Il sole tiepido e pallido che entrava dalle persiane socchiuse, mi faceva il solletico sul viso ancora addormentato. Avrei detto di svegliarmi accanto a Jackson, invece quando aprii gli occhi, l'unica cosa che vidi fu il letto disfatto, vuoto. Il fascio di luce illuminava parzialmente la camera, come la Luna nel suo primo quarto; la parte buia era ancora ferma nella scura notte, mentre quella luminosa era inoltrata nella fresca mattina. Spostai le lenzuola rosso carminio e mi alzai. Andai dalla finestra, la aprii e feci lo stesso con le imposte color verde felce, per fare entrare un po' di vita in quella camera così spoglia e triste. Vicino alla porta c'era uno specchio di circa un metro e mezzo per ottanta centimetri, appeso frettolosamente al muro; prima di uscire per andare a cambiarmi nella mia stanza, mi fermai davanti al riflesso. Ero solo con dei pantaloncini corti grigi chiaro e avevo i capelli mossi, tutti arruffati, così me li misi un po' a posto; guardai anche il mio fisico: sono andato per qualche anno in palestra e questo si poteva vedere dagli addominali e pettorali abbastanza scolpiti. Andai al piano di sotto per fare colazione e trovai, in cucina, Mary e Jack; stavano bevendo del tè. A salutarmi per primo fu lui e poi anche mia zia, con una voce talmente priva di sentimento e calore, che mi faceva quasi paura; lei è sempre stata molto viva e gioiosa, ma dopo l'accaduto della sera prima, si era come svuotata e tolta di ogni espressione vitale. La morte non si era solo portata via Jessica, ma anche tutta la nostra felicità. Mangiai velocemente qualche fetta biscottata con del caffè, andai di sopra a cambiarmi e uscii per fare una passeggiata. Le camminate mi aiutano a schiarire i pensieri e rilassarmi; decisi di andare al parco della città: Southside Park. Questo 'polmone verde' dava colore e un piccolo angolo di paradiso, tranquillità, nella frenetica e stressante città; sarà stato grande circa due chilometri quadrati di prati, parchi giochi, laghetti e bar: il mio preferito era "Central Cafe". Era una caffetteria stile newyorkese: piccolo edificio con i mattoni a vista, tavoli, sedie e insegne verdastre, contrastate dal bianco dei serramenti e intonaco. Dentro era un locale piccolo ma fuori vantava di uno spazio circa il doppio dell'interno e una vista mozzafiato sul lago. All'ora del crepuscolo questo si riempiva di cigni e oche, mentre venivano riflessi i magnifici colori caldi del cielo, sull'acqua stagnante, come in un dipinto. Camminai per una ventina di minuti, ammirando gli alberi ben tenuti e l'aria calda che mi scompigliava i capelli. Decisi, poi, di sedermi e prendere qualcosa di fresco da bere, al pub. Erano circa le undici di mattina e c'era molta gente ai tavolini, per fare colazione o semplicemente, riposarsi. A prendere la mia ordinazione fu un cameriere, non bello, di più: capelli castani scuro, lunghi, ricci; occhi verdi smeraldo e una voce a dir poco angelica; il fisico non era da meno: alto più di un metro e ottanta e con un po' di muscoli. Mi persi nel suo splendido sguardo, in attesa che dicessi cosa volevo prendere.
"Allora, che cosa ti posso portare?" Disse.
"U-un té freddo, g-grazie" Risposi senza neanche pensarci perché troppo preso dal contemplare quel dio greco che avevo davanti.
"Certo" Replicò sorridendo; non solo lui era bello, pure il suo fantastico sorriso. Tornò dopo qualche minuto con la mia bevanda e lo scontrino.
"Sono due euro" Così posai i soldi "Grazie, passa una buona giornata" E mi fece l'occhiolino. Non ci credevo: lui, un ragazzo a dir poco incredibile, mi aveva fatto l'occhiolino: era un segno del destino? O una presa in giro? Rimasi basito, ma era riuscito a farmi talmente felice da non farmi pensare a Jessica. Bevvi, dunque, la mia fredda bevanda; dopo averla finita, godendomi per bene il paesaggio e cercando, ogni tanto, di incrociare lo sguardo con il mio 'principe azzurro', mi alzai dal tavolino e presi lo scontrino. Mi avvicinai ad un cestino per buttarlo quando notai che era scarabocchiato. C'era una frase scritta con un indelebile che diceva: "Ti ho fatto un piccolo sconto" Così controllai il prezzo; il té costava tre euro, e lui mi ha fatto pagare solo due (so che non è un mega sconto, ma ditemi se non è stato carinissimo). E dopo continuava "Inoltre, il mio nome è Austin :)". Ero senza parole: era semplicemente stupendo, bellissimo, superbo. Perfetto. Mentre tornavo al bar per riuscire a scambiare due chiacchiere con lui, incrociai la mia vecchia fiamma, nonché migliore amico, Jackson.
