Delusione

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Era appena iniziato ottobre e stranamente faceva ancora caldo, tranne la sera in cui c'era quel vento leggero ma freddo che ti ricopriva di brividi, una sensazione che amavo.
Quel giorno non avevo scuola, così decisi di andare da Nina a portarle i bigliettini di Carmine.
Presi la mia bici e camminai per le strade di Napoli cercando l'indirizzo scritto sul foglio.
Una volta arrivata bussai piano alla porta non sapendo se dormissero ancora, erano solo le dieci di mattina.
"Sì?"
Una giovanne donna dai capelli neri raccolti in una coda bassa mi aprì la porta.
"Salve signora buongiorno, sto cercando Nina, è in casa?"
"Sì sta di là.. sei un'amica sua?"
"Più o meno." Risposi ridacchiando.
"Vieni entra, lo vuoi un caffè?"
"Sì grazie mille."
"Scusami il casino, sto facendo i servizi." Quella donna era molto gentile.
"Non c'è problema."
"Nì! Vieni ti vogliono!"
"Mo vengo!" Urlò di rimando Nina dall'altra stanza.
Quando venne in cucina vidi una bella ragazza riccia dagli occhi azzurri e un sorriso dolcissimo.
"Ciao, io sono Federica, un'amica di Carmine, ho delle cose da darti da parte sua."
"Veramente? Piacere Nina! Com'è che non ti ho mai vista?"
"Faccio alternanza all'IPM, Carmine frequenta il corso che faccio, mi parla sempre di te e voleva che ti portassi questi."
Le porsi i bigliettini e le lettere che avevo ormai da qualche settimana.
"E sei venuta fin e qua a portarmeli? Grazie!" Rispose abbracciandomi con le lacrime agli occhi mentre leggeva qualche frase.
"Figurati. Sei bella proprio come mi dice sempre Carmine sai?"
Mi sorrise ringraziandomi ancora mentre sua madre ci diede i caffè.
"Grazie signora."
"Sei troppo gentile tu! Tieni la bontà negli occhi!" Mi disse la madre di Nina sorridendomi.
"Oggi ho la visita dalla ginecologa lo sai? Il Comandante sta cercando un modo per far venire pure a Carmine, speriamo che ci riesce."
Sorrisi pensando che mio padre si era affezionato tanto a quel ragazzo.
"Mio padre gli vuole proprio bene a Carmine, riuscirà sicuramente a farlo venire."
"Ma che dici sei la figlia del Comandante? E allora perciò sei così buona tu, è di famiglia!"
Scoppiammo a ridere tutte e tre, come se le conoscessi da una vita.
Dopo un'altra chiacchierata decisi che era meglio tornare a casa prima di pranzo e così dopo averle salutate e dopo un caloroso abbraccio da parte di Nina che mi fece promettere di sentirci e vederci più spesso, mi avviai verso casa.

"Bà sono andata da Nina oggi. Quella ragazza ti vuole bene, non sa come ringraziarti per l'aiuto che dai a Carmine."
"E tu come la conosci a Nina? Ma so semp l'ultim ij a sape e cos?" Disse ridendo.
"Mica solo tu parli con Carmine. Mi ha chiesto di portarle delle lettere da parte sua, è proprio una brava ragazza, mi ha pure lasciato il numero per rivederci altre volte."
"Me fa piacer, Nina è na brava piccerell."
"Mi ha detto anche che stai cercando di far uscire Carmine oggi perché ha la visita dalla ginecologa."
"Eh si ci sto provando ma la Direttrice nun ne vo sape'. Però un'idea ce l'ho, oggi gli dico di andare a giocare a pallone e che deve fare finta di farsi male, così lo porto in ospedale e gli faccio pure fare una radiografia a volo proprij pe sta a pensier tranquill ca Direttric."
Scoppiai a ridere, le pensava tutte lui.
"So fort o no a' papà?"
"Assai."

-

Durante la lezione, passò improvvisamente mio padre in aula con Carmine appoggiato su di lui, e capii subito tutto, stavo per scoppiare a ridere.
"Professoressa mi scusi devo dire una cosa a mia figlia."
Si avvicinò a me parlandomi all'orecchio.
"È fatta, lo porto in ospedale, tu nun saje nient eh mi raccomando." Annuì soltanto mentre mi mordevo il labbro per non ridere.
"Torno tra un'oretta circa, tu aspettami qua vabbuo? Viene Lino qua dopo." Disse poi alzando la voce per farsi sentire anche dagli altri.
"Cre Comandà va facit che piecr mo?" Urlò Toto facendo ridere Edoardo, Ciro e Pino.
"Tu statt zitt e sient a lezion."
Alzai gli occhi al cielo per i commenti che facevano su Carmine, mi innervosivano.
Quando mio padre uscì mi passò anche la voglia di stare in quella stanza con loro, così mi misi accanto alla prof senza proferire parola.
Finalmente la campanella suonò e i ragazzi andarono via, non mancarono ovviamente i mille saluti e abbracci da Naditza, Silvia e Gemma e un "Cia'core!" da parte di Edoardo.

