Capitolo 4

18 5 1
                                    

4

Il mondo riapparve agli occhi di Johanna sotto forma di indistinte macchie biancastre. Le ci vollero diversi minuti per capire che stava fissando il soffitto con le sue tetre luci al neon. Aveva in bocca un sapore terribile e un fastidioso dolore alla base del cranio, come se avesse bevuto pessimi alcolici per due giorni interi.

- Hei! Come stai? – le chiese una voce alla sua destra.

Quando si girò in quella direzione, vide attraverso il poliplexiglass del casco il volto sorridente ma tirato di Wlad.

- Di merda... - fu la sintetica risposta della donna.

- Lo immagino... ma il peggio è passato –

- Che cosa è successo? Mi hanno colpita? – chiese lei.

- Non ti ricordi? – le rispose Tawara.

- Cosa dovrei ricordare? –

- Hai contratto il morbo –

- Cazzo... -

- Non ti devi preoccupare... sei la solita bestiaccia dalla pelle dura, e ne sei già venuta fuori –

- Mi stai dicendo che sono già guarita? –

- Proprio così! –

- Com'è possibile? –

- È complicato... te lo spiegherà il Dottor Tremblay... dovrebbe passare a momenti per vedere come stai –

- E gli altri? –

Il sorriso svanì dal viso gioviale di Tawara.

- Wlad dimmi immediatamente che cazzo è successo al resto della squadra! – lo incalzò la donna, alzandosi sui gomiti.

- Stanno tutti bene... tutti tranne Goncalves... lui, lui non ce l'ha fatta... il virus se l'è portato via nel giro di tre ore –

Un violento capogiro costrinse la mercenaria a sdraiarsi nuovamente. Chiuse gli occhi imprecando a voce bassa. Morire faceva parte dei rischi del mestiere, ma questo pensiero, seppur razionale, non aveva mai lenito l'angoscia e il rimorso ogni qualvolta perdeva un membro della compagnia.

- Aiutami a rimettermi in piedi –

- Johanna dovresti riposare –

- Ti ho dato un ordine soldato! –

Wladimir Tawara non disse più niente. Aveva imparato a riconoscere quando un comando del suo superiore non ammetteva repliche. Si adoperò per esaudire la sua richiesta. La donna si mise in piedi, sostenuta dal fido subalterno. Provò una forte vertigine, senza il suo appoggio, sarebbe caduta a terra in malo modo. Rimase ferma qualche istante finché quel fastidioso capogiro si attenuò.

- Portami da lui –

- Sei sicura che... -

- Ora! –

- Va bene... reggiti a me –

I due uscirono da quella stanza privata ricavata alla bene e meglio in un angolo della struttura mediante teli di gomma trasparente. Camminarono fra i moribondi fino all'ala dove erano tenuti i corpi di quelli che non ce l'avevano fatta, una breve sosta prima di essere portati il più velocemente possibile ai forni crematori.

Individuarono subito il corpo di Aaron, l'unico a vestire una Talos. Avevano ripulito il suo viso dal sangue, ma alcune tracce del liquido coagulato erano presenti agli angoli della bocca e degli occhi. Il viso era estremamente pallido ma sereno. Johanna portò istintivamente una mano sulla fronte del giovane ragazzo. Faceva fatica a concepire che tutta l'esuberanza e la voglia di vivere di Goncalves fossero state spazzate via in maniera così repentina.

Fuga da AwasisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora