"Ti vestirò come una stella di Broadway"

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La concezione di morte per Harry era molto ampia, c'era la morte celebrale, ovviamente, la morte fisica o quella psicologica, la morte che stava affrontando lui era al di poco allucinante, quella spirituale.

Nick era diventato un confidente, un amico, un fratello e Moon era praticamente sua nipote.

Harry credeva nel destino, come avrebbe potuto non credere che non ci fosse qualche forza al di fuori di loro che manovrasse i loro spostamenti? Proprio quella settimana aveva deciso di tornare a Londra per passare del tempo assieme a loro due, un'ora dopo dal suo arrivo, mentre era in auto, arrivò la telefonata dell'ospedale.

Nick era morto sul colpo, un camion è scivolato su dalle pozze d'olio sulla strada, e ha sbandato contro l'auto del ragazzo. Nonostante tutte le precauzioni che avesse, non era servito a nulla, la sua anima era stata rivendicata dal cielo, e anche se Jeff avrebbe voluto che lui vivesse di più, ora sono sicuramente insieme.

La sua attenzione si spostò automaticamente su moon, una bambina che ora non aveva nemmeno un genitore, la trovò assieme a due assistenti sociali li in ospedale, aveva una treccina che terminava con un fiocco bianco.

Gli occhi rossi e gonfi per le lacrime, Harry stesso aveva paura, credette di svenire li dentro, ma doveva essere forte per Nick e sua figlia, le sarebbe stata accanto, non l'avrebbe lasciata nemmeno se gli avesse urlato contro cose terribili.

Quell'aria che si respirava era tossica per le persone, c'era odore di morte appena si entrava, e Harry non amava molto gli ospedali. Li associava sempre a qualcosa di brutto, perché per lui accadeva solo questo li dentro, cose brutte.

Ancora nessun familiare, i genitori di Nick abitavano in un paesino a mezz'ora di auto da lì, Harry era stato facilitato, era nel parcheggio dell'aeroporto, e come al solito Londra gli ha riservato ancora una volta, un trattamento di merda.

Gli tremavano le mani, non aveva ancora pianto, era un stato di shock, voleva chiamare un taxi altrimenti avrebbe fatto anche lui un incidente, ma si calmò, fece un grosso respiro, bello profondo.

Partì a tutta velocità, non rispettando i limiti imposti dalla legge, me ne vogliate, ma suo fratello era morto e lui era stanco di perdere persone nella sua vita, perdeva persone non solo fisicamente, ma anche sentimentalmente.

Si avvicinò a passo lento verso le tre figure, appena fu intercettato da Moon la bambina scattò in piedi, lo scrutò attentamente per verificare che non fosse anche lui nel suo stesso stato e corse, corse verso le sue gambe, stringendole forte.

La prese in braccio, e sentì per la prima volta le lacrime di una bambina così piccola, a cui è stato strappato con forza un'altra parte di cuore.

Voleva urlare, rompere qualsiasi cosa, perché i bambini non meritano sofferenze, devono essere preservati da ogni male. «amore mio, Moon. Andrà tutto bene, prometti allo zio di stare con lui?» senza rispondere annuì appena

«zio perché?» lo guardò con gli occhi pieni di dolore, le accarezzò la nuca, cercò di cullarla, di rassicurarla «non c'è un perché amore mio, so che fa male, fa male anche a me il cuoricino!»

«Harry?» chiese stupita la donna dai capelli lunghi e castani «Eleanor, quella della casa giusto?» lei annuì mentre si avvicinava ad Harry

«è tua nipote?» chiese diretta «non proprio, non sono il fratello del padre. Immagino che siate qui per l'affidamento, i nonni stanno per arrivare!» precisò a denti stretti, quasi voleva piangere, non avrebbe rivisto la bambina con una tale frequenza

«in realtà, il signor Grimshaw ha inserito anche te nell'affidamento della bambina, hai le stesse possibilità dei suoi nonni di richiederlo. Ti devo chiedere se saresti disposto a mantenerla?» sentì il fiato caldo e il respiro regolare di Moon, si era appena addormentata sulla sua spalla con una leggerezza disarmante

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