"Grazie B."

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NOTE INIZIALI: buongiorno, buon pomeriggio e buona sera (che ognuno lo legge all'ora che vuole).
Io ho cercato di fare il prima possibile per questo settimo capitolo per farmi perdonare della sparizione di agosto.
Quindi eccomi, si continua!
Grazie per aver letto anche solo uno di questi capitoli.
Vi dico che stiamo entrando nel vivissimo della storia.
Piano piano si capirà tutto.

Se avete bisogno, chiedete aiuto.
Siete forti e nessuno può giudicare la vostra storia.
-M

Simone entra in ospedale che sono le 9:45

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Simone entra in ospedale che sono le 9:45.
Questa sera ha fatto anche ritardo poiché il laboratorio e il lavoro lo stanno impegnando più del previsto.
In questo periodo infatti, oltre le sue ricerche mediche che continuano e su cui spreca il 200% della sua energia, ha accettato di accogliere studenti Tirocinanti dell'Università della Sapienza di Roma.
Simone il suo mestiere di Tutor lo ha accolto poiché adora questo lavoro, spera infatti di poter far scoperte che possano aiutare il prossimo, ed inoltre spera che ci siano altri futuri ricercatori che scoprano quanto più possibile sul prevenire, su nuove cure speriamo tali e nuove patologie. Di poter trasmettere il suo sapere e far appassionare quei giovani studiosi di scienza che saranno il futuro di questo Stato.
Il laboratorio, o meglio il presidente del laboratorio nonché suo capo, ha invece accolto questo impegno poiché necessita di far spargere la pubblicità sul suo mestiere, sul laboratorio stesso, così da poter riscuotere i benefici, economici e non, che gli spettano per la presa in carico degli studenti.
È stanco fisicamente ma nonostante ciò cerca di correre su per le scale per arrivare in stanza il più velocemente possibile.

Quando arriva in stanza nota Dante seduto al lato di Jacopo che gli sta parlando.
Ed eccola subito li, la sensazione di sentirsi di troppo.
La sensazione di sentirsi in colpa, sbagliato.
È sulla soglia, e riesce a notare come lo sguardo di suo padre sia pieno di dolore.
Vorrebbe entrare ed abbracciarlo, ma non sarebbe giusto.
Ci sono momenti in cui è giusto lasciare spazio alle persone.
Questo momento, stare con Jacopo, è di Dante, lui non vuole assolutamente rovinarlo o intromettersi, può benissimo lasciargli ancora un po' di tempo.
Così silenzioso come è arrivato, fa retromarcia e si incammina verso il corridoio.
Per quanto sia disgustoso e acquoso, crede che può benissimo aspettare e perdere ancora un po' di tempo andandosi a prendere un bel caffè.