Per la prima volta ero felice di dover aspettare mio padre, perché sapevo che era per un buon motivo.
Mi sedetti dietro alla cattedra e mandai un messaggio a Nina dicendole che volevo sapere com'era andata la visita.
Poi non sapendo che altro fare, presi il libro di storia e iniziai a ripetere per l'indomani, quando venni però distratta da delle urla e da un pianto disperato.
Corsi subito fuori per vedere cosa stava succedendo, e avrei preferito restare dentro se avessi saputo.
La scena era raccapricciante, c'era Filippo steso a terra con il viso sanguinante e Ciro che stava lì a dirgli di tutto e di più mantenendolo per il collo, mentre Pino, Edoardo e Totò si divertivano a turno a tirargli dei calci.

"Ti avevo detto che dovevi pulire e sistemare la cella mia e di Edoardo chiattì, te piens ca può fa chell che vuo tu cca dint? Ancora non hai capito che tu fai quello che ti dico io?"
Ciro aveva il solito sguardo freddo e distaccato mentre urlava contro Filippo.
"O'chiattì aizzt jamm, me stai facenn passa' o genij nun reagisc manc!" Stavolta era Totò a parlare.
"Riman e matin voglio la cella pulit e sistemat, so stat chiar?" Edoardo.
Prima che lo ammazzassero di botte decisi di intervenire, non ne potevo più, quasi non ci vedevo per colpa dei miei occhi colmi di lacrime.
"BASTA! MA CHE CAZZO FATE SIETE IMPAZZITI!"
Urlai con tutte le forze che avevo avvicinandomi a Filippo.
Totò e Pino se ne andarono subito, Edoardo e Ciro invece rimasero paralizzati.
"Sto bene Fede, tranquilla." Mi disse il riccio con un filo di voce mentre piccole lacrime scendevano ancora dai suoi occhi.
Lo aiutai a rialzarsi e lo portai in classe, senza neanche degnare di uno sguardo gli altri due, ma non era finita lì.

Quando mi assicurai che Filippo stesse bene tornai più incazzata di prima da quei due, solo che adesso Edoardo e gli altri erano nel campetto a giocare, mentre Ciro stava proprio fuori alla porta dell'aula.
"Federì." Disse con voce bassa, senza neanche guardarmi.
Lo tirai per un braccio portandolo più lontano da tutti dove non potevano sentirci.
"Proprio a te stavo cercando! Volevo pure l'altro amichetto tuo però purtroppo è impegnato a fare altro!
Ma ti rendi conto di quello che gli avete fatto? A stento riusciva a respirare, lo stavate ammazzando di botte! Filippo sta malissimo, finge di stare bene solo perché ha paura che se qualche guardia lo vede così e scopre qualcosa voi gli date pure il resto!
Non basta la pena che deve scontare e il senso di colpa che si porta dietro, deve sopportare pure a voi dentro a quest'inferno!"
Gridai così forte che durante le ultime parole la mia voce uscì graffiata, la stavo perdendo, ma non mi importava, dovevo sfogarmi.
"O' chiattill è nu nfam, ha ucciso l'amico suo e non fa mai quello che gli dico, se lo meritava."
Rispose lui tranquillamente come se avesse detto una cosa normalissima.
"Non l'ha ucciso lui è stato un incidente! Se provassi a conoscerle le persone invece di comandarle lo sapresti!
La sai qual è la cosa peggiore? Che mi sono affezionata a tutti i ragazzi del corso, pure a voi quattro stronzi, ma non vi meritate niente! Io vi odio per il male che fate qui dentro, per il male che decidi TU di fare!"
A quel punto sentii le lacrime bagnarmi il viso.
Mi succedeva sempre così, il nervosismo mi faceva piangere.
Quando mi ricordai di essere davanti a Ciro, però, abbassai la testa cercando di scacciare via quelle poche lacrime.
Lui però mi bloccò le mani togliendomele dalla faccia, e mi tirò a sè abbracciandomi, ed è lì che scoppiai in un pianto isterico, abbandonandomi proprio tra le braccia di colui che era il motivo della mia rabbia.

Legami // Ciro Ricci Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora