Calore.

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Quando sentii le sue mani stringere le mie capii che non c'era più bisogno di parole.
Le sue labbra erano così vicine alle mie, così sottili e così attraenti. Il suo incarnato pallido sembrava illuminare tutto il corridoio, nonostante le finestre dessero su un paesaggio innevato.
Le urla e gli schiamazzi dei ragazzini non arrivavano più alle mie orecchie, mi sentivo come in una bolla, e non volevo scoppiasse.
Unii nuovamente le nostre labbra e le nostre lingue ballarono un lento. Sentii le sue mani ruvide spostarsi verso il i miei avambracci, infilarsi sotto le maniche della casacca, bisognose di toccare la mia pelle. I suoi tocchi sapevano di attese e brame e sentimenti tenuti nascosti per pudore, o forse per insicurezza.
Sentii il bisogno di toccare i suoi capelli, e lo feci, affondai i polpastrelli tra di essi, accarezzai la sua testa mentre le nostre labbra rimanevano intrappolate in quel groviglio di amore, saliva e desiderio.
Lui si staccò per primo, ma la mia bocca rimase dischiusa per qualche secondo, insoddisfatta, desiderosa d'altro.
Mi porse la mano come un cavaliere fa con la sua dama, come avevo letto nelle favole più belle. Io la presi, bisognosa di toccare le mani che per mesi avevo bramato ossessivamente di toccare.
-Verresti al Ballo del Ceppo con me?
Lo guardai intensamente, cercai di scrutare nei suoi occhi un segno di disgusto e nella sua voce un tono canzonatorio, ma non lo trovai.
-Verresti davvero con me?
-Sarebbe un elegante modo per annunciare al mondo che ci apparteniamo.
-Ci apparteniamo, Severus?
-Non lo vorresti?
-... Sì. - mi fiondai ancora sulle sue labbra - adesso portami via.
Prese la mia mano, corremmo per i corridoi e giù per le scale come due ragazzini, con i prefetti che ci guardavano e la testa che girava.
Arrivammo nei sotterranei, oltrepassammo la classe di pozioni, la sala comune dei Serpeverde, era tutto deserto, girammo l'angolo a sinistra, arrivammo davanti alla porta della mia stanza, la aprimmo, e lui improvvisamente si bloccò.
-Vieni con me..
-Non potrei mai entrare nella tua stanza, sarebbe scortese, sei una signora.
-La mia stanza? Intendevi la nostra stanza, no?
Alzò un sopracciglio.
-Nostra?
-Nostra.
Lo tirai per le maniche della casacca, e con forza feci in modo di fargli varcare l'ingresso. Presi la bacchetta, sussurrai "Colloportus", e un lieve rumore mi aiutò a comprendere che nessuno sarebbe mai entrato.

