🌓 Capitolo 7 🌓

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«La ringrazio tantissimo per il suo aiuto signor McCracken».
Dissi zoppicando mentre mi dirigevo a fatica verso la porta di casa. Le stampelle che avevo conquistato in ospedale più che facilitare la mia deambulazione sembravano ostacolarla.

«Non ringraziare me, ringrazia quella vecchiaccia della tua titolare. È lei che ha insistito così tanto».

«Beh, però ha comunque accettato, quindi la ringrazio lo stesso».

«Come vuoi».

Il signor McCracken richiuse dietro di sé la portiera della sua vettura sbuffando e si allacciò la cintura di sicurezza; si trattava di una macchina obsoleta, risalente ai primi anni 80, con una marmitta pencolante e il colore della vernice, un tempo di un bel verde smeraldo, scrostato.
Mi guardai indietro e ripensai alla strana mattinata che avevo vissuto...
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La signora Agnew, dopo essermi venuta a visitare il giorno precedente e visto lo stato della mia caviglia, allertò il signor McCracken non appena tornò in negozio chiedendogli di portarmi il più velocemente possibile in ospedale.
Me lo ritrovai dinanzi la porta di casa l'ora conseguente alla visita della signora Agnew, mentre batteva il piede a terra visibilmente scocciato, ma al tempo stesso con un guizzo di preoccupazione negli occhi.

Non sembrava per niente entusiasta all'idea di sacrificare un'intera mattinata per la mia caviglia.

Per il signor McCracken non fu molto facile riuscire a depositarmi all'interno del suo vecchio abitacolo.
Nonostante l'anzianità era un omaccione forzuto, forgiato da mille e più battaglie con il mare, ma era basso, molto basso, e nel momento stesso in cui provò a prendermi in braccio il mio sedere quasi toccò terra.

Un'immagine decisamente ridicola, ben diversa rispetto all'esperienza avuta con Aaron la sera precedente.
Ripensavo in continuazione alle sue braccia, a come mi avessero sostenuta con dura fermezza.
Il mio corpo tra le sue mani era saldo, ben protetto.
Aaron era alto, forte, resistente.
Sarebbe riuscito a trasportarmi fino all'ospedale più vicino a piedi, senza alcuno sforzo.

Purtroppo, però, in quel momento Aaron non c'era e, non potendo contare su di lui, dovevo accontentarmi dell'aiuto appioppatomi dalla signora Agnew.

Chiesi a quella buon'anima del signor McCracken di poggiarmi a terra - anche perché la sua schiena iniziava a scrocchiare pericolosamente - e iniziai a saltellare sull'altro piede, quello buono, per tutto il tragitto che mi separava dalla sua macchina, durante il quale io e il signor McCracken scambiammo giusto qualche parola di circostanza. 
Era un uomo buono, ma non amava molto stare in compagnia a meno che non dovesse lamentarsi di qualcosa.

Il suo cipiglio a volte mi intimoriva, tuttavia, se qualcuno della comunità aveva bisogno di una mano, il signor McCracken dopo qualche insistenza alla lunga cedeva mostrandosi sempre disponibile.
Tutto sommato, in fondo in fondo, era contento di poter essere d'aiuto.

Personalmente, pur di non scomodarlo, avrei preferito di gran lunga essere accompagnata da Susan Rankine, ma sfortunatamente si trovava a Glasgow per l'università.
Gli adulti di Barr, invece, in mezzo alla settimana lavoravano tutti fuori città, mentre gli altri anziani, beh... non erano esattamente l'ideale come accompagnatori.

Il signor McCracken era l'unica opzione che avevo per arrivare sana e salva in ospedale.
Per questo la signora Agnew chiese aiuto specificatamente a lui.

Quando arrivammo in ospedale, il signor McCracken si sistemò su una scomoda sedia traforata in attesa del mio ritorno.
Venni accolta da dei medici competenti, che esaminarono la mia caviglia e le mie altre ferite con meticolosità, sciogliendo le garze con cui mi aveva avvolta Aaron la sera prima, per poi sottopormi a una radiografia.

Moon Night: NOVILUNIUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora