Capitolo 7 pt.2

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Qualche lacrima solcò il mio volto. Un sorriso beffardo le contornava il viso mentre andava verso la scrivania, passandomi poi un fascicolo.

Era un contratto. In cima si individuavano le firme del Signor Styles e di Chelsea. Tirai su col naso e alzai la testa verso Ms. Davis. Più lacrime ora scorrevano lungo le mie guance. Non potevo credere che Chelsea era stata capace di fare una cosa simile. Pensavo ci tenesse a me, ma mi ha solo pugnalato alle spalle.

"Vedi? È tutto scritto lì, nero su bianco. E adesso, te lo dico per l'ultima volta. Vai a prendere le tue cose che ti accompagno alla macchina." Brontolò.

Rimasi immobile a scuotere la testa. "Non me ne vado da nessuna parte" Mi rifiutai.

Si voltò a guardarmi con occhi sbarrati. "Perdonami signorina, ma non mi è mai stato riferito niente che dicesse che tu potessi dirmi cosa puoi o non puoi fare."

"Non puoi farmi andare da nessuna parte. Lo conosco a malapena, Ms. Davis. Ci siamo incontrati solo ieri e non voglio andarmene da qui." Piansi.

"Amelia, dovresti essere più che grata che questo uomo si sia offerto di prenderti sotto la sua responsabilità e cura. È molto benestante e arriva da un ricca famiglia. È in grado di darti tutto ciò che tu puoi immaginare. È meglio che rimanere chiusa qui dentro fino ai diciotto anni." Mi spiego.

"Ma... ma ho degli amici e una famiglia qui. Voglio bene a tutti qui e non potrei nemmeno immaginarmi una vita senza di loro. Sono cresciuta con la maggior parte di queste persone e non voglio andarmene con un uomo qualunque." Dissi quell'ultima frase con disgusto.

"Beh, non importa. La vita va avanti e qualche volta ti capita di dover affrontare cose della quale tu non vuoi necessariamente avere a che fare. Starai bene." Mi disse e mi afferrò il polso, trascinandomi nella mia camera.

"Ora metti via i vestiti e le altre cose. Ti aspetto giù all'entrata. Ti do dieci minuti." Mi avvertì.

Emessi un singhiozzo e tirai fuori dall'armadio un borsone da viaggio. Aprii i cassetti ed presi le mie cose, buttandole nella valigia.

Andai verso l'armadio e tolsi, senza troppa cura, i vestiti dagli appendini e li buttai nella borsa.

Una volta finito mi infilai la mia calda giacchetta di pelle e mi sedetti ai piedi del letto.

Mi mancherà così tanto dormire in questa stanza. Onestamente non vorrei mai andarmene da qui.

Poi i miei occhi scorsero una foto sul mio comodino. Era una di me e Cole.

Ero intorno ai dodici anni ed era il suo quattordicesimo compleanno. La mia lingua era fuori a fare una linguaccia e le sue labbra erano poggiate alla mia guancia.

Ricordavo quel giorno come se fosse ieri. Sospirai e trattenni un altro singhiozzo. Afferrai la foto e la misi attentamente nella mia borsa.

Dopodiché mi misi il borsone in spalla e aprii la porta. Ma Sarah era proprio lì, con una mano alzata come se stesse per bussare.

I suoi occhi incontrarono i miei e un sorriso si formo sul suo volto, ma ben presto scomparve, una volta che il suo sguardo vide la borsa.

"Perché hai fatto le valige?" Mi domandò confusa. Mi asciugai una lacrima.

"Io- um, me ne sto andando" Sussurrai. I suoi occhi si spalancarono.

La sua bocca si aprì leggermente e scosse la testa. "Perché non me l'hai detto?" Mi chiese.

"L'ho saputo solo qualche minuto fa. La signorina Davis mi ha chiamato nel suo ufficio e mi ha detto di fare le valige e che una macchina era lì fuori ad aspettarmi" Mi strinsi nelle spalle.

"E Chelsea ha lasciato che tutto ciò accadesse?" Chiese alzando le sopracciglia. Annuii e abbassai lo sguardo.

"Ms. Davis mi ha fatto vedere il contratto e c'era il nome di Chelsea lì sopra."

Scosse la testa incredula e incrociò le braccia. "Questo è un bel casino"

"Amelia!" Ms. Davis urlò da infondo al corridoio.

Sbuffai e guardai Sarah. Lei mi attirò in un abbraccio stretto. "Mi mancherai Mia."

Annuii. "Mi mancherai anche tu" Le sussurrai.

La sorpassai e andai verso una Ms. Davis dall'espressione arrabbiata. Mi afferrò il polso e mi trascinò fuori. Parcheggiata, c'era una nera e lucida macchina. Un uomo alto, grosso, calvo e abbronzato, uscì dal posto dell'autista e ci sorrise mentre gli venivamo incontro.

"Eccoti qui" Mi disse lei, spingendomi verso l'uomo.

Inspirai aspramente a bocca aperta quando il mi scontrai contro il suo petto. Abbassò la testa sorridendomi e aprì la portiera facendomi entrare.

Prese la mia borsa e la mise nel bagagliaio. Ricominciai a piangere.

Cercai di aprire la porta e scappare, ma sfortunatamente era chiusa.

L'uomo saltò in macchina e accese l'auto.

"Ti prego, non puoi portarmi via" Piagnucolai.

Lui corrucciò le sopracciglia e mi guardò dallo specchietto retrovisore. "Spiacente tesoro, ma sono gli ordini del capo"

Scossi il capo e iniziai ad agitarmi man mano che lui si allontanava sempre di più dall'orfanotrofio.

Solo il quel momento il mio cuore si spezzò, quando un familiare ragazzo biondo corse fuori dall'edificio ed iniziò a ricorrere la macchina.


A|N

Cosa pensate accadrà ora?

Voglio sentire le vostre idee e opinioni!

Spero che per il momento la traduzione (oltre che alla storia) vi stia piacendo.

Baci, Serena.


Daddy Dearest h.s. - Italian traslationDove le storie prendono vita. Scoprilo ora