La quiete dopo la tempesta

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Joker's Pov:
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Una luce, un piccolo spiraglio di luce cercavo in quella stanza vuota, senza anima. Il silenzio  mi avvolgeva, come fosse nebbia, nebbia fredda, umida, logorava la mia pelle, lacerata ormai da tutti questi anni di sofferenza.

Mi stringevo tra le braccia, le mie braccia, come alla ricerca di un conforto, di una compagnia, di un po' di affetto, quell'affetto mai ricevuto, neanche nella mia più tenera età. Molte volte nella vita mi è capitato di sentirmi solo, anzi, io ho vissuto la mia vita in costante solitudine, non aspettavo l'amore o chissà che cosa, neanche l'affetto. Ormai ero abituato a vivere in una città come Gotham, una città che non pensa a quelli come noi, quelli "malati", una città crudele che ti schernisce, strozzandoti in un'eterna solitudine, e tu sorridi, continuerai a sorridere con questa angoscia insistente, penetrante, una pesantezza assoluta che, seppur invisibile, riesce a farti crollare nella cattiveria più assoluta.

Lì, in quelle quattro mura regnava il silenzio, ma non un silenzio normale, un silenzio straziante, anche se, dentro di me, non vi era altro che caos.
Adesso quelle braccia che cercavano il tanto affetto desiderato, mi procuravano dolore. Con le unghie cercavo di graffiarmi le spalle, del sangue usciva da quelle ferite provocate da me stesso, lo sconforto in quel momento era fatale.
Affondavo le mie dita nelle mie carni, squarciando la pelle, non sentivo dolore, ne avevo sentito fin troppo ormai.
Una risata mi sfugge, non sapevo bene il perché ma ridevo, forse era l'unica cosa che sapevo fare bene, ridere. Una risata tormentata mi uscì dalle corde vocali, dalla gola, una risata strozzata, stridula, per molti fastidiosa, acuta.
Nonostante quelle grida di risate, il silenzio rimaneva tale, uguale, non cambiava.

Forse, il silenzio, era solo nella mia testa, solo un pensiero, un incubo angosciante....ma d'altronde....solo un matto... potrebbe immaginarsi l'inesistenza più totale.

Sul pavimento sporco vi erano numerose tracce di sangue, come macchie tralasciavano i resti di un avvenimento accaduto poco fa,  e ora il silenzio dopo la tempesta, il caos angosciante dopo una discussione, un litigio o, una rissa. 

Mi ricordo ancora la faccia fredda di lei: donna fuggiasca, coraggiosa – probabilmente lei nella vita avrà avuto molta meno paura di me – una donna ribelle, libera dal peso dell'uomo, ormai indipendente .

Mi ricordo la faccia dell'unica persona che sia mai riuscita a vedere del buono in me, dell'unica che mi abbia mai amato in questo mondo costituito da odio e disprezzo. Harleen, era il suo nome prima di diventare una criminale, Harleen Frances Quinzel, ora conosciuta come Harley Quinn.

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                         Flashback

Ci siamo conosciuti tempo fa, nell'Arkham
Asylum, sempre qui. Io ero il maniaco e pazzo suicida di turno, lei era..beh lei era la mia psichiatra.
Lei mi intervistava giornalmente, facevamo sedute in continuazione, anche se - a differenza dei normali incontri tra un paziente e la sua psichiatra-  in quelle occasioni ero io a comandare, io a fare le domande e io a decidere le risposte, esatto io avevo il controllo.

Il piano era semplice: sedurla per evadere da Arkham.

Lei era pazza di me, più pazza di quanto lo sono io, avrebbe fatto di tutto per me, si sarebbe tolta la vita per me.  Quella ragazza mi amava e cadeva ai miei piedi, era evidente, lei mi desiderava, come il fuoco che desidera ossigeno, come un pesce che desidera l'acqua, e lei abboccò per bene.

Ovviamente presi la palla al balzo, io la convinsi a darmi un arma, all'inizio era un po' riluttante ma poi cedette, cedette quella povera anima innocente. Aprii il fuoco, quel giorno furono uccisi tutti coloro che si sarebbero messi in mezzo a me e Harley durante la fuga, scappammo da Arkham, finalmente noi due.

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