capitolo iii: infortunio

960 45 3
                                    


La bella giornata di sole nell'ideale di Simone significava fare pranzo su una panchina ― rischiando che i piccioni gli volassero addosso pur di mangiare anche solo un chicco di riso ― e andare in biblioteca.

"Ho allenamento più tardi, quindi faccio così. Esco da scuola, mangio in giro, vado a studiare e vado all'allenamento," spiegava, mentre masticava la sua insalata di riso.

Aveva fatto preparare due contenitori. Manuel stava pensando al fatto che tutto questo era premeditato, senza che gli venisse chiesto un parere, ma che gli piaceva. Gli piaceva davvero.

"E all'allenamento ci vai così?"

Simone scosse la testa. "Ho uno zaino nel motorino," rispose.

Manuel ridacchiò, pensando a Simone che cercava di comprimere tutto nello scomparto sotto la sella pur di passare la sua bella giornata di sole come al solito.

"Alla fine me stai a fa' studia' ogni giorno co' l'imbroglio. Che poi perché alla biblioteca universitaria?"

Simone si strinse nelle spalle. "Ci sono abituato da quando ero piccolo. Mentre mia madre era a lavoro, io andavo a fare i compiti in biblioteca. Fino all'anno scorso, ci vedevamo davanti alla facoltà, pranzavamo insieme e poi io andavo a studiare in biblioteca. A volte lei faceva ricerca lì. Sempre nelle giornate belle."

"Te manca tu' madre?"

Manuel sapeva bene cosa volesse dire non avere un genitore. Simone ce li aveva entrambi, eppure sembrava sempre frustrato.

Forse era cattivo pensare una cosa del genere, ma Manuel era contento di non aver mai conosciuto suo padre. Era felice con sua madre. Avevano un legame speciale, anche se lui cercava continuamente di sfuggirle, anche se le mentiva, anche se non era d'accordo con le sue scelte in fatto di uomini. Quando era stato necessario, c'erano sempre stati l'uno per l'altra.

Simone, invece, aveva entrambi i genitori, eppure una voglia di non tornare mai al nido.

Manuel non ce l'avrebbe fatta a stare troppo a lungo lontano da sua madre. Avrebbe voluto sicuramente tenerla sott'occhio, accertarsi che nessuno stronzo le si avvicinasse con cattive intenzioni.

"Non lo so. Non so se mi manca lei o se è solo mio padre che..."

Simone si bloccò.

"Come va con lui?"

"Parliamo. Ed è assurdo, è come se mi capisse."

Manuel scrollò le spalle e sorrise. "Se a me capisce mi' madre figurati se non te capisce tu' padre! Siete due uomini."

"Non abbiamo niente in comune," puntualizzò Simone, aggrottando le sopracciglia. "Niente di niente. Eppure lui mi ascolta."

"Forse dovresti dargli una possibilità," ribadì Manuel. "Non me sembra così male tu' padre, e poi hai mai provato a capi' perché si è lasciato co' tu' madre?"

Simone aggrottò le sopracciglia.

"Lo sai che 'a loro relazione co' te non c'entra niente, no?" Continuò, sospirando e muovendo la forchetta di bambù in mezzo al riso. Perché ovviamente la famiglia di Simone ha i soldi per comprare le cose ecologiche. "Mi' madre è stata co' un sacco de gente che non me piaceva. Ma ha fatto tante de quelle cazzate che non immagini. Però so' cazzi sua, no? Io ero a casa che l'aspettavo e la consolavo. Ma la vita è la sua, zi'."

Simone sospirò. Sembrò pensare davvero alle parole che Manuel aveva detto e Manuel, per una volta, si sentì utile. A sua madre aveva fatto tante volte discorsi maturi. Sua madre lo aveva guardato, gli aveva accarezzato una guancia con delicatezza e l'aveva guardato con amore e orgoglio, ma alla fine lui era il suo bambino e non aveva mai ascoltato davvero i suoi consigli.

straordinariDove le storie prendono vita. Scoprilo ora