Capitolo 2

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Il lunedi mattina era il peggior incubo per quasi tutti gli studenti che dopo un fine settimana tra alcool e festini, si trascinavano lentamente lungo i corridoi dell'università. Era la prassi per quasi tutti, tutti tranne che per Sveva. Lei, da quattro mesi a questa parte, si svegliava alle sei e mezza pronta per iniziare la giornata nel migliore dei modi ma sopratutto per rendersi presentabile all'evento della settimana, a cui da due giorni aveva potuto finalmente affibiargli un nome: Matteo. Ovviamente non era lui l'evento ma la sua discesa della scalinata il lunedi pomeriggio, tra le cinque e quarantacinque e le sei e trenta. Si, si era appuntata gli orari e no, non era assolutamente una cosa normale.

Come ogni lunedi del resto, Sveva rifletteva se ne valeva davvero la pena agghindarsi alla meglio solo il lunedì quando il resto della settimana sembrava una barbona per eccellenza e puntualmente la scelta ricadeva sul si, ne valeva assolutamente la pena. Così quella mattina, mentre scendeva le lunghe scale del condominio con Carlotta, si promise che almeno oggi sarebbe riuscita a fare un passo verso di lui.

Come non detto, appena arrivate in università Sveva si era letteralmente nascosta quando l'aveva scorto camminare con degli amici lungo il corridoi che portava alle aule di lezione. Però, nonostante il fatto di essersi nascosta, si permise di pensare che quel giorno era di una bellezza disarmante. Era bellissimo il suo Matteo. Con i jeans larghi slavati ed una felpa azzurra, ai piedi le immancabili McQueen. Era proprio un principe azzurro.
Peccato che la ragazza non valesse nemmeno un quarto del prezzo delle sue scarpe. Il massimo che si poteva permettere erano i vestiti su Vinted. Non che le dispiacesse, anzi, ma sapeva benissimo che lei ed il ragazzo vivevano su due mondi paralleli, destinati a non incontrarsi nemmeno per sbaglio. Così, quando finalmente li sorpassarono, Carlotta le diede un pugno sulla spalla. Era furiosa.

« Seriamente Sveva, ti stai comportando come una bambina e sappiamo benissimo tutte e due che non lo sei più. Perché invece di abbassare la testa non vai a parlargli, anche solo per uno ciao come ti chiami? ». Sveva spalancò gli occhi per poi abbassare lo sguardo ancorandosi con il braccio a quello della sua migliore amica.

Carlotta aveva perfettamente ragione. Era una cogliona e sopratutto non si sapeva assolutamente comportare di fronte a quel ragazzo. Ogni qualvolta lo vedeva, perdeva ogni cognizione di spazio e tempo, gli arti le si irrigidivano e le mani iniziavano a sudare. Era completamente sopraffatta da quel sentimento che da pochi mesi a quella parte iniziava ad istaurarsi dentro di sé. Il peggio era che non lo conosceva neanche. E se fosse stato un coglione? Un figlio di papà con la puzzetta sotto il naso? Si maledii ancora una volta per aver lasciato l'ansia sopraffarla.

« Hey, Sveva, lo so benissimo cosa stai pensando. E se non dovessi piacergli? E se è solo un cretino ed io mi sto incartando per nulla? Ti conosco fin troppo bene ed è per questo che ti consiglio di andargli a parlare. Almeno per farti un'idea di che personna sia ».

La ragazza annuii sorridendole per la prima volta dopo un quarto d'ora di totale panico. La migliore amica la strinse a sé, tirandola piano per entrare in aula prima dell'inizio delle lezioni.
Si sedettero una accanto all'altra, uscendo i propri tablet. La lezione iniziò con una Sveva intenta a sgranocchiare la sua barretta ed una Carlotta chinata sul tablet pronta ad addormentarsi da un momento all'altro. Si prospettano due ore da dio, pensò.

« Il lunedi più lungo della storia, seriamente. Non mi sento più le gambe ». Carlotta rise a quella frase, condividendo lo stato fisico della sua migliore amica.

Erano ormai le tre passate e le due ragazze si stavano finalmente dirigendo su un tavolino, pronte a divorare il loro pranzo.

« Non dirlo a me, la schiena mi sta uccidendo. Ricordami di non appisolarmi più in quella posizione ».

Sveva annuii con la testa per poi buttarsi sulla panca ricoperta in gomma piuma della sala relax dell'università. Non c'era cosa più bella di gustarsi il miglior panino di sempre sulla seduta più comoda di sempre. Scartò l'involucro della focaccia, addentando un primo morso. Un gemito di piacere lasciò le sue labbra. Chiudendo appena gli occhi, il tutto con sottofondo le risate di Carlotta, ingoiò il suo primo boccone.

