0. Camilla

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Chiudo la porta alle mie spalle crollando finalmente in un pianto disperato.
Ho cercato di tenere una finta compostezza tutto il giorno, forse perché ho sempre odiato mostrare le mie emozioni ad altri. Ed è stato difficile, dannatamente difficile, eppure sono riuscita a trattenere le lacrime fino ad ora.

Casa sa ancora di lei, il suo profumo, le sue stupide candele sparse ovunque, le coperte perfettamente piegate e la torta che mi aveva fatto appena qualche giorno fa.
Mi aveva chiesto di aiutarla, ma non avevo tempo. Non ho mai avuto tempo.

Scuoto la testa facendo qualche passo in quella che ormai non mi sembra nemmeno casa mia, asciugandomi col dorso della mano le lacrime incessanti.
Mi allungo verso la mensola più alta del salotto, afferrando i numerosi album fotografici impolverati e non sfogliati da anni. Mi scappa un sorriso nel vedere il suo viso in una fotografia, era felice, bella come il sole e soprattutto mi stringeva tra le braccia.
L'abbraccio caldo di mamma, quanto ne vorrei uno in questo momento.

Non so nemmeno quante ore passino, ma sfoglio le pagine una dopo l'altra, ripercorrendo i ricordi di una vita intera. Ho solo vent'anni, ma mi sembra di averne vissuti il doppio.
Le foto di papà spariscono più o meno a metà percorso, il che mi fa ricordare di quanto abbia sofferto per il loro divorzio. Ai tempi pensavo fosse un problema insormontabile, il che è abbastanza ridicolo ora.
Rimango ancora e ancora lì, tra le foto, i momenti, le lacrime e i sorrisi che mi spuntano involontariamente.
Solo il suono del telefono mi risveglia dai miei pensieri.

<Ciao papà. Si sì sto arrivando, dammi cinque minuti>.
Con ancora il cellulare incastrato tra la testa e la spalla, mi alzo in piedi per sistemare tutti gli album, ma uno mi cade a terra sbadatamente.
È piccolo e più logoro degli altri, anche se prima non lo avevo minimamente notato.
Sembra poco più di un diario, rivestito da una carta gialla sbiadita e un'etichetta sul davanti che recita "Corsica 2010".

Come un lampo mi ripercorre la mente, mentre mi affretto a sfogliarlo.
Non ricordavo questa vacanza, la avevo letteralmente rimossa dai miei ricordi.
I miei si erano separati da pochi mesi e mia mamma aveva deciso di portarmi in Corsica, dove aveva una casa di famiglia.
Lei ci veniva sempre da piccola e così le era sembrata un'ottima idea ripartire da lì, questa volta con sua figlia.
Scorrendo tra le varie fotografie, più o meno a metà dell'album, vedo una mini me abbracciata a due bambini. Li osservo bene per qualche secondo prima di ricordami anche di loro.
Erano due fratelli, più o meno della mia età. Non ricordo il loro cognome, questo è poco ma sicuro, eppure se mi sforzassi un po' sono sicura che potrei ricordare i loro nomi.
Ma il telefono suona nuovamente.

<Si arrivo arrivo!>. Sbuffo, prendendo la foto e riponendola in borsa, poi esco rapidamente da questa casa che sembra incatenarmi a sé.

Un mese dopo

<Camilla, posso rubarti il rossetto?> Annuisco ad Anna, mia più grande amica e salvezza, mentre lo spazzolino in bocca mi impedisce di produrre suoni comprensibili.
La sento rovistare un po', prima che un tonfo mi faccia intuire come la borsa sia rovinosamente caduta a terra.
Anna ha tante qualità, ma la grazia e la delicatezza non sono tra queste.
<Trovato!> Esclama quando ormai mi sono affacciata in camera mia, con gli occhi al cielo visto il disastro.
La borsa era piena di roba per lo più inutile, ma che dovrò comunque sistemare ora.

Mi inginocchio a raccogliere uno per uno gli oggetti, quando la mia mano cade sulla foto che avevo preso ormai un mese fa da casa di mamma.
Torno a sorridere nel vederla, accarezzando con un dito il viso di uno dei due bambini.
<Chi sono?> Chiede la mia amica con curiosità, rubandomi la foto di mano.
Le spiego rapidamente la storia, bloccandomi quando devo dirle il nome dei due protagonisti.
<Possibile che non ricordi niente di loro?>.
Arriccio il naso come ogniqualvolta mi stia concentrando, riprendendo subito dopo a parlare.
<Ricordo che erano Francesi o qualcosa di simile. Avevano una vecchia casa vicina alla nostra e avevamo passato tutta l'estate insieme. Giocavamo a calcio, facevamo un sacco di bagni e mi pare loro amassero correre con i kart.
Sì erano dei piccoli piloti> Entrambe ridiamo, non so per quale motivo, ma al momento ci sembra un dettaglio divertente. <E poi?> Continua lei sedendosi al bordo del letto, più attenta che mai.
<E poi ricordo di aver avuto una cotta indicibile per il maggiore dei due. La mia prima cotta a dire il vero. Era bello, simpatico e parlava meglio l'italiano rispetto a suo fratello. Lo chiamavo..> Mi blocco un istante, fissando il vuoto davanti a me. Con un gesto rapido mi riprendo la foto, avvicinandola al viso per vedere meglio.
<Charlie! Lo chiamavo Charlie. E il fratello lo chiamavo Re Artù> Rido di gusto al pensiero, i ricordi che riaffiorano pian piano.
<Ma i loro veri nomi erano Charles e Arthur, sì. Charles e Arthur Leclerc>.

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