Capitolo 5

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Hermes aveva impiegato più tempo del previsto nel trovare l'appartamento delle tre sorelle. Il cielo era abbastanza trafficato quel giorno; ha pensato più volte se andare da loro a portare quel messaggio, consapevole dello scompiglio che potrebbe portare. Alla fine decise fosse la cosa migliore, evitando di non prendere il suo ruolo di messaggero con serietà.
«Stupidi piccioni.» mormorava mentre bussava alla porta di legno, venendo accolto dallo sguardo curioso di Harmonia.
«Chi sei?» gli chiede curiosa, Hermes rimane immobile sotto gli occhi enormi della ragazza.
«Tuo zio.» le sorride a trentadue denti. Harmonia socchiude le labbra sorpresa. Vuole dirgli qualcosa, ma Atropo la interrompe.
«Hermes, come mai qui?» chiede apparendo dietro la nipote. Il dio la guarda.
«Sono qui per Lachesi.» sorride gioviale. «È qui presente?» si fa spazio tra le due allungando sempre più il collo.
«Che cosa vuoi?» emerge la voce di Lachesi da dietro l'angolo. Hermes sorride nel vedere la dea, il suo solito sguardo divertito è mischiato alla paura.
«Parlarti in privato, è urgente.» Lachesi incrocia le braccia, corrugando le sopracciglia. «Si tratta di...» ferma le parole, ma mima chi possa essere la persona che voglia vedere la dea.
«Hermes non si capisce, parla diamine.» sospira.
«Apollo ti vuole vedere. Sei peggiorata nel gioco dei mimi.» il nome del dio congela i muscoli di Lachesi e fa spostare lo sguardo di Harmonia sulla zia.
«Non voglio vederlo. Sarà un'altra delle sue stupidaggini.» sentenzia.
«Mi ha garantito che è per un motivo molto importante.» Lachesi lo guarda negli occhi, vogliosa di sapere se il dio stia mentendo, mentre lo sguardo di Harmonia non abbandona la sua figura. Il respiro di lei trema, le mani sudano, i pensieri le fanno pensare la testa.
«Per poco però.» lo informa, avendo Hermes che annuisce, quasi sollevato della decisione della donna.
«Va più che bene.» le sorride.
 
Apollo guarda i soffici strati di nuvole che si estendono di fronte a lui tramite la finestra di quarzo dorato.
«Di cosa volevi parlarmi?» la voce di Lachesi lo sorprende.
«Non pensavo saresti venuta, ci stavo quasi per rinunciare.» mormora guardando la donna negli occhi.
«Limitati a darmi spiegazioni sul perché sono dovuta venire qui.» gli occhi limpidi di Apollo scivolano sul corpo di Lachesi.
«Niente di importante. Volevo vederti.»
«Non dire stupidaggini. Hermes mi ha garantito che fosse un motivo impellente.» gli occhi incollati. Odio quello sguardo, pensa lei. Voglio solo quello sguardo su di me, pensa lui. Si avvicina arrivando ad accarezzarle i capelli.
«L'ho detto perché sapevo che diversamente non avresti mai accettato. Il tuo profumo è inebriante.» le sussurra nell'orecchio.
«Apollo, hai una figlia con Afrodite, non dimenticarlo.» lo allontana e posa lo sguardo alla sua destra, cercando di ricomporsi.
«Afrodite non è nulla in confronto a te.» Lachesi ridacchia divertita.
«È una dea.» lo guarda negli occhi con sfida.
«Anche tu lo sei.»
«Se non fossi un dio non sai quante disgrazie farei cadere sulle tue spalle.» mormora infastidita.
«Le accetterei tutte, dalla prima all'ultima, sei il mio peccato celeste preferito.» sussurra nell'orecchio della donna, accarezzando il suo collo. Dei brividi le percorrono la schiena appena percepisce le labbra di lui sfiorarle la pelle.
«Apollo...» sospira posando le mani sui bicipiti di lui, facendo resistenza.
«Ripeti il mio nome, ti prego, ne sono in astinenza da troppo.» le mani a cingerle di colpo i fianchi, le dita che massaggiano la carne coperta dal vestito di seta nera. Lachesi chiude gli occhi, quasi come se fosse un riflesso incondizionato.
«Hai Afrodite, fai ripetere il tuo nome da lei, perché io non ho nessun diritto di farlo.» la guarda. «Non più da quando le hai giurato amore eterno.» mormora glaciale. «Perciò, se non hai da riferirmi nulla d'importante, torno sulla terra a crescere tua figlia.» Apollo rimane fermo per una decina di minuti, non vuole spostare le sue mani dalla donna, non vuole che vada via, ma prima che se ne accorga il corpo di Lachesi è diventato un fumo nero che ha cominciato a diradarsi sempre di più. Subito dopo, sulla soglia della tenda color oro, appare la figura di Afrodite: i lunghi capelli rossi chiusi in una treccia posta sulla spalla, il vestito corto rosa antico che le lascia scoperte le gambe snelle e affusolate.
«Amore, tutto bene?» la voce melodiosa che esce dalle labbra carnose, gli occhi penetranti che si posano sul dio del sole.
«Sì, tutto bene.» mormora andando a sdraiarsi sul divanetto di pelle bianca a suonare la lira, il volto cupo.
 
