Post-it giallo.

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NOTA INIZIALI:
Non sono brava nelle presentazioni, quindi salterò volutamente questa parte, chissà magari un giorno saprete altro di me. Alcune cose però le potrete capire e intuire nel corso della storia, se mai vorreste leggerla.

Un grazie che devo scrivere necessariamente è per Scilla, grazie perché questa storia è tua quanto mia. Sei l'artefice di questo flusso di parole e spero di non deluderti, di non scocciarti con i tanti messaggi che ti mando e soprattutto ti prego, continua ad ispirarmi. Grazie davvero.

Ci tengo a precisare infine che è una storia iniziata un po' a caso, davvero, non ho mai scritto e non so se possa mai piacere, quindi aggiornatemi se è una schifezza.
Vi lascio alla storia. Non siate cattivi nei commenti... o forse sì.

ULTIMO AVVISO: tratta di argomenti molto delicati, come descrizione di patologie, attacchi di panico, senso di inferiorità e molto altro. Quindi per favore, se siete sensibili e non ve la sentite non leggete, pensate alla vostra salute, e prendetevi cura di voi stessi, sappiate che nessuno lo farà per voi.

amatevi.
M.

È notte fonda.
Intorno a lui c'è talmente tanto silenzio che paradossalmente l'azione di respirare risulta un rumore assordante.
La sedia bianca in cui ormai resta a dormire da giorni, anche se dormire si fa per dire, è piccola, come tutto ciò che lo circonda, piccolo e vuoto.
A questi due aggettivi si aggiunge la parola buio. Tutto questo non è solo la descrizione dell'ambiente che lo circonda, ma anzi, forse più precisamente, si sta descrivendo. Lui internamente si sente proprio così.

Cerca di tenere gli occhi aperti per controllare lui, l'essere più fragile della terra.
Cerca di vederlo e di soffermarsi sulle espressioni, ora tranquille, che potrebbero variare e dare indicazioni su un eventuale malessere.
Di nuovo.
Probabilmente poi in questa struttura non sarebbe neanche l'essere più adatto ad aiutarlo quel corpo malandato, ma qualcosa deve fare per lui. Deve cercare di prevenire il malessere, e in caso non riesca a farlo deve recuperare tempo e cercare di riportarlo in fase di benessere. Come deve essere. Deve impegnarsi per lui.
Esserci.
Chi meglio di lui è indicato nel salvarlo? Nessuno, si risponde mentalmente.

Nessuno perché è la sua metà.
Conterà qualcosa questo no?

Alterna lo sguardo da lui a quel monitor al suo fianco, che dovrebbe andare ad indicare e quindi dare informazioni circa il battito cardiaco. È stabile. Sta dormendo.
Eppure qualcosa gli dice che potrebbe succedere di tutto a breve, che potrebbe cambiare tutto in un'istante, perché Simone lo sa, non lo ricorda personalmente in maniera vivida e reale, ma lo sa che un minuto ti cambia la vita.
Lo percepisce.

4 aprile 2011
Jacopo non sta bene, ha tosse e febbre a 39 da qualche giorno, il mal di testa gli distrugge il corpicino minuto, trema, ha la nausea. Il pediatra si pronuncia comunicando che sia una semplice influenza stagionale, dice a Dante e Floriana di stare tranquilli, afferma che nel suo studio in questi mesi di cambio stagione è pieno di bambini che si prendono un malanno. Il medico con estrema sicurezza ha poi continuato dicendo che in un'articolo di qualche tempo prima ricorda di aver letto di come la scuola primaria sia il primo posto in cui i bambini beccano una qualsiasi influenza, formando poi il loro sistema immunitario.
In seguito però, riesce a percepire che il bambino, nonostante da alcuni giorni segua una cura ben precisa che lui stesso ha prescritto, sia lievemente peggiorato.
Decide quindi di cambiare terapia, notando infatti che il paracetamolo ogni otto ore non sia sufficiente, prescrive anche un antibiotico da assumere mattina e sera e di sciroppo le due compresse diventano necessariamente tre, una la mattina e due la sera prima di coricarsi.

In casa ovviamente cercano di stargli vicino, di esserci e di farlo stare meglio per quanto possibile. Sono tutti intorno a lui. Simone non ricorda ma c'era.
Già in quel periodo era la sua ombra, probabilmente perché così timido e spaventato dal mondo che si accostava sempre dietro di lui, anche per le cose belle, come fosse in fila indiana.
Cerca di tirarlo su di morale, cerca di invitarlo a giocare con lui con tutti i loro giocattoli nuovi regalati in quel Natale da nonna Virginia che non manca mai di viziarli, ma Jacopo non ce la fa. Ci prova, vorrebbe alzarsi e correre a nascondersi come tutti i bambini, come lui stesso ha fatto qualche giorno prima giocando con il fratello, ma non riesce. Riesce solo a fare un cenno di diniego come a scusarsi di non poter stare con lui.
Simone nonostante sia spaventato cerca di sorridergli, e invece di andarsene a giocare da solo, come il gemello ha pregato che facesse, lui rimane li, nel loro letto disteso vicino a lui. Sono due foglie dello stesso ramo, due gocce d'acqua così vicine da mischiarsi.
Jacopo ha addosso due coperte sopra il piumone ed è disteso nel letto, l'asciugamano sulla fronte per diminuire la febbre.
Con la manina che riesce a sbucare da tutta quella copertura, prende quella del fratello per tranquillizzarlo.
Strani questi legami eh, nonostante jaco stia male, malissimo, pensa a tranquillizzare con una carezza il fratello, perché sa che è spaventato. Lo conosce come se stesso. Conosce Simo.
Conosce la sua metà.

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