"Hey Ale! Ti ho chiamato diecimila volte e non rispondevi, io e Mary ci stavamo preoccupando così sono venuto a cercarti" Disse con voce ansiosa ma sollevata.
"Perdonatemi, avevo la suoneria disattivata" risposi, sentendomi anche un po' in colpa.
"Vabbè dai, l'importante è che tu stia bene. Andiamo a casa che è quasi ora di pranzo" Aggiunse e così ci avviammo verso la villettina azzurra di zia, poco fuori dalla città. Mentre camminavamo, non riuscivo a smettere di pensare ad Austin; era un ragazzo bellissimo e volevo incontrarlo, parlarci, così decisi che il giorno dopo sarei andato di nuovo al Central Cafe. A distogliermi da lui fu Jack:
"Tutto bene Ale? Ti vedo più giù del solito. E' per Jessica?" Mi chiese. In realtà ero pensieroso per quel cameriere del bar, e non ho più pensato a lei, alla mia oramai ex ragazza. Perché alla fine, quando perdiamo qualcuno di importante nella nostra vita, cerchiamo di dimenticarlo per non dover affrontare il dolore; e io ho fatto lo stesso, passando i miei pensieri da lei, al ragazzo appena conosciuto.
"Sì... mi manca tanto"
"Manca a tutti noi piccolo" Disse. Rimasi un po' sbalordito da quell'appellativo così gli chiesi:
"Come mai 'piccolo'?" Domandai cercando, nella mia mente, una risposta plausibile a quel nomignolo.
"Perché lo sei sempre stato. Avevi deciso di mettermi da parte per stare solo con mia sorella ma sappiamo entrambi che ti piacevo solo io; che tu sei, e sei sempre stato, innamorato di me e non di lei, ma avevi paura dell'opinione della gente così hai deciso la soluzione più facile e veloce. Peccato che io ci sono rimasto malissimo; non sai quanto Ale". Riflettei per un'attimo alle parole che mi aveva appena detto e non aveva tutti i torti, così replicai:
"Sì, hai ragione... però avevo fatto la mia scelta ed è andata così..." Risposi con voce bassa e 'paurosa'.
"Certo, però hai visto il destino che ha fatto? Lo ha fatto per noi, perché sa che siamo fatti l'uno per l'altro, amore" Quell'ultima parola è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
"Non siamo e non siamo mai stati qualcosa, Jackson! Non metterti in testa cose strane, io non ti amo più; una volta sì, ma ora ti vedo solo più come migliore amico e una specie di fratello (dato che viviamo praticamente assieme)" Risposi, freddo come un cubetto di ghiaccio. Non diedi neanche il tempo a lui di rispondere che me ne stavo già andando. "Ah, e dì a zia di non aspettarmi a pranzo!" Conclusi e svoltai l'angolo, pur di evitarlo. Ero un misto di rabbia, nostalgia e tristezza. Non sapevo che fare, così andai al Blue lake, in periferia, per pensare, rilassarmi e prendere fiato da lui, dalla città, da Jessica, Austin: da tutto e tutti. Camminai a testa bassa per quasi un chilometro, sbattendo e spintonando i passanti in mezzo al mio sentiero, prima di arrivare in quella piccola oasi verde, non ancora contaminata dalla frenetica, ansiosa e grigia, città. Il lago vantava la sua grandezza, estensione e tranquillità. Arrivato, decisi di mettermi a riva e distendermi sull'erba fresca, sotto il caldo sole mattutino. Vedevo, inoltre, molte famiglie, coppie e gruppi di amici che venivano qua a fare un picnic o anche solo per stare lontano dal casino cittadino; io invece chiusi gli occhi e mi feci cullare dalla dolce sinfonia dell'acqua stagnante e del vociare lontane delle persone. Mi stavo quasi per addormentare; ero in estasi, quando, a rovinare quel momento di pace (come sempre), fu una vecchia memoria di me, Jackson e Jessica in montagna, proprio vicino ad un lago, come stavo io. Così, mi feci come trasportare a quell'istante nel quale, nessuno di noi, aveva preoccupazioni di cosa sarebbe successo, della scuola; nulla di nulla. Solo noi, il paesaggio alpino e l'amore incontrastato, ancora segreto, tra me e il mio migliore amico.
STAI LEGGENDO
Quella notte
Teen FictionUn passato travagliato con il misterioso Jackson o un futuro brillante con il bellissimo Austin? Questo, si chiedeva Alessandro fino a quando, come è successo anche a Jessica, il destino ha scelto per loro; o forse era quello che pensavano. 🥇1° #...