Capitolo 3

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Ho appena finito di lavorare e direi anche ad un orario decente rispetto al solito, per questo motivo ho deciso di passare una bella serata tranquilla a casa, sorseggiando del buon vino davanti a un ottimo film.
Sono uscita dall'ufficio e mi sono recata immediatamente nel negozio in cui si possono noleggiare cassette e DVD, comprare dischi vintage e qualche libro malandato.

Adoro venire in questi vecchi luoghi in cui si possono scoprire delle piccole chicche, toccare le copertine di racconti consumati da persone sconosciute. Questo posto è come se avesse mille storie da poter dire.

Mi avvicino allo scaffale in cui ci sono tutti i film disordinatamente disposti e 'Colazione da Tiffany' è quello su cui cade il mio occhio scuro e stanco, la cassetta su cui è raffigurata una Audrey Hepburn elegante.

- Un po' banale non credi? - una voce familiare, che proviene alle mie spalle, mi fa sussultare sul posto per la paura, solo nel vedere la figura alta e esile di Timothée mi rassicuro, forse grazie anche al suo solito sorriso accennato.
- Dio - mi porto una mano al cuore - Mi hai spaventato a morte -.
Si avvicina a me con i soliti capelli mossi e spettinati, i cui ricci cadono leggermente sulla fronte spaziosa.
Con le dita sottili accarezza le copertine dei dischi accanto, mentre tiene fissi gli occhi verdi sul mio viso imbarazzato per quello sguardo.

- Sei convinta ora che non mi serve sapere quali luoghi frequenti o avere il tuo numero per incontrarti? - domanda, accennando un sorriso con l'angolo della bocca sottile.
- Potrei crederti in effetti ora - ribatto, abbassando lo sguardo per l'eccessiva vicinanza del suo corpo al mio.

Riprendo a guardare tutte le pellicole di fronte a me, cercando di ritornare a un colorito normale.

- Credevo di essere rimasto l'ultima persona sulla faccia della terra a noleggiare film - riprende, spostandosi dall'altro lato e cominciando anche lui a cercare qualcosa di interessante.
- Ci vengo spesso, volevo trovare qualcosa di decente per una serata tranquilla a casa - spiego, per poi chiedere, voltandomi leggermente verso di lui - Anche tu? -.
- Oh si, ma soprattutto per trovare come sempre l'ispirazione - scuote la testa divertito e guardandomi di nuovo negli occhi, mentre incrocia le braccia e si appoggia al muro, esordendo - E a quanto pare New York ha l'idee chiare: tutte le volte che sono alla ricerca di nuovi stimoli, incontro te -.

Un fuoco inizia per la seconda volta a divampare nel mio corpo.
Come è possibile che un'avvocata come me riesca ad imbarazzarsi davanti a certe parole?
Forse perché nessuno mi ha mai fatto dei complimenti simili?

Siamo a New York, il massimo che ho potuto incontrare è stato un uomo d'affari in giacca e cravatta pronto a portarmi nel suo attico da milioni di dollari.

Rimaniamo in silenzio a guardarci, fino a che Timothée non afferra dallo scaffale accanto a sé una piccola cassetta rettangolare che mi porge immediatamente - Questo è uno dei miei film preferiti -.
Osservo la fotografia ritraente un uomo alla guida e leggo 'Il sorpasso' a caratteri cubitali in rosso.
Da quel che pare sembra un film italiano di successo degli anni '60 e per quanto non sia il mio genere, decido di ascoltare il suo consiglio, ma mettendo una condizione - Beh allora devi vederlo con me -.
- Speravo me lo chiedessi - sorride con quei denti bianchi, prima di afferrarmi la mano in modo euforico e trascinarmi fuori da quel negozio per portarmi in strada.

Il suo entusiasmo mi destabilizza. Non ho mai conosciuto nessuno così.

- Non dirmi che vuoi andare in taxi - mi rimprovera, nel momento in cui mi sporgo per chiamare una vettura con il cenno della mano.
Quando mi giro, lo vedo seduto in sella a una bicicletta e mi incita ad unirmi a lui - Sali -.
- Ma ho i tacchi - indico le mie décolleté che sono costate un occhio della testa.
- Non ti farai del male, fidati - il dolce sorriso su quel volto angelico, mi convince a salire e a circondare il suo corpo con le mie braccia esili.
- Tieniti stretta -.

