Capitolo 1

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Spostò lo sguardo in basso al bicchiere nella sua mano, il cubetto si muoveva al suo interno mentre si portò il bicchiere alle labbra e ne prese un lento sorso, lasciando che l'alcol bruciasse giù per la gola.

"Licenzialo allora," disse.

"Ma signor-"

"Non farà il lavoro nel modo in cui voglio venga fatto. Licenzialo."

Non aveva bisogno di girarsi dal guardare dalla grande finestra la città sottostante per sapere che la segretaria avesse lasciato la stanza, in quanto i suoi tacchi riecheggiavano sui pavimenti duri mentre camminava.

Il direttore mantenne i suoi occhi fissi sulla città sottostante. Le persone, che sembravano formiche dall'altezza a cui egli si trovava, camminavano vicino all'edificio senza preoccupazioni. E lui era lì, sopra tutti, questa città nel palmo della sua mano. Tuttavia, egli desiderava ardentemente essere laggiù. Senza il completo stretto, fuori dal suo ufficio con le spalle libere da ogni peso per almeno qualche ora.

Tre riunioni, un altro bicchiere di whiskey e altre due persone licenziate dopo uscì. La cravatta era allentata intorno al suo collo e i suoi piedi procedevano sul marciapiede ad un ritmo sostenuto, mentre camminava tra tutte le altre persone.

Occhi indagatori lo fissavano, alcuni più di una volta dopo averlo riconosciuto e tutto quello che il direttore poteva chiedersi era cosa stessero pensando quando capivano che fosse lui. Le parole "schizzato", "senza cuore", "assetato di potere" e "ossessionato dal lavoro" erano senza dubbio nella sua mente alcune delle espressioni più usate per definirlo. Almeno questo era come alla rivista "Time" era piaciuto definirlo nell'ultima settimana. Non che si sbagliassero più di tanto.

E mentre camminava lungo le strade affollate, i suoi pensieri giravano attorno a questi nomi, con il pensiero di essere sempre stato marchiato in questo modo.

I suoi piedi lo portarono verso dove egli aveva bisogno di andare, la stessa strada ogni giorno per gli ultimi due anni. Le sue dita si strinsero attorno al freddo pomello di metallo prima di aprire la porta con il suono delle grida dei bambini che lo accolsero.

Fortunatamente non fu difficile trovarla. Gli occhi azzurri e luminosi di sua figlia incontrarono immediatamente i suoi prima che corresse attraverso la stanza verso le sue braccia.

Era questo. Era lei che lo rendeva sereno. Anche se era solo per alcuni minuti prima che i suoi pensieri tornassero ad affliggerlo, per quel tempo non si sentiva come un direttore. Si sentiva come un padre amorevole e premuroso, come l'uomo che desiderava poter essere sempre. Ma non passò molto tempo dopo aver lasciato l'asilo che già non si sentì più come quell'uomo. Anche con la piccola mano di sua figlia intrecciata a due sue dita, c'erano ancora gli sguardi che le persone gli rivolgevano. C'erano ancora i nomi con cui la gente lo giudicava che sembravano essere stampati sulla sua fronte.

Ma mentre passeggiavano per il parco come facevano di solito, li ignorò tutti. Si concentrò completamente sulla bambina di tre anni al suo fianco, che parlava a raffica della sua giornata. E tutto quello che poté fare fu sorridere e annuire mentre lei continuava senza permettergli di intervenire.

La sua innocenza era qualcosa che invidiava più di tutto. Il modo in cui non si preoccupava di niente, quanto libera e felice era, come se niente potesse andar male.

Non fu prima che arrivassero all'entrata dello zoo di Central Park che lei smise di parlare, tirando invece la sua mano e quasi trascinandolo lungo il sentiero del parco.

Non chiese perché lo stesse trascinando, i suoi piedi già sapevano dove andare dal momento che era una routine da due anni ormai. E solo il pensiero che fossero già a quel punto fece aprire sul suo volto un piccolo sorriso.

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