18/03/2020Quanto sono importanti i ricordi? Forse fin troppo per me che non ho vissuto abbastanza, almeno spero.
Voglio iniziare a scrivere, a parlare di me, a parlare di ciò che mi circonda, ma richiede tempo e io sono una persona pigra. Eppure credo che scrivere sia una passatempo troppo bello per privarmene.
Non scrivo da tanto, siamo in un momento brutto che si trasformerà in un periodo altrettanto brutto. I tempi del coronavirus, la pandemia che ha contagiato l’intero globo.
Che situazione eh?
Io sono seduta nella mia stanza al caldo in piena salute, ma stavolta l’unica cosa di cui devo preoccuparmi non è la scuola, no quella è l’ultima cosa.
I voti, lo studio, la maturità non importano più adesso.Fuori la gente sta morendo. E intendo letteralmente fuori casa mia. Non è lontano il casino.
È qua, ci sono dentro.
I telegiornali ci bombardano di terribili notizie, i dottori fanno appello ancora una volta al buon senso dei cittadini, i sindaci ci obbligano a rimanere a casa.Le ambulanze passano e io nemmeno le sento, sono distaccata ma allo stesso tempo sono qui.
Oggi abbiamo visto un film io e i miei. È finito presto, abbiamo cambiato canale. La realtà mi ha colpita come l’asteroide il prossimo aprile. “mamma cambia canale, non mi piace questo film”.
Sono chiusa in casa da undici giorni. Sono uscita con D. undici giorni fa con la scusa di fare la spesa, ora non me la sento nemmeno di mettere piede sul balcone.
Quante persone staranno scrivendo quello che stanno passando in questi giorni; persone con molta più esperienza di me, capacità di scrittura migliori, quante persone pubblicheranno libri su ciò che è successo.
Stiamo facendo parte della storia, già lo eravamo ma ora ci ricorderanno, si ricorderanno e ci ricorderemo di tutto ciò, ma per favore, se c’è davvero qualcuno lassù che sta osservando dall’alto la situazione, che vede con i suoi occhi il dolore, la paura, la preoccupazione nei nostri occhi, abbi pietà.
Questo film è durato abbastanza.27/03/2020
È passato un altro giorno. Forse il peggiore in questo periodo difficile, per me e per l’Italia.
La giornata è stata abbastanza insignificante: distesa sul letto, guardando una serie tv per ben cinque ore e il solito rumore familiare delle sirene che ti fa ricordare immediatamente il motivo per cui tu sia rinchiusa in casa da ben due settimane.
Ma ciò che ti risveglia veramente è ciò che avviene ogni giorno, ormai da un mese, ad una specifica ora; è un evento a cui non vuoi mancare, non puoi saltarlo perché è fondamentale, almeno per me: i dati della protezione civile.
Mi siedo sul divano, Borrelli inizia il suo discorso con i soliti 5 minuti di ritardo parlando del numero di guariti, poi arrivando ad annunciarci il numero di morti di quel giorno. Eravamo abituati a numeri come 400, 500, 600, anche 700. Ma non 900. No. Quelle sono vere persone. Non sono semplicemente numeri. Dietro a quelle percentuali, quelle crescite esponenziali, quelle parabole, ci sono vite, ci sono famiglie, ci sono nonni, mogli, padri, figli, sorelle, fratelli, amici, vicini.
Il collegamento con la protezione civile grazie a “la vita in diretta” dura poco meno di cinque minuti: contagi, guariti e decessi, tutto il resto non è importante.
Mi alzo dal divano, un po’ scossa, un po’incredula, chiudo la porta di camera mia alle spalle. Fuori inizia a farsi buio e la mia stanza odora di smalto e puzzo di chiuso.
Apro la finestra. Non è la prima volta che mi pare di sentire in lontananza melodie cantate dai balconi e devo ammettere che mi piace, ti ricorda che non è solo la tua famiglia ad affrontare quella situazione, non sei solo tu, i giornalisti e quelle 10.000 persone che non ce l’hanno fatta.“viva la libertà, viva la libertà” erano le parole che udivo dalla finestra, una semplice canzone di Jovanotti, associata all’estate, alla felicità, alla spensieratezza. Non avrei mai pensato di poter associare quella canzone ad un momento del genere, non potevo immaginarmi che avrei vissuto un momento così, nessuno poteva.
Mi sono seduta su quello strano recipiente verde col coperchio blu contenente vecchi peluches e qualche borsa e mi sono soffermata ad ascoltare quell’inno alla libertà.Volevo piangere, era il mio obiettivo di quella giornata, volevo sfogarmi e più di ogni altra cosa volevo urlare. Ho appoggiato il mio mento sul palmo della mano e ho osservato per diversi minuti la zanzariera, senza guardare veramente cosa c'era oltre.
Riuscivo a capire da dove veniva quella musica ma non ero soddisfatta, ero invidiosa, volevo vedere da che balcone proveniva; perché la mia via non prende mai nessuna iniziativa?Ma allo stesso tempo ero grata di poter sentire anche lievemente Jovanotti, di unirmi a quei balconi, a quelle persone che come me pensavano “che bella scelta, è la giusta canzone per una situazione come questa”.
Riuscii nel mio intento: diverse lacrime solcarono il mio viso mentre stavo là seduta, in isolamento, alle 18:30 il 27 marzo 2020.
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Non preoccuparti
General FictionDall'inizio della quarantena l'unico modo per fuggire era attraverso la scrittura e per la prima volta mi focalizzai sulla persona più importante della mia vita. Me stessa. Racconto di una ragazza bloccata in camera sua per mesi e incatenata al pass...