Il vento tra i capelli, le gambe a penzoloni e la testa all'insù per vedere i grattacieli da una prospettiva diversa o forse per osservarli per la prima volta.
Quando si dice che questa città è frenetica, non è uno scherzo: nessuno fa caso a ciò che lo circonda perché troppo impegnato nel lavoro, me compresa.
Sono qui da anni, eppure credo di non aver mai visto così tanti dettagli come in questo tragitto all'aria aperta anche se parecchio inquinata per via del traffico.

- Eccoci - la sua voce profonda, fa ritornare i miei occhi marroni su di lui, che aspetta che io scenda dalla bicicletta per fare lo stesso - Ammettilo ti sei divertita -.
- In effetti molto -.

Non passa molto tempo prima che Timothée mi porti all'interno di un edificio, da cui prendiamo un'ascensore per salire all'ultimo piano.
Dopo pochi secondi arriviamo davanti alla porta di ingresso che aperta mostra un immenso loft stile industriale, da cui si vede una parte di città illuminata.

- Quindi qui è dove tutto nasce - affermo incantata, ammirando quell'enorme spazio dai soffitti alti e dall'arredamento grezzo, mentre sulle pareti spoglie ci sono solo i suoi quadri - É stupendo -.
Continuo a girarmi attorno, fino a che il mio sguardo non ricade su Timothée appoggiato a una colonna portante, mentre mi osserva con occhi indecifrabili.
- Vuoi vedere quello a cui sto lavorando? - mi domanda, porgendomi la mano ossuta per seguirlo.
- Certo - rispondo, senza pensare al fatto che io sia nella casa di un perfetto sconosciuto.
Lo seguo, mentre ci dirigiamo verso una porta in ferro che conduce a un'altra enorme stanza questa volta adibita a suo studio. Ci sono tele, fotografie e statue con pezzi di recupero, è qui che nasce la sua arte.

Continuo a stare dietro di lui, fino a quando non rivela un quadro che mi lascia di stucco.
- Sono io - porto le mani alla bocca per l'incredulità.

Per quale motivo una persona così interessante dovrebbe prendermi come ispirazione per una sua opera?

- Ti piace? - mi chiede quasi esitante, come se il mio giudizio fosse importante.
- È magnifico - mi limito a dire, osservando le mie iridi che sono così dettagliate.
- Non sono sicuro degli occhi - esordisce, avvicinandosi a me e scostando una ciocca scura di capelli - Dovrei osservare meglio i tuoi prima -.

Un'intesa nasce immediatamente, quando gli occhi verdi si incastonano nei miei e sembra voler davvero osservare qualsiasi dettaglio necessario per il quadro affianco a noi.
I nostri nasi si sfiorano e per un secondo anche le nostre labbra, se non fosse che io mi allontano improvvisamente.

La mia mente mi domanda dove sia la fregatura in tutto questo. Da quando un uomo elogia così una donna appena conosciuta? Da quando un uomo riesce tranquillamente a esprimere i suoi sentimenti, senza il bisogno di sotterfugi?
Non quelli che conosco io.

- Vieni - il mio rifiuto pare non averlo però scalfito, considerando che mi invita di nuovo, stringendomi la mano per riattraversare il salotto open space, fino ad arrivare al piccolo balcone decorato con piante e enormi sacchi su cui sedersi di fronte al proiettore.
- Eh io che credevo che avremmo guardato un film con una banale televisione - rido di gusto, vedendo quel piccolo angolo di paradiso che sembra provenire da un altro posto.
- Mi sottovaluti - esordisce con quasi un tono di amarezza nella voce - Non sono da me le cose semplici -.
- L'ho notato -.

Decido di sedermi accanto a lui, mantenendo una certa distanza per rimanere coerente con la mia scelta presa poco prima, malgrado sia difficile resistere a un fascino di questo tipo, ma cerco di concentrarmi sul film.

- Dio è stato stupendo - dico emozionata, nel momento in cui Timothée mi guarda, dopo i titoli di coda, in cerca di una mia approvazione.
Sorride con un cenno di gioia sincero, ma non fa caso alle mie parole. Si alza in piedi, invitandomi a fare lo stesso e stringendomi le mani, inizia a parlare serio - Posa per me Josephine -.
Sembra quasi un ordine.
- Per il quadro che devi finire? - domando lusingata e allo stesso tempo confusa.

- Per quello e per tutti quelli che vorrai -.

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