Digory E Zio Andrew

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A leggere il capitolo si prenotò Susan <Digory e zio Andrew>

Nulla di così improvviso e così orribile era mai capitato a Digory, neppure nel peggiore
degli incubi. Il ragazzo gridò, ma subito la mano dello zio Andrew gli tappò la bocca. —
Basta! — sibilò. — Se gridi tua madre ti sentirà e avrà un bello spavento. Non è il caso, ti
pare? Sai quanto sia debole.
Come Digory raccontò in seguito, la meschinità di quel colpo basso gli diede quasi la
nausea, ma naturalmente smise di gridare.
— Così va meglio — disse zio Andrew. — Sai, non posso biasimarti. È un brutto colpo
vedere qualcuno che scompare, per lo meno la prima volta. Anch'io mi sono spaventato
quando il porcellino d'India si è volatilizzato, l'altra sera.
— Per questo hai gridato?
— Ah, mi hai sentito? Non stavi spiando, per caso?
— Io non faccio cose del genere — rispose Digory, offeso.
— Ma adesso spiegami cos'è successo a Polly.
— Vedi di farmi le congratulazioni, figliolo, l'esperimento è brillante
mente riuscito. La tua giovane amica è scomparsa, svanita, non è più nel nostro mondo.
— Che cosa le hai fatto?
— Diciamo che l'ho mandata... in un altro posto.

<sa dell'esistenza si Narnia?!>disse Lucy

— Cosa significa?
Zio Andrew si sedette e cominciò a parlare. — E va bene, ti racconterò
tutto dall'inizio. Hai mai sentito parlare della vecchia signora Lefay?
— Non era per caso una prozia, o qualcosa del genere? — chiese Digory.
— Non proprio. La signora Lefay è stata la mia madrina. Ecco, guarda
sulla parete. Quella è la signora Lefay.
Digory seguì l'indicazione dello zio e vide una vecchia fotografia ingiallita dal tempo. Si trattava di una donna anziana con una cuffietta in testa.
Quel viso non gli era sconosciuto. Ma sì, certo, aveva già visto una foto
della stessa persona in un vecchio cassetto di casa sua, in campagna. Aveva chiesto alla mamma chi fosse, ma lei non aveva gradito l'argomento e aveva tagliato corto. Dopotutto la signora non aveva una faccia simpatica,
pensò Digory, anche se bisogna ammettere che le fotografie antiche non rendono giustizia.

<l'ho sempre pensato anche io>disse Edmund

— Faceva... faceva cose strane, zio Andrew?
— Dipende da cosa intendi per cose strane, ragazzo mio. Che vuoi, la
gente è così limitata nei suoi giudizi... C'è da dire che in vecchiaia fece cose sempre più strane, oserei dire sconsiderate. Ed è per questo che la rin-
chiusero.
— Vuoi dire che la misero in manicomio?
— No, no, niente di tutto questo — disse zio Andrew, quasi scandalizzato. — La misero soltanto in prigione.
— Accidenti — esclamò Digory. — Ma cosa aveva fatto?
— Poveretta, aveva combinato dei piccoli... ehm, chiamiamoli guai. Ma
ora non è il caso di parlarne, figliolo. Quello che voglio dirti, invece, è che
la signora Lefay è sempre stata molto gentile con me.
— Va bene, ma cosa c'entra Polly in tutto questo? Vorrei tanto che tu...
— Ogni cosa a suo tempo, Digory. Dunque, poco prima che la signora
Lefay morisse, la fecero uscire di prigione e io sono stato uno dei pochi a
poterla frequentare negli ultimi giorni di vita. La signora Lefay non tollerava le persone ordinarie, ignoranti e senza fantasia. Anch'io, del resto.
Avevamo gli stessi interessi. Poco prima di morire, mi pregò di andare ad
aprire il cassetto segreto di una vecchia scrivania e di portarle la scatoletta che ci avrei trovato. Nel momento in cui l'ho presa fra le mani, ho capito
che doveva trattarsi di qualcosa di segreto e speciale. La signora Lefay me
la consegnò e mi fece promettere che subito dopo la sua morte l'avrei bruciata, dopo alcune cerimonie particolari. Ma io non ho mantenuto la promessa.

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