Sacrifici

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Camminando in mezzo strada, con quella mia enorme falce in spalla, mi fingevo nella pietre umida delle strade e nel paludoso cielo autunnale. Quando ad un certo un pianto mi entrò prepotentemente nell'orecchio, il pianto di una donna che, straziato, si mescolava come un veleno con le urla e spari che infestavano i cieli di Nottingham. Mi guardai intorno disorientato, come un cane attirato da un fischio di un bambino, e lì appena dietro a un carretto pieno di sacchi antropomorfi grondanti di liquido rosso, c'era una donna, teneva tra le braccia un corpo, sembra quello di un uomo. Ella stava lì chinata su quell'uomo, versando lacrime amare, urlando come un animale ferito, anche se il corpo dell'uomo sembrava quasi muoversi come se fosse ancora vivo, ma la donne non badò a quei segno di vita: dondolava avanti e indietro, stringendo al petto la testa di quell'uomo. Provai ad avvicinarmi, la donna avvertì la mia presenza e alzò lentamente la testa, aveva il volto distrutto dalle lacrima, le labbra umide di pianto, gli occhi rossi e il petto sporco di sangue e polvere, mi chinai un poco e chiesi alla donna:" Qui è molto pericoloso, dovete andarvene o verrete divorata dagli infetti!", la sua espressione si inasprì, si accigliò, cominciò a balbettare, e dire parole sconnesse quando a un certo punto urlò: " Non lo lascio! Potranno mangiarmi i cani o quelle bestie ma io non lo lasciò, starà sempre con me, pure nella morte e non sarai tu a convincermi di lasciarlo qui!", si rannicchiò di nuovo sul corpo dell'uomo, dondolava come una pazza, stringendolo a sé. Se non voleva ascoltarmi, l'avrei costretta a salvarsi, mi guardai intorno per vedere se fosse tutto sicuro ma all'improvviso la donna urlò:" Respira! Lui respira!", l'uomo alzò lentamente la testa, respirava rumorosamente come se avesse corso per tutta la città, ma il suo volto era distrutto da croste di sangue coagulato. La donna, dopo aver pianto per tanto tempo, disse:" Samuel, sei vivo!". Egli non disse una parola, stava fermo davanti a lei, la donna lo portò a sé, lo abbracciò forte stringendolo con tutta la forza che aveva. "Sei vivo sei vivo sei vivo.", la donna non faceva che ripetere questo, le braccia dell'uomo stavano a penzoloni mentre lei lo abbracciava, ma all'improvviso disse:" Samuel?... che hai?", non capivo che stesse succedendo, la testa dell'uomo era nascosta dai lunghi capelli di lei, ma ad un tratto, uno sguardo di terrore prese il sopravvento, i suoi occhi si spalancarono di colpo e urlò come una dannata, si contorceva e si dimenava come un cerbiatto. " LASCIALA STARE!", mi avventai sull'uomo e lo gettai a terra, lontano dalla donna che aveva ormai un morso sulla spalla, l'uomo si rialzò, presi la falce e lo colpì con il manico, egli urlò affamato, si scagliò su di me ma un colpo di falce lo ferì, procurandogli un grosso taglio sul petto. Sembrava non patire il dolore e tornò alla carica, sferrai un colpo serrato e la lama trapassò da parte a parte il collo, gli gettai un calcio alla caviglia che lo fece cadere inginocchio, feci forza sul manico, mentre l'infetto pativa le pene dell'inferno. Dopo uno sforzo immane, venni sbalzato in avanti dalla mia stessa forza, la lama roteò sulla base delle collo e lo tagliò di netto, la testa rotolò a terra e il corpo cadde a peso morto. La donna rimase a guardare pietrificata e urlò coprendosi gli occhi, mentre dal cadavere scorreva ancora sangue. 

Presi la donna ancora traumatizzata e la portai con me, tremava come una foglia. Dopo dieci minuti, arrivammo in una delle poche zone illuminate della città, la feci sedere contro un muro, al sicuro in un angolo nascosto, nella speranza che una pattuglia passasse di lì. Dopo un giro di controllo, mi avvicinai alla donna per assicurarmi stesse bene, e gli rivolsi la parola:" Chi era quell'uomo per lei?"

" Non mi parli!", la donna mi respinse, in fondo non aveva tutti i torti, ciò che era successo non era per niente umano, una morte che nessuno merita... infettati da un morbo e poi uccisi da un commissario armato di falce. Deve accettare la mia presenza, sarebbe morta se non fossi arrivato, divorato forse del suo stesso compagno. Mi chinai per parlarle, o almeno per provarci, ma mi si gelò il sangue quando vidi i suoi occhi, l'iride era collassata, il marrone chiaro dell'iride era sparso per la sclera, gli pulì le labbra ed erano... viola, mi alzai tremante, allontanandomi piano piano con sguardo rassegnato e cupo, la dona disse spaventata:" Che succede?!", e io risposi a fatica:" Sei infetta...", la donna andò nel panico, scoppiò a piangere , ricominciando a dondolare come prima, gemendo e urlando, mi guardò diritto negli occhi e pianse:" Non voglio morire! TI PREGO!", il mio braccio, quasi muovendosi da solo, serrò la presa sulla falce, la donna si alzò impaurita, cercando disperatamente una via di fuga:" Ti trasformerai in una di quelle bestia... lo sai vero?" gli dissi, non proferì una parola, toccava nervosamente il muro dietro di lei. Mi prese una pietà per lei, che non potrei spiegare, era così difficile prendere qualsiasi decisione. Feci un passo avanti e dissi:" è lei a scegliere...", la donna alzò lo sguardò al cielo, cercò di trattenere le lacrime e si inginocchiò. Io scoppiai a piangere, non volevo accadesse ciò, stava letteralmente dicendo uccidimi, gettai a terra la falce; ero disperato, ciò non doveva accadere, non doveva, non voglio farlo:" Non voglio!", mi gettai a terra piangendo:" Nooo! Non voglio farlo! Perché io... perché!", la donna disse tra le lacrime:" Ti prego fallo! Non farmi diventare una di quelle bestie, non voglio fare del male alle persone! Ti supplico!", e io risposi urlando:" VATTENE!". La donna rimasi impassibile, ciò che riuscivo a fare era piangere e piangere, non riuscivo ad alzare lo sguardo, i pianti e le suppliche della donna mi martellavano la mente incessantemente:" Non voglio diventare una belva!", chiusi gli occhi colmi di pianto, presi la pistola e urlai più forte che poteva, sparai tutti i colpi che avevo, e mentre ancora premevo il grilletto della pistola scarica, sentì il corpo della donna cadere. Mi stesi a terra, sul fianco, e piansi ancora più forte e urlai disperatamente il nome di Dylan, mentre il mio più grande peccato giaceva più in là, mentre il mio essere umano sprofondava.

Così cadde NottinghamWhere stories live. Discover now