Il tragitto verso casa è stato faticoso, quasi doloroso. Quando entra in casa nota tre figure ferme nel salotto baciate dai raggi del tramonto che trapassa i vetri.
«Avete indetto una riunione?»
«Cosa voleva dirti mio padre?» esprime di getto Harmonia, quasi pentendosi della sua azione non appena gli occhi di Lachesi cadono su di lei. Un silenzio le circonda prima che la dea possa dire qualche cosa.
«Le solite stupidaggini, tipico di Apollo.» sospira, gli occhi socchiusi. Con una camminata un poco sostenuta scompare nella sua camera.
«Dovrà averle pur detto qualcosa di particolare.» cerca di insistere la ragazza. Atropo e Clotho si alzano.
«Andiamo scoprire qualcosa di più.» dice Atropo, entrambe sorridono scomparendo nella stanza della sorella.
«Tutto qui? Solo stupidaggini?» chiede Clotho.
«Sì, solo quelle.» afferma mentre raccoglie i capelli in una coda alta.
«Per quale motivo sei così scossa se sono solo delle stupidaggini?»
«Lachesi a noi puoi dire tutto.» la dea si gira in modo repentino verso la sorella.
«Clotho credi che io menta?» si avvicina con gli occhi taglienti. «Non azzardarti mai più ad avere questa impertinenza nei miei confronti, non ti permettere mai più.» le punta il dito contro.
«Non parlare in questo modo a nostra sorella.» interviene Atropo. «Siamo interessate ad una possibile notizia per Harmonia.»
«Non nominarla, non farlo.» intima la sorella.
«Smettila di comportarti in questo modo.» sospira la maggiore, annoiata dall'odio nei confronti di Harmonia da parte di Lachesi.
«Non dirmi quello che devo fare, mai più! Già mi tocca tutelare una ragazza che nemmeno è figlia mia.» la guarda distrutta, gli occhi offuscati dalle lacrime, la gola serrata nervosa. «Basta ripetere cosa sono chiamata a fare. So cosa devo fare, per favore, smettila di dirlo di continuo. Per favore.» singhiozza cadendo sul letto, le mani a porre un velo sul volto distrutto. «Apollo mi ha chiamata solo per dirmi che gli manco, che mi vuole, ma così facendo non capisce quanto mi laceri ogni volta che mi tocca. Non c'è la faccio, non ci riesco...» le labbra rosse che tremano, le mani fredde e lacrime rosse che dipingono in modo tragico le sue guance pallide. «Perciò no, non ho nulla d'importante per Harmonia. La vostra pupilla è salva.» mormora con voce roca mentre tira su con il naso, lo sguardo perso nel vuoto.

Il lampo della Folgore. Nettare degli dei (Vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora