Capitolo 1 - The day we met

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POV: VINCENZO

Era da una buona manciata di minuti che lo fissavo. Scrutavo con estrema attenzione ogni suo singolo movimento, e soprattutto cercavo di cogliere ogni dettaglio del suo corpo: dal colore degli occhi, a come qualche ciuffo di capelli gli cadesse sul viso; a come giocherellava con il braccialetto che aveva al polso destro, torturandolo.

Era arrivato poco prima di me, ma non aveva proferito parola.
Eppure, c'era qualcosa in lui che mi attirava.

L'unica cosa che avevo udito dalla sua voce era un buongiorno che mi aveva rivolto appena ero entrato in negozio. Avevo ricambiato. Poi, nessuno dei due aveva osato parlare all'altro, semplicemente per imbarazzo... alla fine, non eravamo nient'altro che due sconosciuti.

Non ci eravamo nemmeno presentati.

Stavo morendo dalla voglia di sapere il suo nome, curioso com'ero, ma al tempo stesso ero troppo timido per iniziare un discorso, e forse lui era come me.

Mi ero seduto dietro la cassa del negozio, al mio posto. Ero lì per fare il cassiere, infatti.
Pertanto io e lui eravamo colleghi, se così potevo definirci.

Quello era il primo giorno di lavoro per entrambi.

Lui faceva il repartista, e da quando era arrivato non aveva fatto altro che sistemare sugli scaffali la merce in un modo talmente perfetto che mi viene difficile spiegare. Probabilmente era un tipo precisino.

Lo guardavo e provavo ad immaginare che cosa avrei potuto dire per iniziare una conversazione con lui. Ci pensai a lungo, finché il mio disturbo dell'iperattività mi impedì di continuare a stare fermo e in silenzio, così uscii da dietro la cassa e gli andai incontro.
Lui mi dava la spalle, era difronte ad uno scaffale di biscotti e brioches, e li stava sistemando con estrema cura e precisione. Sembrava così concentrato su quello che stava facendo che, pensai, se lo avessi chiamato forse non mi avrebbe neanche dato retta.

Mi poggiai allo scaffale accanto a quello e pronunciai le prime parole che mi passarono per la testa.

«Posso aiutarti?», scandii.

E lui si voltó verso di me.

Quella fu la prima volta in cui i nostri sguardi si intrecciarono.
I suoi occhi azzurri come il cielo si imbatterono nei miei occhi quasi neri. Il cuore prese a battere più forte, non so se per la timidezza o per il primo impatto che lui ebbe su di me.
Era veramente un bellissimo ragazzo, ed i suoi occhi mi catturarono all'istante.

«No, grazie. Ho quasi finito, non preoccuparti», mi rispose, sorridendomi, e la sua voce suonò dolce, con una nota di gentilezza che fece sorridere anche me.

«Piacere, Vincenzo. Ma puoi chiamarmi Vinci», gli porsi la mano e lui ricambiò.
«Io sono Emanuele. Ma puoi chiamarmi Ema», imitò ciò che avevo detto, ed entrambi accennammo una risata.

«Da quanto lavori qui?»
Gli chiesi la prima domanda che mi venne in mente, tanto per iniziare una conversazione.
«Da oggi... è il mio primo giorno di lavoro»
«Oh davvero? Anche il mio»
«Beh, nuovo inizio per entrambi»
«Già»
«Immagino che anche tu non conosca nessuno allora»
«Esatto. Ho conosciuto solo il capo»
«Anche io. Non mi sta molto simpatico»
«Neanche a me. Sembra il classico ragazzo latin lover biondo occhi azzurri con la fila di ragazze dietro»
«Stai insinuando che noi biondi occhi azzurri siamo tutti così?»
«No, no, tu no. Ma sei un caso isolato»
«Dovrei prenderlo come un complimento?»
«Immagino di sì»
Emanuele mi rivolse un sorriso divertito, e quel gesto mi fece sentire a mio agio.

«Vieni, dai, facciamo una pausa. Ti va un caffè?», Emanuele prese l'iniziativa, ed io apprezzai non poco.
«Volentieri»
Ci spostammo verso la macchinetta del caffè, posta nel piccolo magazzino del Cherry Market.
Appena la macchinetta terminò di riempire il bicchierino, Ema me lo porse, insieme ad una bustina di zucchero, che però rifiutai.
«Non lo vuoi lo zucchero?»
«No, lo bevo amaro»
«Ma come fai»
«Con lo zucchero è terribile»
«No, è terribile amaro»
Feci spallucce divertito.
«Tu non lo bevi?», domandai, quando mi accorsi che lui non si era preso un caffè.
«No, non mi piace»
«Ma come! Me l'hai proposto tu e non lo bevi?»
«Te l'ho proposto per cortesia, di solito si offre da bere il caffè, ma questo non vuol dire che piaccia anche a me»
«E cosa bevi?»
«Un bicchiere di succo d'ananas»
«Bleh»
«Guarda che la frutta fa molto più bene del caffè»
«Eh allora preferisco stare male»
«Cretino»
«Cretino», ricambiai.
Emanuele si apprestò ad aprire il mini frigobar posto lì in magazzino, per poi estrarne una bottiglietta di plastica gialla.
Poi, prese un bicchiere di carta dalla macchinetta del caffè, e ci versò il succo.
«A questo punto, cin cin», esordii, facendo scontrare il mio bicchierino di caffè contro il suo di succo d'ananas.
«Brindiamo?»
«A cosa?»
«Al fatto che ci siamo conosciuti»
«Va bene... allora, ad Ema e Vinci, che si sono appena conosciuti»
«Ad Ema e Vinci, che si sono appena conosciuti e sono già diventati amici», replicò Ema.
Ed automaticamente, sorrisi.

Cherry (Dei Tropici)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora