Comando dei Carabinieri, Trastevere, Roma.
Ore 09:30 del 12 Maggio 1978.
Il Capitano Valentino De Angelis sfogliò il pesante plico di carte sotto i suoi occhi.
Erano stati giorni difficili e intensi a Roma: dopo l'attentato di Via Fani ai danni di Aldo Moro, l'intera arma dei Carabinieri aveva lavorato senza sosta per contrastare il terrorismo delle Brigate Rosse.
Gli occhi del Carabiniere s'incrociarono sopra i vari rapporti e le parole scorrevano come le acque del Tevere in piena.
È un inferno.
Accarezzò ogni foglio con cura, sorseggiando dalla sua tazza arancione del caffè, oramai freddo. La noia si appigliava al senso di responsabilità e la tensione delle poche ore di sonno gli fecero girare la testa per un istante.
Devo staccare.
Si alzò dalla scrivania e si allontanò dai fogli, per prendere una boccata d'aria.
«Capitano?» La voce morbida e pacata provenne da dietro la porta del suo ufficio.
«Tenente Conti, dica» rispose Valentino, con tono arrancante e scocciato.
«C'è bisogno di lei all'ingresso. È appena entrato un certo Antonello Scaccia, un architetto che vive a qualche isolato da qui. Vuole parlare solo con lei, dice di trovarsi in una situazione critica.»
Spazientito, il Capitano De Angelis oltrepassò il suo sottoposto senza proferire parola. Percorse il lungo corridoio, ornato di bandiere e stemmi dei Carabinieri, che portava all'atrio d'ingresso. Trovò chi lo stava cercando: Antonello Scaccia, un uomo minuto e molto magro, lo attendeva in piedi, tremante.
De Angelis lo squadrò dall'alto al basso ripudiando il suo vestiario, che comprendeva una camicia verdognola e un paio di pantaloni molto larghi e marroncini.
«Buongiorno.» Il Capitano cercò di parlare pacatamente, notando l'accentuato nervosismo dell'architetto, che sistemò i pesanti occhiali da vista, coperti per metà da una folta chioma riccioluta.
«Sì... buongiorno Capitano. Mi dispiace disturbare, ma non posso più aspettare.» Antonello si avvicinò, con il viso pallido e tremolante. Sudava.
«Dica pure.» Il Capitano gli indicò una delle tre sedie nel corridoio.
«Sarei dovuto venire prima. Tutte quelle persone...» Antonello frugò dentro le sue tasche ed estrasse alcune foto in bianco e nero di visi familiari al Capitano.
«Questi volti... queste sono le vittime degli ultimi casi su cui stanno indagando in altri quartieri e in zone fuori Roma. Perché è venuto qui?»
«Perché io abito qui! Sì, cioè... da poco in realtà, ma... è tutto collegato, ne sono sicuro.» L'architetto si guardò attorno, come se si aspettasse di essere spiato.
«Si calmi, altrimenti non potrò fare molto. Dunque, cosa sta succedendo? Si presenta qui con foto di persone assassinate dentro le loro abitazioni. I casi legati ad esse sono ancora aperti e ne ho sentito ampiamente parlare. La sua presenza qui, in queste condizioni,» indicò il viso dell'architetto e l'ampia macchia di sudore sulla sua camicia «mi fa insospettire» concluse, cercando di capire se Antonello fosse in semplice soggezione o se effettivamente potesse essere un sospettato.
«Io lo sono, voglio dire, sono legato a questi omicidi. Non sono il colpevole, ma...» indeciso sulle parole, abbassò la voce e si avvicinò al Capitano «so chi è stato e sono preoccupato per la mia stessa vita.» Ancora una volta si guardò attorno, tremante.
«Venga.» Il Capitano lo accompagnò dentro il suo piccolo ufficio dalle pareti azzurre e lo invitò a sedersi. «Ora la lascerò parlare. Mi racconti cos'è accaduto nei minimi dettagli, non la interromperò.» De Angelis alzò le tapparelle della finestra dietro alla scrivania e si accomodò, pronto ad ascoltare l'enigmatico architetto.

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Il tessitore di case
TerrorL'architetto Antonello Scaccia entra nel comando dei Carabinieri di Trastevere invaso da un profondo terrore e tutto sembra essere legato al suo figlio adottivo, il tessitore di case.