Pilota

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La stanza buia, illuminata solamente dai lampioni mezzi spenti lungo l'autostrada, rendeva Will malinconico. Aveva abbandonato da un paio d'ore ormai l'idea di dormire, come sembrava fare il fratello Jonathan, essendo crollato nel letto affianco. La luce illuminava perfettamente la folta chioma biondo cenere di Will che, sdraiato a pancia in su, rifletteva su tutto ciò che era accaduto negli ultimi giorni. Certo, era abituato ad avere una vita piena di avventure e avvenimenti fuori dal normale, ma questa volta c'era qualcosa che lo turbava ancora di più. Mike Wheeler.
Fin dall'inizio del suo arrivo aveva capito che qualcosa si fosse rotto tra di loro. Non riusciva esattamente a percepire cosa, ma sapeva che Mike non era più il suo migliore amico. Forse nemmeno suo amico. Aveva provato a dirglielo ma egli aveva negato tutto. Era colpa della distanza, aveva detto. Perfino il pomeriggio precedente, quando lui, il fratello, Mike e l'amico strambo del fratello, di cui non ricordava nemmeno lontanamente il nome, avevano cercato di dividersi in due stanze del motel per riposarsi quella notte, Mike non aveva esitato a proporre una soluzione che non includesse loro due insieme. Era ormai palese che l'amico lo stesse evitando. Forse aveva capito, proprio come Will, che aveva una cotta per lui. Come aveva fatto? Perfino Will se ne era reso conto recentemente, ovvero poco prima del suo arrivo in California. Si poteva comunque trattare di un malinteso. Le persone cambiano, come aveva detto Mike a Undi durante la loro litigata. Sì, aveva origliato. Non ne andava fiero ma la curiosità aveva preso il sopravvento. Era geloso e su questo non c'era alcun dubbio. Non poteva più sopportare di vedere Mike dare attenzioni solo ed esclusivamente alla fidanzata. Si sentiva sostituito.
In ogni caso, il pensiero di essere rifiutato dall'amico in tal modo non smetteva di tormentarlo. D'un tratto un'idea non molto sensata gli venì in mente. Poteva semplicemente parlargli. Dopotutto avevano già parlato di quanto brutta e dolorosa potesse essere la verità, era stato lui stesso a suggerire di dover essere sinceri. Lanciò un'occhiata all'orologio accanto al proprio comodino.

04:22

Ora o mai più. Si alzò in un balzo dal letto traballante e poggiò i piedi per terra, passandosi una mano sul volto. Era davvero deciso a farlo? Proprio ora che le cose stavano andando meglio? Doveva liberarsi di quel peso. Doveva esprimersi finalmente. Aveva passato tutta la sua vita a nascondersi, a non ribellarsi, a non sfogare i propri pensieri o sentimenti. Ora era il momento di farlo. Dopotutto Mike era stato il suo migliore amico fin dall'asilo, non l'avrebbe mai giudicato.
Camminò a passi pesanti fino alla porta della stanza, la quale spalancò e si chiuse alle spalle. La stanza di Mike era a pochi metri dalla sua, cosa che gli impedì di ripensarci. Una volta giunto alla sua abitazione, bussò piano. Dopo una decina di secondi e senza aver ricevuto alcuna risposta, bussò nuovamente, questa volta insistentemente. Sentì dei passi avvicinarsi. Lo stava facendo davvero. La porta si aprì di poco, eppure egli fu in grado di vedere gli occhi assonnati di Mike scrutarlo attentamente.

«Mio dio, Will, cosa c'è?» chiese il corvino accigliandosi, per poi aprire maggiormente la porta che li divideva.

«Devo parlarti», disse con un filo di voce Will, abbassando lo sguardo dall'imbarazzo, «Non posso più rimandare questa conversazione».

Un terzo mondo (byler)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora