parte 4: un brutto presagio

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(Fort Sumter; Charleston)

I ragni avevano sconvolto Annabeth più di quanto volesse ammettere a se stessa.

Odiava sentirsi così maledettamente vulnerabile, ma quegli insulsi esseri pelosi riuscivano a terrorizzarla in modi che non credeva possibili.

Come se non bastasse, tutta la faccenda del Marchio di Atena le stava mettendo un'assurda angoscia addosso, un'ansia che avrebbe voluto cacciare nei meandri più oscuri della sua mente, ma sapeva che non sarebbe stato possibile. Se non altro sua madre era stata chiara: "segui il Marchio di Atena. Vendicami"

Come se lei avesse tempo per andare alla ricerca di una stupida statua e non avesse questioni più urgenti da affrontare, come la fine del mondo!

Al momento, infatti, era piuttosto impegnata a non morire. 

Viveva da giorni con il terrore di veder spuntare una lancia infuocata o di venire trapassata da una spada.

Le ultime parole di Chirone le lasciavano l'amaro in bocca e un'assurda voglia di darsela a gambe ogni volta che vedeva l'elsa di un pugnale.

E cosa ancora peggiore, l'equipaggio dell'Argo II se n'era accorto: ogni volta che trasaliva o sussultava in presenza di un'arma, loro si scambiavano occhiate di sottecchi. Chissà cosa dovevano pensare di una figlia di Atena che aveva paura di andare in battaglia, soprattutto dopo il modo in cui Percy l'aveva descritta a Frank e Hazel.

Ma quello che le faceva rimpiangere ogni secondo di essere una codarda, era che anche Percy se n'era accorto prima ancora che lo facessero tutti gli altri. Aveva capito che qualcosa non quadrava. Lo sospettava a Nuova Roma e lo sospettava adesso che erano in viaggio per raggiungere l'Italia.

Le si attorcigliava lo stomaco ogni volta che la guardava prima di prendere in mano Vortice, come a volere un muto consenso da parte sua, ogni volta che dopo uno scontro le andava vicino e le chiedeva se stesse bene controllando scrupolosamente che non avesse niente di rotto, e soprattutto ogni volta che si accennava al Marchio di Atena.

La moneta nella sua tasca si era fatta bollente. Avrebbe voluto dare la colpa di tutto questo a sua madre, per averle scaricato un peso eccessivo sulle spalle, un peso ben peggiore di quello del cielo.

Eppure Annabeth sapeva bene che, per quando l'odiasse, la colpa non era tutta di Atena.
In parte era di Luke.

Odiava Luke almeno quanto odiava sua madre, anche se gli aveva fatto capire di avergli perdonato la questione di Crono. Non nutriva più rancore verso di lui e di certo non lo amava. Il loro era più un rapporto Amore-Odio. 

Ma Luke era rimasto con lei, si aggirava silenziosamente per la nave e ogni volta che se lo vedeva comparire davanti lanciava un urlo strozzato.

Odiava pure vedere che i suoi amici avevano pietà di lei. L'unica a non considerarla pazza era Piper, già al corrente di tutta la storia, e tentava sempre di parlare in suo favore in presenza degli altri. Ma non era facile credere a un fantasma quando il fantasma non lo si vedeva. A tutto c'era un limite.
Piper non lo avrebbe mai detto ad alta voce, Annabeth lo sapeva, ma si vedeva che anche lei non ne poteva più dei suoi sbalzi di terrore.

Se Luke era davvero un presagio di morte allora Annabeth poteva già considerarsi spacciata.

A cominciare dai ragni e dalla voce di Aracne che avevano provato a farla fuori e che per poco non c'erano riusciti. Maledetto Marchio di Atena!

Al momento, però, autocommiserarsi sul passato, non le sarebbe stato di conforto e di certo non l'avrebbe aiutata a salvare i suoi amici dall'attacco a Fort Sumter.

𝗤𝘂𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗶 𝘃𝗲𝗱𝗲 |Percy Jackson|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora