Capitolo 2

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Sto lavorando da ore su un caso per tentare di trovare un accordo, in modo da non arrivare al processo.
Manca poco alla chiusura, ma sicuramente rimarrò qui ancora un paio di minuti per terminare il tutto.
Da quando ho iniziato questa professione, la mia vita sociale si è annullata completamente e rimpiango i bei vecchi tempi del college, in cui in realtà passavo già quasi tutte le giornate solo sui libri.

Ho sempre desiderato fare questo lavoro per aiutare le persone davvero innocenti.
Probabilmente questa passione l'ho ereditata da mio nonno materno e mio padre che sono stati degli ottimi avvocati fino alla pensione.
Entrambi sono stati orgogliosi di me, nel momento in cui mi sono laureata e ho trovato occupazione in questo studio così ambito, diventando dopo poco meno di un anno associato di Cindy con un ufficio tutto mio.

- Jo - ed è proprio la donna dalla chioma rossa fluente, che non bussa nemmeno alla porta in vetro, a entrare direttamente nel mio ufficio moderno.
- Dimmi Cindy - dico senza alzare lo sguardo dai fascicoli che coprono la mia scrivania in cristallo.
Nonostante io non la veda posso solo immaginare la sua faccia nel dire - C'è quel pazzo pittore della mostra dell'altro giorno ad aspettare di là -.
A quel punto le mie iridi si spalancano e con grande stupore cerco di guardare oltre la parete interamente trasparente che da sull'enorme sala d'attesa accanto alle ascensori.
- Timothée? - domando, cercando quello sguardo verde che non fatico a incontrare, mentre è seduto a gambe incrociate su una piccola poltrona in pelle nera.
- Cindy non è pazzo - rimprovero la mia amica che è ancora in piedi sulla soglia della porta, mentre mi guarda come se fossi strana quanto lui.
- Come lo chiami uno che si presenta senza appuntamento nello studio legale più famoso di New York a dieci minuti dalla chiusura? -.

- Fallo entrare - scuoto il capo esasperata, mentre sistemo i miei capelli ondulati scuri dietro le spalle e mi specchio sul desktop ormai nero per verificare che il poco mascara che infoltisce le mie ciglia non sia sbavato.
Le labbra carnose sono ancora truccate da quel rossetto nude che utilizzo tutti i giorni e che risalta il mio incarnato olivastro cosparso di lentiggini, soprattutto sul naso.
Mi alzo in piedi sui tacchi vertiginosi neri e sistemo la gonna del vestito attillato che mi arriva quasi alle ginocchia, mentre il ragazzo che mi supera in altezza malgrado le mie calzature, avanza sempre più deciso verso di me con un sorriso stampato su quella bocca sottile.

- Josephine - esordisce quando entra dalla porta che fa parte della parete in cristallo.
- Timothée che piacere - mi avvicino a lui e immediatamente la mia mano curata da uno smalto rosso, viene afferrata dalla sue dita sottili e come una settimana prima, mi bacia le nocche, mantenendo fisse le iridi verdi sui miei occhi marroni - Oh anche per me - sottolinea, prima che io mi imbarazzi - Non sai quanto -.

Lo invito a sedersi nel piccolo salottino composto da due divani posizionati uno di fronte all'altro con al centro un piccolo tavolino su cui è poggiato dell'ottimo liquore da offrire ai clienti.

- Come mai qui? - chiedo, mentre mi siedo e incrocio le caviglie, dando le spalle all'enorme vetrata che da sulla meravigliosa città.
- Oh nulla vorrei solo che ritirassi queste accuse - mi passa un fascicolo scuro che immediatamente apro per analizzarlo velocemente, mentre Timothée continua a spiegare quasi annoiato per via dell'argomento che pare non interessargli - Il mio avvocato si è rifiutato, quando avevo già espresso il mio disappunto a riguardo e io ho deciso di venire nel primo studio legale che ho trovato - conclude alzando le mani, mentre si alza per ammirare la libreria contro la parete - Ed eccomi qui -.

Continuo a far scorrere le mie pupille da una parte all'altra: un certo Peter Collins era stato accusato di plagio nei confronti di Timothée.