Ha già inserito le monete e sentito il rumore del distributore iniziare a fare la sua bevanda amara, quando un <<sei vivo allora>> riecheggia all'ingresso del reparto dietro di lui.
Simone non si gira poiché è sicuro che la persona in questione non stia parlando con lui. Insomma non conosce nessuno, oltre suo padre che per ovvi motivi non può essere, che a quest'orario, in un ospedale, inizi a intavolare una conversazione con lui.
Ma poi quella stessa persona, non demordendo, continua.
<<fammi indovinare Simò, oggi non è giornata?>>
Simone rimane pietrificato, si gira di colpo.
E che lui le voci non le riconosce.
Neanche se quella voce è di Manuel.
<<no scusa>> parla subito giustificandosi <<non avevo capito stessi dicendo a me>>
Manuel sogghigna e con fare ironico di indica intorno allargando le braccia.
<<e a chi sennò? Vedi quarcun'altro qua?>>
Simone volta la testa a destra e sinistra.
Sono soli in effetti, nel buio corridoio d'ingresso fatto da ascensori e distributori alimentari di vario genere.
<<no hai ragione, ma scusami tanto se non mi capita mai di esordire con questa frase>>
Ora a sogghignare è Simone.
Che lui ha ragione, punto.
<<oh t'ho chiesto solo se fossi vivo, sei sparito sti giorni, non m'hai manco chiesto d'accende>>
Manuel vorrebbe fermarsi lì, ma non riesce a mettere a freno la lingua e così continua, e si lascia scappare il suo dubbio finale: <<hai chiesto d'accende a qualcun altro?>>
Simone rimane interdetto.
Lui non è sparito.
Non ha chiesto d'accendere a nessuno.
<<no macché, l'accendino mio ce l'hai te e sei il mio ladro furbo unico e preferito>>
Cerca di smorzare, e Manuel sorride dentro di se, e forse qualche smorfia anche fiorisce dalle sue labbra.
<<ah so er preferito eh?>>
Simone si fa inevitabilmente rosso sulle guanciotte, vuole dire qualcosa per rimediare.
Ma poi lo nota, il ghigno ironico negli occhi dell'altro.
<<disse quello che si spaventa se non mi vede per un po'>>
Manuel annuisce con il capo, ok.
1-1
Ormai è sempre una partita dove non c'è un vantaggio netto, come all'inizio, ma continua con un testa a testa.
Si stanno conoscendo.
Si stanno capendo.
Dante esce dal reparto, Simone che il padre abbia pianto se ne rende conto subito dai suoi occhi rossi.
Chissà cosa avrà detto a Jacopo.
Se si sarà sfogato per bene.
Sa che il padre parla di tutto, delle giornata con Nonna Virginia, dei ragazzi a cui fa ripetizione, dei libri nuovi che ha letto di Filosofia, di quelli letti e riletti.
Ma questa sera ha capito fosse diverso il discorso intrattenuto con e per lui.
Era profondo.
Lo sa.
Capita anche a lui.
<<Pà sto qua>>
Simone decide di non dire nulla, di far finta di niente.
<<Simone, stavo uscendo a chiamarti; allora io vado, mi raccomando cerca di riposarti, e per qualsiasi cosa chiamami>>
<<si papà, tranquillo>>
E Simone forse per la prima volta dopo anni, si avvicina a lui.
Vorrebbe abbracciarlo.
Vorrebbe fargli capire che c'è, che è normale aprirsi e avere questi momenti.
Ma poi capisce che è Dante.
Suo padre lo sa.
E allora solo per un breve promemoria, che non fa mai male, l'unica cosa che fa è alzare il braccio destro e posizionarlo sulla spalla dell'uomo.
Io ci sono.
Sto qua.
Se hai bisogno.
Dante lo sa.
Passa la sua mano sulla schiena del figlio.
Un abbraccio scomposto e sicuramente non usuale.
Ma va bene così.
Sono loro in tutto e per tutto, e ancor di più in queste cose.
<<mandami un messaggio quando arrivi, stai attento>>
Si conclude, con un saluto anche a Manuel, la conversazione.
Dante si allontana ricurvo nella sua postura per le scale.
Manuel lo guarda, quell'uomo lo ammira così tanto.
Poi viene ridestato da Simone <<giusto perché tu lo sappia, non so sparito, io sto qua sempre la notte, lo dovresti sapere>>
Manuel ritorna a guardarlo, gli scappa un risolino <<ho fatto la mattina sti giorni, non ci semo beccati co gli orari>>
Si guardano.
È Simone a concludere la conversazione tra i due con una stoccata finale.
<<vabbè può esse che dopo mi viene voglia di fuma, non ho l'accendino quindi stai nei paraggi operatore>>
Entra nel reparto.
Manuel rimane a guardare la sua figura esile mentre si allontana.
Il suo primo pensiero è che Simone nella postura e nella camminata è uguale al padre.
È normale pensa poi, la mela non cade mai troppo lontana dall'albero.
L'orologio segna le 10:04.
È in ritardo cazzo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 04, 2022 ⏰

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