I hear you knocking

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«Simò se non apri questa porta ti giuro che la sfondo.»

Nessuna risposta.
Manuel sta cercando di convincere Simone ad aprire la porta della sua stanza da almeno trenta minuti, tanto che gli sembra a tratti ridicolo.

«Balestra, apri questa porta.»
Cerca di suonare minaccioso, scandendo bene le parole. Prova anche a battere ripetutamente la mano sul legno, ma il risultato è sempre lo stesso. Simone non apre.

Gli concede una risposta. Almeno sente la sua voce.

«Non apro Manuel, vattene.»

Manuel si è precipitato a casa del più piccolo subito dopo aver parlato con Dante. Quel giorno Simone doveva finalmente ritornare ad allenarsi, e Manuel mentirebbe se dicesse di non aver trascorso l'intero pomeriggio in preda all'ansia che potesse succedergli qualcosa. Non aveva potuto però accompagnarlo, perché quale scusa avrebbe mai potuto giustificarlo? "Oh Simò t'accompagno e te resto pure a guardà perché vivo nel terrore che te succeda qualcosa?"

No, decisamente no.

Nonostante si fossero baciati infatti, parlare di sentimenti è tutt'altra cosa.

Non aveva saputo resistere però, non aveva potuto fare a meno di far promettere a Simone di chiamarlo non appena fosse tornato a casa, per cui dopo cinque chiamate perse e quindici messaggi su whatsapp, aveva chiamato Dante in preda al panico.

Simone non solo non l'aveva chiamato, ma lo stava ignorando, come stava facendo con tutto il resto del mondo da quando era tornato a casa. Aveva detto al padre di non avere fame, e si era chiuso in camera sua, affermando di non voler vedere e sentire nessuno. E questo è quello che lui aveva riferito all'amico del figlio.

Manuel si chiede perché non voglia vederlo. Perché tagliare fuori anche lui?

«Me dici almeno che è successo? Sò preoccupato.»

Chiede appoggiandosi alla porta, incrociando le braccia, ormai rassegnato all'idea di restare lì.

Simone, seduto sul suo letto a contemplarsi le scarpe ancora sporche di fango come un bambino che scopre improvvisamente di avere i piedi, è felice di sapere che c'è qualcuno che si preoccupa per lui, soprattutto se quel qualcuno è Manuel, ma c'è qualcosa che gli impedisce di farsi vedere.

«Mi vergogno Manu, te ne vai per favore?»

«No Simo, non me ne vado, mi sembra di avertelo già detto.»

Il cuore di Simone davvero si scioglie al ricordo di quel pomeriggio, e decide di aprire la porta.

C'è qualche minuto in silenzio, fin quando Manuel non sente la chiave girare nella serratura.

«Posso?» chiede comunque, prima di aprire.
Un'accortezza che scalda il cuore del minore.

«Vieni» gli risponde, con una voce piccolissima.

La scena che si ritrova davanti riporta Manuel a quella sera di Novembre in cui aveva ritrovato quattro cuccioli di gatto abbandonati sul ciglio della strada, soprattutto considerando che davvero non capisce perché Simone sia ancora in parte sporco di fango.
Era solito indossare tutti i vestiti puliti prima di tornare a casa, perché non l'aveva fatto?
Manuel era sempre più preoccupato ma almeno poté constatare che l'altro fosse tutto intero.

Si sede accanto a lui sul letto, gli poggia una mano sul ginocchio, stringendo un po', come in un saluto.

«Oh, Simò, che è successo? Me lo dici?»
«Non lo vedi?»
«No, vedo solo che stai a sporcà tutto de fango, e me chiedo: perché?»
«Perché non mi sono cambiato.»
«E questo o vedo, ma perché non te sei cambiato?»

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