CAPITOLO 9

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IL GOL DELLA BANDIERA

Quanto tempo è passato da allora e ci si rivede pesanti nel fisico, le cui linee non corrispondono più alle armoniose figure dell'età, nella quale coloravamo le stanze di gioventù e gioia di vivere e giocavamo a pallone.
Erano belle le serate spensierate di allenamento, con i miei compagni di squadra dell'Aurora. Il profumo dell'erba al fresco imbrunire della sera, in primavera, in autunno e in inverno. Correre non pesava perché ci si divertiva. Correre non pesava perché lo spasso era puro e semplice come i fiori novelli di primavera.
Ma ora che non potrò più rivivere quei giorni meravigliosi di gioventù, ho ancora la fiammella accesa nel mio cuore. Quella dei bei ricordi che fortunatamente non si è spenta e finchè alito di vita ci sarà, continuerò ad amare ciò che mi offre il destino, con lo spirito del giovincello assetato di conoscenza e amore.

E così ci si allenava per giocare le partite ufficiali di campionato, nei fine settimana, contro le compagini degli altri paesi del circondario abbiatense.
Mi ricordo di quella partita memorabile perché segnai il mio unico goal della mia breve carriera calcistica. Voi mi domanderete giustamente:

"E capirai che fenomeno, un goal solo?"

E io vi risponderei:

"Sì, un solo goal perché giocavo sempre in difesa e pertanto, il mio compito essenziale, era quello di non fare segnare l'avversario".

Era una delle ultime partite di campionato e la mia Aurora si trovava nella posizione di metà classifica. Mi pare di rammentare che non eravamo la squadra che vedete nella mia fotografia, ma quella dell'anno successivo, sempre categoria Giovanissimi comunque.
Giocavamo in casa e quindi sul campo dell'Oratorio San Giovanni Bosco.

Anche l'avversario, il "Cavallino" di Vigevano era nella stessa situazione. Era pertanto la classica partita senza interessi, sostanzialmente un incontro amichevole. Fatto sta che io e i miei compagni affrontammo l'incontro con troppa leggerezza: perdemmo 3 a 1. E il goal della bandiera lo realizzò proprio il sottoscritto.
Mancavano circa quindici minuti dalla fine del match ed eravamo sotto di 3 goal. Nonostante tutto, attaccavamo per poter realizzare almeno una rete, quella classica della bandiera. Così anch'io, visto che non avevamo più niente da perdere, andavo di sovente all'attacco.

Ero al limite dell'area, a circa un metro, e non appena un mio compagno mi passò la palla, diedi un occhio al portiere e scocchai un gran calcione alla sfera, facendola carambolare dentro la rete. Fu un gran goal seguito da un mio urlo liberatorio e i miei compagni mi fecero festa come se avessimo vinto la partita.

Ma quello che mi riempì il cuore di grande soddisfazione e orgoglio, fu l'anno successivo, quando giocammo sul campo del Cavallino a Vigevano:

alcuni avversari di allora, memori di quel mio grande goal, mi fecero i complimenti.

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