederà niente..." Non poteva essere vero, mi sarò di sicuro sbagliata. Accettai, mentre i nani aggiunsero un'ulteriore regola: mai aprire a nessuno durante la loro assenza. Il primo giorno mi diedero un vestito molto bello, con un corsetto che però non riuscivo proprio ad allacciare, quindi si propose uno degli omini. Iniziò a stringere forte, ma non mi mancava mai il respiro.
Poi, quando uscirono, iniziai a sentire dei giramenti alla testa, come se una sanguisuga mi avesse preso, e mi sedetti sui lettini. All'improvviso qualcuno bussò alla porta, dicendo di avere dei corsetti e delle stringhe da vendere. Dissi alla povera vecchietta che non potevo aprire a nessuno, però fui così tentata che decisi di prendere una stringa. La vecchietta si offrì di allacciarmela, e riuscii a sentire come uno strappo, o forse un taglio di forbici, ma appena lo sentii caddi a terra svenuta, mentre la vecchietta se ne andava dicendo qualcosa tra se' e se'.
La sera mi svegliai un po' stordita, e uno dei nanetti si offrì di mettermi delle specie di gocce tra i capelli, dicendo che sarei guarita dai giramenti di testa. In effetti funzionò, o almeno fino al pomeriggio successivo, quando dovetti tornare ad accasciarmi sui letti, stanca morta. Questa volta mi sembrava quasi di morire quando... TOK TOK! Qualcuno bussava alla porta insistentemente, però non riuscivo ad alzarmi così dissi: "Avanti, è aperto!" Allora entrò la vecchietta mendicante del giorno prima e subito mi ritrassi da lei. "Vuoi questo pettine d'oro, piccola?" "No grazie, sto usando ancora la stringa che mi ha venduto..." Beh, potevo scherzare un po' no? No. Per lei non era affatto così. "Senti te lo posso regalare, tanto ne ho a centinaia, che si possono usare su una persona sola" "Allora prima pettinati tu!" Prese un pettine dal cesto e se lo passò tra i capelli grigi e unti e non successe niente. Allora mi convinsi e decisi che non mi avrebbe certo ammazzato un pettine... Stavolta mi rifiutai però che lei usasse i suoi prodotti su di me: potevo farcela da sola. Intanto continuavo a sentirmi sempre più debole, come se qualcuno rubasse la mia energia. La mendicante se ne andò e rimasi da sola a pettinarmi, una volta, due volte, e alla terza mi sentii subito meglio. Per un attimo. Poi caddi a terra di nuovo.
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|scrivendo|
General Fiction"Brevi" testi di natura diversa, potete prendere spunto! Sono tutti originali e quindi nessuno sospetterà che siano presi da Internet