« Fantastico è dire poco. Ringraziamo il signore per il panificio proprio sotto casa. Un punto in più sulla nostra tabella». Si, effettivamente, le due ragazze avevano stipulato un foglio su cui notare tutti i pro ed i contro della vecchia e della nuova casa, per arrivare ad un primo posto per una delle due.
Quando erano andate a vivere insieme, Sveva si era lamentata per mesi riguardo le scale da scendere per arrivare giu al portone, il posto isolato in cui la casa si trovasse ed i vicini un po' troppo casinisti. Carlotta aveva avuto dunque l'idea di fare questo foglio su cui annotare tutti i pro ed i contro. La cosa era durata poche settimane, ma in quel frangente era bene ricordare che quell'appartamento era stata la loro miglior scelta.

Troppo indaffarate a gustarsi il loro pranzo, non si accorsero di un gruppo di ragazzi appena arrivati nella stanza. Sveva rideva a tutti i TikTok stupidi che la migliore amica le mostrava. Ambedue sedute dando le spalle ai nuovi arrivati.

Matteo con i suoi colleghi universitari aveva deciso di prendere una pausa dallo studio, venendo a bighellonare nell'unica sala in cui fosse possibile farlo. Non erano soli però, avendo già adocchiato due teste castane dall'altro lato delle panchine. Si guardarono in giro, decidendo di andarsi a sedere proprio alle loro spalle. A nessun ragazzo dispiaceva quel posto. Le ragazze erano sempre le benvenute.
I quattro ragazzi iniziarono la loro discussione su Fifa, prendendo in giro Matteo sul ranking dell'Italia, ancora al di sotto del Belgio. Il ragazzo ovviamente aveva accettato le critiche con un cispiglio divertito sul viso e le guance arrossate.

Sveva in quel momento si girò di scatto verso Carlotta, con gli occhi spalancati e le labbra semi aperte. Indicando dietro le loro teste, le mani della ragazza iniziarono a tremare. Ancora una volta, il solo pensiero di averlo a pochi centimentri di distanza le fece perdere la ragione.

Carlotta guardò l'amica in preda al panico e in un momento di sconforto totale nel vederla in tali condizioni, Carlotta decise di attuare la cosidetta terapia d'urto. Si tirò sù sulle ginocchia e girò il busto verso i quattro ragazzi, con i gomiti appoggiati contro la spalliera imbottita della panca. Sveva cercò di tirarla giù invano, sbuffando sonoramente. Ecco la cazzata del secolo.

« Ciao ragazzi, che si dice? Io mi chiamo Carlotta e questa qui giu è la mia migliore amica Sveva ».

Quattro teste si girarono nella loro direzione, con sorrisi sghembi. Il ragazzo accanto a bombolone alla crema alias Matteo si presentò per primo, porgendo la mano alla migliore amica di Sveva. Lei sorrise soddisfatta quando anche gli altri tre le porsero la mano. Quando le dita affusolate di Matteo strinsero quelle della sua migliore amica, Sveva si maledii una decina di volte prima di sporgersi anche lei dalla spalliera. Si trovava proprio di fronte a lui e quando i suoi occhi si posarono su di lei, Sveva perse completamente la cognizione dello spazio. C'erano solo loro due. Lui che le aveva sorriso imbarazzato porgendole la mano, che Sveva strinse dopo vari secondi di esitazione. La schiena le faceva male tanto la sua posizione era eretta e forse aveva stretto la sua mano un po' troppo con forza.

« Ma tu non sei quella del cellulare di questo venerdì ?». La ragazza lo guardò con gli occhi leggermente sgranati per poi annuire velocemente.

« Non sei di molte parole ve ? Comunque io sono Matteo, piacere ».
« Piacere mio, Sveva ». Gli sorrise con un sorriso a trentadue denti, lasciandosi per un momento intrappolare da quegli occhi così profondi. Il ragazzo si sistemò sulla sedia, anche lui intimidito dallo sguardo della ragazza appena conosciuta. Nonostante l'avesse già vista pochi giorni fa in quel nuovo locale, non aveva fatto caso ai suoi occhi azzurri e alle piccole lentiggini sulle guance. Era una bellissima ragazza e in quel momento le sue gote erano di un rosato accesso, sinonimo di timidezza. Almeno non le sono indifferente. Si sporse un po' verso di lei, mentre i ragazzi erano impegnati ad intrattenere la sua amica.

« Adesso devo filare ed anche in fretta ma mi ha fatto un gran piacere conoscerti  ». Poi si alzò, salutando tutti con una mano e corse via correndo.
Almeno era riuscita a parlargli, si disse la ragazza mentre riappoggiava la schiena sulla panca sospirando pesantemente.

 Cielo blu - Matteo Pessina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora