Capitolo 17

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Le pareti blu, il tetto in legno e le enormi vetrate descrivono perfettamente questo grazioso bar. La cameriera dagli occhi smeraldo se n'è appena andata, lasciando me e Liam con due brioches per fare merenda. Il sogno di mia madre mi ha chiarito le idee tanto da aver fatto già qualche ipotesi.

"Clau, mi stai ascoltando?" la voce di Liam mi fa ritornare alla realtà e la sua mano sventola davanti ai miei occhi.

"Scusami ma ho pensato ad alcune cose", mi avvicino e mi sposto i capelli dietro le orecchie per essere un po' più ordinata.

"Cosa stai pensando?" mi domanda prendendo la mia mano sopra il tavolo. I suoi occhi penetrano sui miei, mettendomi i brividi.

Racconto a Liam del collegamento tra la ninna nanna di mia madre e le parole di mio padre. Quest'ultime non descrivono altro che le stesse azioni dell'Uomo Nero cantate in quella dolce melodia. Tutto ciò mi ha fatto pensare che mio padre e l'Uomo Nero siano la stessa persona e, dal proseguimento della canzone, forse è proprio nascosto in questa casa sotto le stelle.
Liam segue attentamente il discorso, annuendo in alcuni punti.

"Dove si trova questa casa sotto le stelle?" chiede, sperando che avessi già una risposta per non perdere altro tempo.

"Questo è il problema" deglutisco, abbassando gli occhi, "si trova vicino Firenze" sussurro. Lui sgrana gli occhi sorpreso e si porta la mano sulla fronte per pensare, "non c'è bisogno che vieni con me, Liam. Hai già fatto abbastanza" proseguo, cercando un modo per farlo tornare a casa.

"Clau, non è questo il problema. Smettila di fare così, io voglio partecipare in questo viaggio, stop" risponde seccato. Ammetto di aver insistito in questi giorni quindi mi sto zitta aspettando che riprenda il discorso, "andiamo a Firenze, dai" continua sorridendomi. Se mi dessero un euro ogni volta che impazzisco per un suo sorriso, giuro, sarei la più ricca del mondo.

"Dobbiamo spendere tanti soldi, benzina, traghetto..." gli faccio notare ma lui non si arrende.

"Ne abbiamo abbastanza di soldi, non ti preoccupare" dice dando l'ultimo morso alla sua brioche, "partiamo stanotte, ti va?".

"Te la devi sentire tu! Sei tu che guidi" scrollo le spalle.

"Amo viaggiare la notte quindi va bene".

**

Sono le 21.36 e dopo aver fatto benzina, siamo diretti verso il traghetto. L'ho preso solo una volta così tanto tempo fa che ormai non me lo ricordo più. Il cielo è già scuro e così penso di chiamare la maestra di mio fratello prima che sia troppo tardi.

"Pronto?" la sua voce mi fa ricordare quel maledetto giorno in cui è venuta a prendere mo fratello. Le sue lacrime e le sue grida riaffiorano la mia mente, facendomi rabbrividire.

"Salve, sono Claudia"

"Oh, ciao Claudia. A che punto siete?" domanda con aria da nonna che si preoccupa per la nipote. Ma fanculo, non fare così.

"Eh, stiamo andando a Firenze ma storia lunga. Può passarmi mio fratello?" Stronza, non voglio parlare con te.

"Si, certo, buon viaggio" mi augura. Non so perché, ma la odio. Anche se lei mi sta "aiutando", non riesco a farmela piacere.

"Claula?" La sua voce suona nella mia mente come una melodia, riesco ad immaginare il suo faccino e io che stringo quel suo piccolo corpo. Piango perché mi manca da morire.

"Amore mio" singhiozzo, asciugando la mia guancia con la manica della maglietta. Sento le sue lacrime e la voce della maestra che lo rassicura che verrò presto così continuo a parlagli, "stai facendo il bravo, piccino mio?" gli chiedo, trattendo altri singhiozzi.

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