- Timothée si parla di una causa da milioni di dollari - dico sconvolta dalla sua decisione di lasciar perdere una situazione così grave, su cui giustizia deve essere fatta - Potresti vincere -.
- Non mi interessa - scuote il capo, incrociando le braccia e indurendo ancora di più la mascella già marcata, mentre mi guarda dall'alto - Se una persona ha così poca personalità al punto di copiare le mie opere e fare carriere con queste, sono fatti suoi - dice convinto delle sue idee che sono più che legittime - La vita è una sola e non voglio sprecarla in queste cose -.

L'avvocato deve aver iniziato questo caso senza il consenso di Timothée, avrà agito per conto suo pensando di compiere un gesto nobile, ma non per l'artista di fronte a me.

- Okay rispetto il tuo pensiero - inizio, cercando però di farlo ragionare: il suo precedente legale non aveva del tutto torto, considerando che lavora per i suoi interessi da anni da quanto ho capito - Ma in veste di avvocato devo provare a farti capire che.. - non riesco a finire la frase che vengo interrotta dalla sua voce profonda, mentre si fionda sul divano accanto a me per stringermi le mani per supplicarmi - Josephine ti prego, non mi interessa -.

Mi soffermo un attimo su quell'unione che mi da una scarica mai sentita prima d'ora, per poi passare a fissare quel viso scolpito con un naso sottile e quegli occhi così espressivi e malinconici.
- Okay, ritirerò le accuse - mi lascio convincere, tenendo in considerazione che è il cliente a dover essere soddisfatto.

Mi rivolge uno dei sorrisi più sinceri che abbia mai visto che io non tardo a ricambiare.

- Sapevo che ti avrei rivista, sai? - esordisce, quasi sdraiandosi sulla seduta in pelle.
- Come? - domando, curiosa di sentire una delle sue bizzarre teorie.
- Siamo a New York - indica fuori dalle vetrate - La città in cui tutto è possibile - e rimettendosi composto inizia a spiegare, come se mi stesse raccontando una favola - Stavo girando in cerca di ispirazione, quando mi sono imbattuto in questo enorme palazzo con all'interno uno studio legale che faceva proprio al caso mio - fa delle pause, mantenendo continuamente il contatto visivo - Quando ho visto Cindy in sala d'aspetto, ho capito che ti avrei rivista -.
Deve aver immaginato che fossimo colleghe e aveva ragione.

- E forse potrebbe essere l'idea per la nuova opera - conclude con tono sognante.
- Lo studio legale? - chiedo divertita per questa sua bizzarra idea di rappresentare un luogo così vuoto e asettico, che prende vita solo per le persone che ci lavorano e per le storie delle persone che ci chiedono aiuto.

- No, tu - quella parole mi fanno perdere per qualche secondo il respiro.
Sentirsi dire di essere la prossima protagonista di una delle sue opere, mi rende speciale, cosa che non ho mai sentito di essere in tutta la mia vita.

- Ed è un bene che tu mi abbia incontrata? - chiedo, aggiustando una ciocca dietro all'orecchio per l'imbarazzo, dopo aver guardato per dei minuti infiniti la sua espressione seria quando mi dice quelle sue semplici parole.
- Decisamente -.

Non ho mai incontrato una persona, o meglio un uomo, che sia così brutalmente sincero, che non abbia paura delle proprie emozioni e di esternarle.
Ho sempre conosciuto una marea di cazzoni che scomparivano dopo due uscite o che faticavano a richiamarmi e ora vedere tutta questa spontaneità mi rende vulnerabile.
Quando sei abituata a frequentare un certo tipo di uomini credi di poterti meritare solo quello standard, ma non è così.
C'è altro, basta solo scoprirlo.

- Ora devo andare - si alza di scatto, facendomi compiere lo stesso gesto - Occupati di quella cosa per me, non ne voglio sapere più nulla - e inizia a recarsi verso la porta, dove inciso c'è il mio nome che legge per potermi salutare in modo completo e quasi professionale - Ci si vede in giro signorina Müller -.
Sto per lasciarlo andare, quando lo fermo, chiedendo - Come farò a contattarti se ne ho bisogno? -.
- Mi troverai: fidati - mi risponde semplicemente, mentre cammina all'indietro per rivolgermi un occhiolino - Siamo a New York -.

The artistDove le storie prendono vita. Scoprilo ora