Con una mano poggiata sul suo petto, rigido e riluttante per l'imbarazzo, lo osservai.
"Il mio uomo..." pensai.
-Ti appartengo?
-Come?
-Sono il tuo uomo?
-Avevi detto di aver smesso
-Forse, o forse no.
-Allora mentre eravamo alla finestra, sapevi già...
-No, lo giuro sul mio onore, non sapevo.
Sorrisi, ero lieta del fatto che avessi potuto rivelare il tutto senza preoccuparmi di aver detto qualcosa di scontato.
La mia mano scivolò verso i bottoni della sua casacca.
Sbottonai il primo, poi il secondo, poi il decimo, poi il dodicesimo.
Lo osservai ancora, non riusciva a guardarmi negli occhi. Mi chiesi se altre mani fossero state lì. Lui non disse niente, forse davvero ora non mi stava leggendo, forse in quel momento era solo impegnato a pensare cosa fare e cosa dire. Gli tolsi la casacca, poi passai alla camicia, e alla fine anche quella volò via.
Feci un passo indietro, era splendido, l'uomo più bello che avessi mai visto, in realtà l'unico che avessi mai visto, e ancora una volta pensai che m'appartenesse, che appartenesse solo a me e avrei fatto invidia al mondo, o forse no, e al diavolo il mondo, ero nel nostro nido e lui era con me.
Con entrambe le mani sui suoi fianchi, lo feci voltare di poco e lo spinsi a sedersi sul letto, fu allora che le sue mani si mossero, e in pochi minuti mi ritrovai senza casacca, senza camicia e con il reggiseno che stava per raggiungere gli altri vestiti.
Il suo viso era sepolto tra i miei seni, lo sentivo respirare profondamente, quasi volesse imprimere nella memoria il mio odore.
Alla fine anche il reggiseno volò via.
In uno slancio di audacia, alzai la mia gonna, e accavallai le gambe sulle sue, spingendo ancora di più il mio seno contro il suo viso. Se lui voleva imprimere il mio odore nella sua memoria, volevo che la mia fosse piena della sensazione di calore che emanava la sua pelle.
Calore, il calore dell'uomo che amavo e tutt'ora amo, il calore dell'unico uomo che mi ha meritata in eterno.
Presi il suo mento tra le dita, sollevai il suo viso, i nostri occhi si incontrarono, e in un attimo mi ritrovai sotto di lui.
Non mi sentii spaesata, non mi sentii ragazzina, mi sentii donna, apprezzata, mi sentii bella per qualcuno, per l'unica persona che da mesi mi interessava e da mesi ricambiava e io non ne sapevo niente. Quanto tempo perso, quanti minuti sprecati nelle paranoie, che avrebbero potuto essere ben impiegati così.
-Sono tua... - sussurrai al suo orecchio e lo sentii grugnire.
Il suo bacino si avvicinò pericolosamente a me, così divaricai le gambe e sentii la sua erezione che premeva contro il mio sesso.
-Sono tuo, ora e sempre se lo vorrai.

Guardandolo negli occhi, sbottonai i suoi pantaloni, calai la sua zip, e poggiai la mano sui suoi boxers. Mi accorsi che l'erezione era più grossa di quanto pensassi. Gli calai i pantaloni, e avendo modo di muovermi meglio, infilai la mano dentro la sua biancheria, toccando il suo sesso delicatamente. Nel frattempo, le sue mani si avventuravano sotto la mia gonna. Mi sentii strappar via le mutandine, lo sentii ansimare a lungo sotto il mio tocco.
Le sue dita iniziarono a muoversi delicatamente all'ingresso della mia vagina, ma io volevo di più, lo volevo intensamente.
Non sono sicura se mi stesse leggendo o meno, ma sentii le sue dita penetrarmi e masturbarmi. Il piacere mi portò a toccarlo con più intensità, finché decisi, muovendo il bacino verso le sue dita, per farle andare più a fondo, di tirarglielo fuori dai boxers.
Vidi un ghigno sul suo volto, un ghigno diverso da quelli precedenti, non era solo compiacimento, era puro piacere.
Tolse le dita da dentro di me, le succhiò, mi assaporò.
Il suo membro era ormai libero da ogni tessuto e io ero tanto lubrificata.
Divaricai ancora le gambe, era un chiaro invito.
Sentii il suo pene strusciare contro la mia apertura per un po', il contatto tra la sua cappella e il mio clitoride, mi dava continue scariche elettriche.
E infine ci unimmo. Lo sentii interamente dentro. Le sue spinte furono inizialmente lente, la sua mano sinistra era poggiata sul mio seno, la sua mano destra stimolava il mio clitoride. Strinsi la vagina per sentirlo ancora meglio, lo sentii mugugnare di piacere, le sue spinte si fecero sempre più veloci, e i miei gemiti divennero urla. Poi all'improvviso venni e lui si unì a me qualche secondo dopo.
Sentii il calore del suo seme dentro di me, ed era così abbondante che fuoriuscì. Sentirlo venire e contorcersi dentro di me, mi diede ancora più piacere, incrociai le gambe dietro la sua schiena e lo pregai di non uscire. Così crollò su di me, il mio sudore si unì al suo, tutto di noi urlava amore e passione.
Quando sentì la sua erezione affievolirsi, si scostò, ponendosi di fianco a me. Con la mano fece segno di poggiare la testa sul suo petto, e io lo feci, lo avvolsi con tutto il mio corpo.
Sollevai il viso per guardarlo meglio.
-Severus...
-Sì?
-Ti amo anch'io.

Sorrise. Era la prima volta che sorrideva così.

Dimmi di sì || Severus Snape || Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora