capitolo v: promozione

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A Manuel piaceva il mare. Così, come quel giorno: con la spiaggia silenziosa e vuota, in autunno, in inverno, in primavera; con il lieve rumore della corrente marina che si infrangeva sul bagnasciuga; con una persona speciale.

Quando era piccolo, in estate le spiagge erano troppo affollate e sua madre non aveva abbastanza soldi per poter affittare un ombrellone in un lido, quindi andavano poche volte, di solito la domenica, trovando un metro quadrato di spiaggia dove stendere un telo piegato a metà e appoggiare la borsa.

Non succedeva spesso. La maggior parte delle volte sua madre lavorava ― o meglio, si faceva sfruttare ― per portare qualche soldo in più a casa. L'estate di Manuel era sempre stata a Roma, in città, nei vari appartamenti dove avevano vissuto in affitto prima di comprare quella casa con il garage, il suo posto sicuro nel mondo.

(Prima, l'unico posto sicuro erano state solo le braccia di sua madre.)

E quelle volte che ci andavano, prendevano l'autobus sotto il sole caldo, con l'afa, senza aria condizionata, con la gente accalcata del fine settimana. Ricordava adolescenti insultarsi e parlare in dialetto, tutti sudati e pieni di vita. Pensava che avrebbe voluto essere adolescente pure lui, e poi da adolescente non aveva nemmeno avuto amici con cui andare al mare.

Non che avesse mai sentito il desiderio impellente di andarci. Appena aveva avuto la sua moto, era sempre partito nelle giornate meno sospettabili, all'improvviso, per andare a fare una passeggiata sulla spiaggia. Anche in inverno, nelle giornate di sole, anche con meno di dieci gradi, toglieva i calzini e camminava a piedi nudi nella sabbia.

Si sentiva solo più che mai, però pensava che quelle giornate non le avrebbe mai condivise con nessuno che non lo avesse capito alla perfezione.

Quel giorno, Simone era lì con lui. Erano entrambi senza scarpe e senza calzini, erano seduti poco lontani dal bagnasciuga e la sabbia era gelida. Il mare era piatto come una tavola e non c'era vento. Il sole era fioco e non riscaldava, ma Simone e Manuel erano seduti abbastanza vicini al punto che Manuel sentiva il calore emanato dal corpo di Simone. Tuttavia, ancora non aveva il coraggio di avvicinarsi di più di così.

"Allora? Te sei calmato?" Chiese Manuel, parlando per la prima volta da quando erano arrivati.

Un gabbiano che zampettava a pochi metri da loro volò via sentendo la sua voce.

Simone scosse la testa, ma le sue labbra si piegarono in un sorrisetto ironico. "Ma che vuole quella da te? Non è che ti scopi le vecchie?"

"Non me pare così vecchia e comunque sei 'na testa de cazzo," rispose prontamente Manuel, sospirando. "Non c'è bisogno d'esse' mica così misogini, me sa che ce ne hai un bel po' de misoginia interiorizzata, tu."

"Che ti sei ingoiato un vocabolario?" Lo prese in giro Simone, ma aveva le sopracciglia aggrottate e sorrideva solo con le labbra. Gli occhi restavano spenti. "Ma come parli bene. Ma poi che c'entra la misoginia se quella si vuole scopare i liceali?"

"L'hai descritta come 'na vecchia che pensa solo al cazzo, direi che forse hai un po' esagerato. E poi hai tutta 'sta mascolinità fragile," continuò Manuel, senza farsi troppi problemi, perché era di quello che dovevano parlare, insieme a tutto il resto. Ne sentiva il bisogno, da quando aveva guardato il video che Aureliano gli aveva inviato. "Senti, so cos'hai fatto a Pin. E io lo so che ora non sei più incazzato col mondo per 'sta mascolinità poco tradizionale che te ritrovi, però direi che è ora de imparare dagli errori che hai fatto."

Simone si alzò di scatto dalla sabbia, facendone andare un po' negli occhi di Manuel.

"Che ne sai tu di Pin?" Borbottò, dandogli le spalle.

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