Capitolo 1

639 32 0
                                    


Uno. Due. Tre. Uno. Due. Cento.

Cercava di concentrarsi invano, Sveva, con la testa chinata sui libri, i capelli acconciati alla meno peggio. Gli occhiali le scendevano lungo il naso, che arricciava ogni qualvolta li sentiva scendere troppo in basso, non permettendogli di leggere le dispense che teneva sparse sul tavolo.

La biblioteca quel giorno era particolarmente silenziosa. Cosa che ovviamente non dispiacque a Sveva quando appena entrata, aveva scorto subito il suo posto preferito nel mondo. L'ultimo tavolo infondo al corridoio con la sedia disposta di fronte alle scale che portavano al piano di sopra. La ragazza adorava scorgere i minimi dettagli delle persone. E quella visuale gli permetteva tutto ciò. Sopratutto i dettagli di una persona in particolare. Ecco, adesso inizia la tiritera. Sveva odiava tante cose, ma quello che odiava più di tutto era lo scontrarsi costantemente tra testa e cuore. Se da una parte era d'accordissimo con il suo cuore, sopratutto quando lo vedeva scendere le scalinate della biblioteca il lunedi mattina, dall'altra era d'accordo con la sua testa quando le consigliava di lasciare stare, che l'università era di già un bastante impegno e che un ragazzo era l'ultimo dei suoi problemi. Ovviamente da quattro mesi a quella parte, Sveva aveva ascoltato principalmente la testa, anche perché il cuore le aveva giocato qualche brutto scherzo negli ultimi anni. Non si era sentita pronta dopo la sua relazione con Alessio, il suo ex e da ormai due anni si era consacrata alla magistrale appena iniziata che le prendeva piu tempo del previsto. Ma quegli occhi. Si certo, iniziamo ad elencare tutti i pregi adesso. Non c'erano segreti sul fatto, però, che quel ragazzo fosse bellissimo. Iniziando proprio dai suoi occhi scuri, il sorriso sghembo, per poi scendere sui jeans larghi ed i suoi maglioni oversize. Sopratutto quello verde. Decisamente quello verde.

Erano passate due ore. Verso le cinque l'aveva anche raggiunta la sua coinquilina, Carlotta. Carlotta era l'unica vera amica che Sveva potesse avere. Era come una sorella per lei. Si erano conosciute al primo anno di università, dunque ben cinque anni fa. Si erano ritrovate all'università di Milano, nella stessa facoltà e per finire anche nello stesso appartamento. Dopo un anno di convivenza con un'altra ragazza, si erano trasferite insieme. Una stanza, una cucina-salone ed un bagno. Erano in simbiosi, talmente in simbiosi da arrivare a considerarla la sua famiglia. Se le avessero chiesto se avesse fratelli o sorelle, avrebbe risposto assolutamente con "Si. Una sorella". Carlotta è la mia metà, l'unica e sola. Se solo ti decidessi a conoscere quel bombolone alla crema, non sarebbe piu Carlotta, la tua sola metà. Basta, seriamente, devo studiare.

Alle sette stavano chiudendo i computer, tra una risata ed un'altra.
«Seriamente, oggi sembri una barbona ». Carlotta aveva preso il suo borsone in spalla portando le mani sui fianchi. La sua migliore amica era un vero disastro. I capelli le fuoriscivano a ciocche scomposte dallo chignon, il mascara era colato e con i suoi libri e le dispense che pendevano dalla tote bag color crema, somigliava per davvero ad una barbona.

«Non ti ho invitata a studiare per dettare leggi sul mio modo di vestirmi. In più oggi è venerdì, bombolone alla crema viene solo di lunedì, quindi pericolo scampato anche per oggi ». Carlotta la guardò di traverso, aiutandola con le mille borse che le pendevano dalle braccia. Sveva sbuffò stanca dalla giornata appena trascorsa.

«Ancora un venerdì passato sui libri. Sto pensando di trasformarmi in una sedia, talmente sono stata seduta oggi. Ho il culo piatto ». La sua migliore amica abbassò la testa ridacchiando, ricevendo di tutta risposta un buffetto sul braccio.

«Non è che quando stai all'impiedi da situazione cambi molto ». Continuò ridendo Carlotta, uscendo dalla porta principale, seguita dalla ragazza in preda ad un attacco di nervi.

«Ancora una volta il tuo giudizio non era richiesto, ma farò finta di niente solo perché stasera usciamo e sarai tu quella a guidare, non io ».

