🌖 Capitolo 10 🌖

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Le nuvole fitte e grigiastre oscuravano totalmente la luna quella sera, mentre fuori imperversava la tempesta.

Il vento urlava, i fulmini squarciavano il cielo e Billy, completamente terrorizzato, si era rifugiato sotto le mie coperte alla ricerca di conforto.

Gli diedi un buffetto e continuai pigramente la mia lettura; mancavano poche pagine alla fine della storia e solo allora mi sarei coricata a letto.

Dopo una mezz'oretta poggiai finalmente il romanzo sulla scrivania e spensi la luce lasciando sprofondare la mia camera nelle tenebre.

Il signor McCracken, qualche giorno dopo la litigata con Aaron, realizzando che le due settimane di prognosi erano ormai volte al termine, mi portò nuovamente in ospedale dove i medici poterono constatare, con mia somma felicità, la guarigione della mia caviglia.

La signora Agnew saltò dalla gioia quando le comunicai la notizia e mi chiese di tornare in negozio con lei il prima possibile.
Sospettavo si annoiasse tremendamente senza di me, e come darle torto!
Del resto, ci eravamo abituate tanto l'una all'altra.

Nonostante la mia contentezza qualcosa però non andava da giorni. Ero in uno stato di ipervigilanza e i miei sensi erano del tutto allertati. Era ansia.

Non mi sentivo così da quando lavoravo ancora in quel brutto edificio grigio a Londra, senza colori, senza emozioni. Non mi sentivo così da quando quella vita frenetica faceva ancora parte di me.

I miei genitori, in quei miei momenti di sconforto, erano veramente preoccupati: la notte non dormivo e gli occhi, rossi in un mix di deprivazione del sonno e infinite ore passate davanti al computer, quasi mi uscivano fuori dalle orbite.

Dire basta e andarmene fu la decisione più coraggiosa che presi nella mia vita.
La mia salute era più importante di qualsiasi affetto che avrei, per forza di cose, lasciato indietro.

A Barr presi finalmente in mano la mia vita e, nonostante non venni mai perdonata da alcuni dei miei ex amici e familiari che mi accusavano di essere letteralmente scappata, ritrovai il mio equilibrio.

Era stato così per un anno intero, ma adesso questo equilibrio stava venendo meno.
Mi chiesi il perché di tutto ciò, ma la risposta non tardò ad arrivare.

Degli occhi arancioni si materializzarono nei miei pensieri: grandi e vividi come fossero lì per davvero.
Aaron!
Ma certo. Sapevo perfettamente qual era il problema.

Da quando si era insediato nella nostra comunità aveva portato solo guai. Avevano ragione tutti: la signora Agnew, il signor McCracken, la signora Hislop.

Ma io ero cocciuta e i sentimenti ambivalenti che provavo nei suoi confronti servivano solo a confondermi. Quasi dovevo ringraziarlo per essersi comportato da maleducato con me.

Quel suo rifiuto serviva a mettere le cose in chiaro tra di noi.
Bene così! Lo tratterò con indifferenza tutte le volte che entrerà in negozio.
Una soluzione pratica, ma non efficace. La mia razionalità parlava chiaro, ma le mie emozioni denunciavano come quella situazione fosse per me destabilizzante.

Provai a dormire, per scacciare Aaron dai miei pensieri.
Passarono ore, ma il sonno proprio non accennava ad arrivare; troppa era la tensione che provavo all'aspettativa di tornare a lavoro per poi ritrovarmelo tra i piedi.

Moon Night: NOVILUNIUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora