Il passato deve restare nel passato

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Le urla ancora echeggiavano nel suo ufficio.

Erano passate settimane eppure a lui sembravano solo pochi minuti.

Il mago sedeva alla sua scrivania sgombra, questa volta, da carte amministrative e quotidiani che potevano distrarlo da quello che lei gli aveva detto. Anzi urlato in faccia, con le lacrime che le rigavano le guance senza vergognarsi di mostrarsi debole, indifesa e gelosa.

Con un sospiro si passò una mano sul volto e osservò la sedia dietro la scrivania dove qualche settimana prima si era seduta, rigida e furiosa mentre torturava il polsino di una camicetta babbana. Abiti che indossava sempre prima di lasciare Hogwarts per le vacanze estive.

La scuola era silenziosa ormai da giorni, gli studenti erano tornati a casa e i professori stavano lasciando il castello uno dopo l'altro.

Gli unici che lasciavano la scuola solo per un breve periodo erano lui, Pomona e Minerva.

Pomona doveva badare alle serre. Minerva usava la scusa dell'età e lui passava sempre meno tempo nella sua casa a Spinner's End.

La stava lentamente abbandonando, ormai la considerava solo un monumento allo squallore del suo passato.

L'uomo spostò lo sguardo sulla busta che aveva preparato la sera prima.

Alla fine Minerva gli aveva fatto capire che era ora di lasciarla andare, di andare avanti e vivere come meritava.

Gli aveva aperto gli occhi; eppure chiudere quella busta era stata una delle cose più difficili che avesse mai fatto.

E la sua lista era molto, molto lunga.

Ma Minerva sapeva tutto, vedeva molto più di quello che lui riusciva a capire, anche di se stesso; soprattutto di se stesso.

Il mago prese in mano la busta e la rigirò tra le mani; Hermione l'aveva trovata per caso, sfogliando un vecchio libro.

Non aveva creduto alla sue parole, al fatto che non sfogliava quel libro – lo stesso dove aveva riposto quella parte della sua vita - da molto tempo.

Non aveva creduto a quella storia. Come avrebbe potuto?

Alla fine tra le urla, gli insulti e le lacrime aveva sbattuto il suo passato sulla scrivania dicendogli che non avrebbe lottato contro i suoi fantasmi se lui non era al suo fianco.

Non le aveva risposto. Anzi le aveva detto che era solo una ragazzina. Che lei non capiva. Che non avrebbe mai capito.

Gli aveva urlato che era solo uno stronzo bastardo che aveva giocato con il suo cuore e il suo corpo, poi se n'era andata sbattendo la porta.

Una pugnalata dritta al cuore.

Era partita quello stesso giorno e lui non l'aveva fermata.

Dopo settimane di mal umore Minerva l'aveva sgridato come se fosse un bambino. Con estenuante insistenza si era fatta spiegare la situazione e poi gli aveva detto che era lui il ragazzino e che avrebbe dovuto seguire il suo cuore, invece di rincorrere il ricordo sbiadito di quello che non era più. Anzi di quello che non era mai stato.

Aveva chiesto aiuto anche a Silente, ma lui si era limitato a sospirare e mormorare una sola frase:

- Il passato deve restare nel passato.

Da quel momento non aveva più parlato, aveva fatto finta di dormire oppure spariva oltre la cornice per giorni lasciandolo solo con i suoi pensieri e quel passato ancora sulla scrivania che lo fissava.

L'orologio sul camino spento batté otto colpi riportandolo alla realtà.

Il mago picchiettò la busta sulla scrivania con delicatezza, poi la fece sparire in una tasca interna del mantello.

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