«Ma vedì te dove dovevo annà a capità io.»
«Manuel ma la smetti di lamentarti sempre?»
«Mà, io volevo sta sul divano a fà er cosplay da'a mummia, no nella giungla a fà Dora L'Esploratrice»
Simone scoppia a ridere. Ride così tanto che si ferma costringendo gli altri a fare lo stesso.
«Devo ammettere che sono sorpreso che tu conosca il significato della parola cosplay Manu, sono colpito, ma la giungla? Fuori Roma? Complimenti» aggiunge, mentre riprende fiato, e l'espressione sul volto di Manuel non è meno esilarante delle sue parole.
«Simò accanna pure te e vieni qua, famme appoggià.»
«Ma che te devi appoggià Manu, vieni dall'ospizio?»
«Dall'ospizio» lo scimmiotta Manuel «parli sempre più strano ao.»
Questo battibecco continua fin quando Dante non lo interrompe, richiamando l'attenzione dei due ragazzi.
«Manuel dai, siamo quasi arrivati, non ti ucciderà camminare un po'!»
Lui ed Anita avevano convinto i rispettivi figli ad accettare di trascorrere il weekend di Pasqua in montagna, tutti insieme.
A Manuel non faceva assolutamente impazzire l'idea di stare a contatto con la natura, dover camminare per una quantità spropositata di chilometri e imbattersi magari in chissà quale animale, ma poi aveva riflettuto. Sarebbero partiti venerdì e tornati il lunedì successivo. Quattro giorni ventiquattro ore su ventiquattro con Simone. Aveva subito accettato.
La presenza dell'altro non gli impedisce però di lamentarsi, ed è quello che sta facendo da quando hanno imboccato il sentiero scelto da Dante.
Il professore aveva infatti deciso che un po' di sano trekking sarebbe stato meglio di un viaggio in macchina, per raggiungere il rifugio dove avrebbero alloggiato.
«Professò io non ce vedo niente di sano, glielo dico.»
Simone aveva riso, a lui non importava davvero dove si trovassero o dove fossero diretti, tutto quello che gli interessava era Manuel, e poi era, tra tutti, decisamente quello con la forma fisica migliore, per cui quello non risultava un grande sforzo.
«Io quando arrivamo me metto nel letto e non me alzo più, v'o dico eh.» non tarda a chiarire Manuel, che però si lascia subito convincere da Simone.
«Ma dai Manuel, possiamo andare a vedere le stelle dopo cena, a te piace sempre guardarle quando siamo in giardino, da qui si vedono così bene!» esclama infatti con fare ovvio il più piccolo, e Manuel gli risponderebbe volentieri che a lui delle stelle non è mai fregato niente, e che negli ultimi mesi erano solo una scusa per stare un po' di più con lui prima di tornare a casa la sera.
«E va bene, nnamo a vedè 'ste stelle.»
Il sorriso che si fa largo sul volto dell'altro gli fa pensare di avercele nello stomaco tutte le stelle, di ogni galassia. Ha fatto la cosa giusta, di nuovo. Ci sta riuscendo. È sereno. Lui, Manuel, si sente per la prima volta fiero di sé stesso.
Continuano a camminare, Manuel è stranamente in silenzio, e gli unici suoni udibili sono quelli provenienti dall'ambiente circostante.
Simone sente una strana sensazione, quasi una pace, potrebbe giurare di essere quasi felice, per la prima volta, del fatto che il suo incidente non abbia avuto conseguenze. Lo vorrebbe urlare al mondo, e quindi fa la cosa che, ai suoi occhi, più vi si avvicina: lo dice a Manuel.
Aspetta che quest'ultimo lo affianchi, dato che era l'ultimo di quella specie di fila, e inizia a camminare accanto a lui, prendendo il suo ritmo.
«Manu» quasi sussurra.
