The Greatest Man I Never Knew

31 2 1
                                    


ᵀᴴᴱ ᴳᴿᴱᴬᵀᴱˢᵀ ᴹᴬᴺ ᴵ ᴺᴱᵛᴱᴿ ᴷᴺᴱᵂ

(Connor & Hank)

(Connor & Hank)

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

•••


Non c'è niente di ospitale nelle mura fredde di una clinica che si prende cura dei malati e, per quanto questa sia una sacrosanta verità, non si pensa a quel fatto sino al momento in cui non ci si ritrova seduti, fuori da una stanza, ad aspettare che qualcuno ti chiami per dirti qualcosa – qualunque cosa. Non c'è molto altro da fare che attendere anche se, accanto a te, su un tavolino molto basso, c'è una rivista con in copertina una bellissima ragazza bionda – umana, androide, ormai non fa nessuna differenza, il mondo è cambiato da un pezzo. Non ti va nemmeno di passare il tempo leggendo le notizie del giorno; non hai voglia di guardare il cellulare, non hai voglia di fermare nessuno per sapere come va la situazione e, men che meno, non ti va di parlare.

Te ne stai lì, zitto, con le mani strette intorno alle ginocchia; un paio di jeans grigio, una camicia a quadri infilata nei pantaloni, un cardigan azzurro e scarpe da ginnastica comode ai piedi. Hai abbandonato la tua vecchia divisa molto tempo fa, e la tieni chiusa in un armadio dove probabilmente vi rimarrà per sempre.

Sospiri, e guardi in basso. Non vuoi incrociare lo sguardo di nessuno, per paura che possano dirti che non è andata bene, che non c'è nessuna buona notizia all'orizzonte è che, alla fine, quello che temevi è successo e non puoi farci niente.

Ripercorri un po' a ritroso quello che è stato, con la memoria fotografica di un computer, e pensi a quanto siano care quelle immagini, e quanto vorresti poterle rivivere all'infinito non solo dentro la tua testa, ma anche fuori. È passato tempo e ora non c'è più tempo, e se questa è l'ironia della vita, non ti piace affatto. Non è così allettante come credevi, vivere. Non lo è, se poi alla fine dovrai dire addio a troppe persone, e tu rimarrai qui, almeno finché i tuoi circuiti reggeranno.

È dura, come lo è stato due anni fa quando avete dovuto salutare Sumo e lo avete seppellito in giardino. Hank non ha fatto altro che portargli regalini, finché la piccola pietra che avete usato come lapide non si è riempita di oggetti molto carini, molto dolci, molto paterni ed è quasi sembrata una cosa diversa, dalla casa eterna di un corpo che probabilmente già non esiste più.

Ci siete stati male, per la morte di Sumo, Hank più di tutti, ma ti ha confessato che non l'avrebbe superata facilmente, se non ci fossi stato tu. Alla fine ti ha accolto in casa sua come un figlio, l'avete divisa  fra le cose che piacciono a lui e quelle che piacciono a te (e hai scoperto che te ne piacciono tante, tutte di tua iniziativa. Tu pensi sia solo suggestione esterna, Hank la chiama anima. Chissà se davvero ne hai una...) e quel nido si è trasformato. È stato bello lavorare insieme a quel progetto, passando le domeniche a falciare il prato e a piantare fiori nuovi – quelli che hanno bisogno di meno cura possibile, perché a Hank non piace il giardinaggio e nemmeno a te, a dire il vero. Però vi siete divertiti, avete spartito quel tempo libero reinventandovi. Hank ha ricominciato a trovare un senso in quell'esistenza, tu hai iniziato a conoscerla. Come essere umano, sebbene non vi sia niente, a parte l'aspetto, che ti renda tale. Eppure... eppure ti senti così, forse è anche colpa delle emozioni che senti. 

The Human Code (Detroit: Become Human)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora