3. Non è giusto

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<E mi raccomando, non fare follie> Sorrido annuendo ad Anna, abbracciandola un'ultima volta prima che salga sul taxi che la porterà all'aeroporto.
Neanche un minuto dopo, una Ferrari nera opaca compare davanti a me, il 16 stampato in piccolo vicino alla portiera, i vetri oscurati e non un pilota qualunque alla guida.

Sorrido salendo dal lato del passeggero e salutando Charles, che ricambia.
<Allora, non dirmi che vivi ancora con tua mamma> Inizio io per rompere il ghiaccio.
Ride scuotendo la testa, tace un secondo concentrandosi per immettersi nel traffico di Monaco e poi torna a darmi la sua quasi totale attenzione.
<No io no, ma Arthur si. Sai mamma è sola e lui è pur sempre il piccolo di casa, chi glielo fa fare di vivere da solo> Ridiamo entrambi, riempiendo l'abitacolo della nostra allegria e rimanendo in questo ottimo mood fino all'arrivo a casa Leclerc.

Vorrei vedere la faccia di papà se solo sapesse che sono in macchina con il suo pilota preferito, mentre sfreccia per le strade del Principato, ma per ora è meglio non dirgli niente.
Che lui sappia io e Anna abbiamo passato un paio di giorni qua e siamo di ritorno domani a casa, ovviamente insieme.

<Ed eccoci qua> Si immette in una piccola strada sterrata che porta ad una villetta elegante nelle campagne di Montecarlo.
Intorno è tutto verde, ma da quassù si può vedere il mare e pressoché l'intera città.
<Camillina!> Urla Pascale venendomi in contro.
Assomiglia così tanto a mia mamma, bionda, elegante e radiosa.

Così come noi piccoli, anche loro quell'estate avevano stretto un forte legame, poi andato perso negli anni.
Ma certi affetti non svaniscono mai.

Mi stringe tra le sue braccia, aggiustando una parte del mio cuore che pensavo non si sarebbe potuta mai più guarire.
<Vieni subito dentro, Arthur è già lì. Ho fatto la torta al limone, ti piaceva tanto!> Proprio come il più piccolo dei suoi figli, anche lei sembra non voler smettere di parlare, ma non mi dispiace.
Sono così frastornata da tutto questo che non saprei nemmeno cosa dire, quindi mi limito a rispondere alle sue numerose domande e a mangiare quella torta così deliziosa.

<Sai io e tua mamma ci scrivevamo ogni estate, ripromettendoci di rifare una vacanza insieme. Poi questi due sono diventati grandi> Indica i ragazzi seduti intorno al tavolo, uno alla sua destra e uno a sinistra <E hanno iniziato a girare il mondo> Prosegue concludendo la frase e accarezzando la testa di Charles, che sorride imbarazzato.
<Inghilterra, Austria, ora Francia. E quando sono in vacanza stanno tra di loro e quasi non mi includono, mi sembra di non vederli mai se non attraverso quei maledetti caschi> I due monegaschi alzano gli occhi al cielo, come se conoscessero quelle parole a memoria.

<Ma ora sono qua no?> Rispondo cercando di aiutarli, prendendo l'ennesimo boccone di torta.
<Per il momento, ma la prossima settimana già ripartono. Me li godo finché posso> Sorride ora dando un buffetto ad Arthur, che sembra più mansueto del fratello.
<Non sai quanto ho invidiato tua mamma per aver avuto una figlia femmina, quante volte avrei voluto rubarti a lei quell'estate> Allunga la mano sul tavolo per stringere la mia, così gliel'affero e la tengo con forza.
<Mi farebbe piacere avere una mamma come te> Dico d'istinto, sentendo le lacrime pizzicarmi di colpo gli occhi.
Sospiro distogliendo lo sguardo e osservando il mare, calmo e illuminato dal sole.

<Resta qua da noi questa settimana> Esclama di colpo Pascale, cercando sostegno dai due figli.
Charles non dice nulla, imbarazzato, mente Arthur sembra apprezzare l'idea.

Io reagisco più o meno come Charles. Insomma, adoro questa famiglia, ma siamo praticamente sconosciuti e già essere a casa loro oggi mi sembra eccessivo, figuriamoci rimanere qua un'intera settimana. E poi cosa direi a mio padre?
A questa idea vedo più ostacoli che soluzioni, ma Pascale non vuole sentire ragioni.
Inizia già a parlare di gite al mare, pranzi da organizzare e pomeriggi a fare shopping insieme.

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