Di solito si esce dopo cena. Di solito, no? Alle undici Sveva e Carlotta si trovavano stravaccate sul divano, intente a mangiare della pizza. Erano pronte, questo si. Sveva portava dei pantaloni wide leg in pelle neri ed un top dello stesso colore, mentre la ragazza al suo fianco un semplice vestitino nero. Si erano persino truccate. Ma dopo aver visto in televisione la maratona di Harry Potter, avevano deciso di posticipare l'uscita. Ovviamente gli amici di entrambe le ragazze le stavano aspettando al locale. Il film sarebbe finito tra tre quarti d'ora e avrebbero benissimo avuto il tempo di passare la serata con i loro amici.

Quando tra una lacrima per la morte di Diggory ed un'altra, si erano messe in macchina in direzione del locale in cui Guido, Luana e altre due ragazze della comitiva del ragazzo le stavano aspettando da ormai svariate ore, non sapevano proprio cosa la serata avesse in riserbo per loro. O almeno, sopratutto per Sveva.

« Pensavo ci avreste abbandonati ». Luana era una ragazza dolcissima che avevano conosciuto grazie a Guido, il fratello di Carlotta. Frequentava il terzo anno di triennale e passava spesso i suoi pomeriggi con le altre due, in biblioteca. Era di una bellezza disarmante e spesso Sveva aveva scorto bombolone alla crema sbirciare al loro tavolo, ogni volta che Luana decideva di raggiungere le due ragazze durante i loro appuntamenti pomeridiani. All'inizio ne era rimasta delusa per poi decidere di scrollarsi la tristezza di dosso con un paio di lezioni di yoga. Non aveva nessun diritto su quel ragazzo, tantomeno se avesse avuto interesse per la sua amica. Che ben venga, dopotutto, aveva pensato mentre le budella le si contorcevano dalla gelosia.

« Era Carlotta a non voler venire, io ero già pronta dalle nove ». Carlotta l'aveva guardata con uno sguardo torvo, sapendo benissimo che la sua migliore avesse tanta quanta voglia di raggiungere i loro amici quella sera, sopratutto dopo "Il Calice di Fuoco".

Si sedettero dopo aver salutato il gruppetto e ordinarono da bere. Per Sveva un Moscow Mule e per Carlotta una birra alla spina.
Il locale in cui si trovavano era abbastanza carino e pienissimo grazie all'inaugurazione avvenuta pochi giorni prima. L'atmosfera era rilassante e i divanetti diposti attorno ai tavoli erano davvero ma davvero comodi, pensò Sveva. Potrei persino addormentarmi.

Tra una chiacchiera ed un'altra, si erano fatte le due di notte. Ormai le ragazze avevano finito i temi sui quali spettegolare e si annoiavano ognuno per conto loro, chi al cellulare, chi guardandosi intorno giudicando ogni passante. Ovviamente, Carlotta e Sveva facevano parte di quest'ultima categoria. Si erano avvicinate l'un l'altra e insieme fartenicavano sui ragazzi che si trovavano quella sera al pub.

Sveva aveva appena postato una foto sulle sue stories Instagram, quando Carlotta l'aveva strattonata così forte da farle cadere il cellulare sul suolo appiccicoso.

« Cazzo Totta, spero per te che il cellulare sia intatto ». Si era alzata non curante di ciò che la sua migliore amica le stesse dicendo, avanzando di pochi metri per recuperare il cellulare riverso al suolo. Si abbassò, non prima che una mano afferrasse il cellulare da terra. Sveva alzò lo sguardo, restando per qualche secondo con le labbra schiuse, incapace di proferire alcun suono. Bombolone alla crema ad ore dieci. Attenzione, bombolone alla crema a ore dieci. Si alzò di fretta, girandosi per un istante verso la sua migliore amica che in quel momento la guardava con gli occhi sbarrati, facendo gesti inusuali. Portando le mani sulle cosce per asciugare il sudore, puntò gli occhi sul ragazzo di fronte a lei che in quel momento le stava rivolgendo un sorriso a trentadue denti. La ragazza sorrise imbarazzata, farfugliando un grazie, per poi afferrare il cellulare dalla mano dello sconosciuto non proprio sconosciuto.

Il contatto con le dita calde del ragazzo le fece tremare la spina dorsale, maledicendosi per avere quelle mani così umidicce in una situazione del genere. Cioè, di fronte bombolone alla crema. Non ci posso credere. Il ragazzo nel frattempo aveva girato la testa verso i suoi amici che lo chiamano a gran voce, salutando la ragazza velocemente, raggiugendo tranquillamente il suo gruppo.

Matteo. Si chiama Matteo.

 Cielo blu - Matteo Pessina Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora