3. «Abbracciati nella notte.»

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Dopo la chiacchierata, o meglio, monologo che quel ragazzo bellissimo aveva tentato di avere con me, mi ero deciso a rimanere dieci minuti seduto al tavolo a fissare le goccioline di condensa scendere dal calice che mi aveva portato e bagnare la t...

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Dopo la chiacchierata, o meglio, monologo che quel ragazzo bellissimo aveva tentato di avere con me, mi ero deciso a rimanere dieci minuti seduto al tavolo a fissare le goccioline di condensa scendere dal calice che mi aveva portato e bagnare la tovaglia in cotone sotto di esso.

La ragazza al tavolo con me si era alzata e se ne era andata senza dirmi dove e neanche mi importava saperlo. Era di troppo ed era stato un bene che lo avesse capito.

Ero rimasto seduto cercando di metabolizzare, di capire cosa fosse realmente successo solo pochi secondi prima e dove, il ragazzo dei miei sogni, avrebbe voluto incontrarmi nel giro di un'ora.

Avevo pensato e ripensato e fu così che mi trovai in cima ad una collina nell'immenso parco della villa, sotto ad un albero enorme, appoggiato al tronco proprio come nel mio sogno.

Se fosse stato davvero lui avrebbe saputo dove trovarmi; quella era la frase che continuavo a ripetermi per convincermi che non ero uno stupido imbecille.

E se non fosse stato lui? Bloccai immediatamente quel pensiero perché, per una volta, avrei voluto che non mi sfiorasse neanche un po'.

E se fosse stato lui? Finalmente avrei potuto raccontargli tutto, avrei potuto rivolgergli ogni domanda, anche la più stupida e avrei avuto le mie risposte. Avrei saputo il suo nome, gli avrei chiesto il perché lo avessi incontrato ogni volta nei sogni, gli avrei domandato cosa facesse nella vita e se anche lui mi sognasse. Certo, sicuramente gliele avrei poste con un ordine sensato quelle domande.

La notte mi stava abbracciando e c'era un leggerissimo venticello caldo che mi scompigliava i capelli. Guardai la luna sopra di me e non potei che pensare a quanto fosse bella quella sera. Forse era un segno del destino. Pregai che fosse davvero lui e non un pazzo omicida, anche perché eravamo così tanto distanti dalla villa che nessuno mi avrebbe sentito urlare.

Il rumore di alcuni passi sul prato catturò la mia attenzione e, diamine, avrei voluto che l'avesse catturata per sempre.

«Sapevo fosse il posto giusto.» dissi osservandolo sorridermi e incamminarsi verso di me.

«E come avresti potuto non saperlo? Ci troviamo sotto questo albero quasi ogni notte da circa quindici anni. Lo avresti trovato anche ad occhi chiusi. Ti avrei trovato ovunque, Jungkook.» sorrisi imbarazzato e tremendamente lusingato per le sue parole.

Per la prima volta riuscii a sorridergli guardandolo dritto in viso. Era troppo lontano da me per poter constatare, ancora, il colore dei suoi occhi e il profumo della sua pelle, ma finalmente potevo vederlo di nuovo in viso e diamine, era bellissimo.

Era ancor più bello di quanto la mia mente avesse mai potuto immaginare o notare poco prima.

«Quindi ti chiami Jungkook.» si avvicinò e mi porse la mano «Io sono Taehyung.» e io non potei fare altro che notare la bellezza della sua mano. Era molto grande, magra e di un colore simile al miele. Le vene spiccavano maestose su di essa e, al tatto, era morbida e liscia. Sembrava quasi passasse ore a mettersi la crema.

Bibilly Hills || TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora