ᵇᵃˡᶜᵒⁿʸ

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Il rosso si era svegliato riluttante, posticipando l'orario sulla sveglia un paio di volte, forse una decina.

Rimase a crogiolarsi tra le lenzuola per venti minuti buoni, ignorando il frastuono assordante della sfera metallica, che faceva vibrare il comodino di fianco al letto. Dopo poco la spense e si tirò su con le braccia nell'intento di alzarsi, gli occhi vitrei impastati dal sonno non riuscivano ancora a vedere normalmente.

Non si preoccupò neanche di urlare dalla sua stanza all'altra, per verificare che Dazai fosse ancora in casa. Ma d'altronde cosa gli importava, poteva anche morire nel sonno per quanto gli riguardasse.

Nonostante i sentimenti contrastanti di quella mattina, decise comunque di accendere il telefono, venendo investito dalla luce chiara dello schermo.

Lì, si accorse che il castano gli avesse già mandato un messaggio, il pollice magro del rosso si lasciò cadere sul freddo schermo per aprirlo.

6:48 a.m.
Ti ho messo la colazione sul tavolo, mangiala o mi incazzo

6:51 a.m.
Forse tornerò tardi

6:51 a.m.
Vedi di non sentire la mia mancanza

Non ebbe nemmeno la voglia di rispondergli, si alzò e tra uno sbadiglio e l'altro fece quanto detto, recandosi in cucina e trovando quella calda colazione ad attenderlo. Nonostante l'avesse preparata Dazai, non sembrava così male.

Si sedette lentamente al tavolo ed addentò senza ripensamenti ciò che il castano gli aveva preparato, e si sorprese per quanto fosse buono. Non sapeva nemmeno decifrare cosa fosse, un po' per il sonno e un po' perché non era una forma ben definita, ma gli bastava che fosse buono e gli sarebbe andata bene qualunque cosa.

Si grattò il mento con l'indice, pensante, non sapendo perché Osamu fosse così "gentile" nei suoi confronti.

Oddio, quello non credo sia un aggettivo adatto a descrivere il suo carattere e ciò che dimostrasse a Chuuya, ma si comportava decisamente meglio rispetto a tanti anni fa.

Si convinse del fatto dell'età, che fosse cresciuto e maturato, che non fosse più il moccioso quindicenne che amava battibeccare con il rosso.

Finì di mangiare e si alzò controvoglia dalla sedia, decidendo di recarsi fuori, nel balcone di quell'appartamento per schiarirsi le idee e per svegliarsi un po'.

Osamu camminava a passo rapido fuori dall'ufficio dell'agenzia, non sapendo neanche perché fosse così furibondo.

Anzi, forse lo sapeva. Si era innervosito perché il suo collega aveva cercato di avvertirlo su quanto stare con Chuuya fosse pericoloso, cosa della quale era già al corrente e non necessitava spiegazioni.

Strinse i pugni mentre camminava, un piede davanti l'altro, velocemente, con un volto dallo sguardo tagliente che si nascondeva sotto i ciuffi bruni.

Nakahara buttò fuori il fumo acre che si era infiltrato nei suoi polmoni, osservando la cartina bruciare con occhi stanchi.

Non era nervoso, però stava fumando ugualmente per ammazzare il tempo, nonostante sapesse fosse una cattiva abitudine che non avrebbe dovuto intraprendere.

Osservava la città dalla vista accessibile dal balcone: il vento giocava con i riccioli fulvi, che danzavano nell'aria insieme ai panneggi delle vesti corvine del rosso, ancora in quello che sembrava un pigiama, il quale non era nemmeno suo.

Inspirò ancora il fumo grigiastro, assaporando la nicotina che sembrava imbrattargli i vestiti di quel suo amaro sapore.

Gli occhi cerulei si incantarono verso un punto nel cielo, offuscandogli la vista, facendolo rimanere immobile per un po', in compagnia del bruciare della sigaretta.

Nel mentre, silenziosamente, il castano rincasò più presto del previsto. Si sistemò senza che l'altro se ne accorse, perché infatti quest ultimo non era presente nell'appartamento.

Notò il vento entrare dalla cucina, odorando uno strano sapore troppo familiare, fin quando non si accorse che la finestra che dava accesso al largo balcone fosse aperta, e decise di andare a controllare in caso qualcuno lì fosse presente.

Ad accoglierlo ci fu la schiena robusta di Nakahara, impegnata a maneggiare la sigaretta senza nemmeno riprovare a mettersela tra le labbra, lasciandola ormai consumarsi fino alla sua morte.

Non lo salutò, poiché non voleva rovinare il suo momento di serenità interiore, ma fu Chuuya a voltarsi verso di lui.

"Non avevi detto che saresti tornato tardi?"

"Mi sono preso il giorno libero, ho avuto un battibecco con un mio collega."

Dopo aver confessato, il castano afferrò con le mani la ferrea balaustra, dando le spalle al cielo, in direzione opposta alla quale si trovava il rosso in quel momento.

"Chi? Kunikida?"

Osamu annuì in risposta a quel quesito, non sapendo però come facesse a conoscerlo.

"Come fai a sapere di lui?"

"Vi ho visti insieme un paio di volte nel corso dei mesi, e ti sbraitava contro per la maggior parte di esse."

Nakahara sospirò all'unisono dello spegnersi della sigaretta, che sperava fosse l'ultima della giornata. In risposta Osamu rise, accorgendosi di quanto non solo il più basso fosse aggressivo nei suoi confronti.

"Forse il problema sarò io allora?"

Dichiarò con tono teatrale, si vedeva da lontano un miglio che non poteva in nessun modo esser preso seriamente.

"Ad ogni modo, piaciuta la colazione?"

"Era stranamente molto buona, mi avrai sicuramente avvelenato."

Chuuya lanciò un occhiata sospettosa in direzione dell'altro, che assunse uno sguardo innocente e credibile, facendo successivamente calmare le acque.

"Mi hai fatto un complimento involontario, ne sono felice."

"Cucini da schifo allora."

Dopo un attimo di silenzio, entrambi scoppiarono a ridere insieme, apparentemente senza un motivo e per qualcosa che in sé non avrebbe mai fatto ridere nessuno, se non loro due.

Osamu non aveva afferrato di non essere l'unico a star ridendo in quel momento, poiché aveva distolto lo sguardo, ma nel momento esatto in cui sentì la voce dell'altro il suo viso assunse un aria soddisfatta.

"Non sapevo fossi capace di ridere anche tu, Chuuya."

匚ㄖ尺尺ㄩ卩ㄒ乇ᗪ // sᴏᴜᴋᴏᴋᴜDove le storie prendono vita. Scoprilo ora