Avanti e indietro

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ho un passato
ma non vivo più lì

Chapter two
Carter's pov

Sono le 7:00 a.m.
Trev mi ha accompagnato al magazzino, e sto entrando. Spalanco la porta, senza bussare. Già sa che sono qui, ha telecamere ovunque, anche nel cesso. Mi sembra di entrare ogni volta nella casa del grande fratello.

Gli lancio il fascio di soldi sulla scrivania.
«Sono 3800 dollari, mi rimangono ancora 150 grammi da consegnare» gli comunico.

«E per quale motivo non hai aspettato di vendere tutto per portarmeli?» Ci è arrivato già, non è un imbecille. Sa che sono qui per qualcosa.
«Ieri notte, qualcuno ha dato fuoco alla mia moto. Mi chiedevo se centrassi tu.» Evito di girarci intorno.
«Perché dovrei? Io non mi occupo delle minchiate fra ragazzini, Hacker. Dovresti saperlo.» Parla con la sua solita autorità, che su di me non ha alcun effetto. Non mi intimidisce, è inutile anche solo provarci.
«Non sono sicuro sia stato uno della mia età, solo degli idioti lo farebbero a me. Lo sanno come mi comporto.» Nessuno ha mai osato farmi un torto. Tranne Elton, lui non lo ammazzerei mai sul serio, e questo il coglione lo sa. In ogni caso non è lui il responsabile, ne sono certo. Parla troppo, è vero, ma è un ragazzo per bene, non ci penserebbe neanche a cose di questo tipo.

«Hanno lasciato anche un messaggio. C'era scritto 'lui dov'è', e ho l'impressione che cerchino proprio te, Diaz.»
«Guardati le spalle.» Aggiungo.
Non aspetto una sua risposta, prendo il guadagno che mi spetta, mi giro e chiudo la porta alle mie spalle.

Raggiungo Trev, che è rimasto ad aspettarmi giù. Non appena mi vede non esita a chiedermi il risultato della conversazione con Diaz.
«Lui non sa un cazzo.» Sbuffo.
«E ora? Che intenzioni hai?» Mi chiede.
«Nessuna. Se vogliono qualche informazione da me, presto si rifaranno vivi. Li aspetterò.» Poggio le mani sui fianchi.

«E fino ad allora che farai?» Domanda.
«Mi preparerò.» E lo farò nell'unico modo che conosco.

«Io sarò con te. Non farai un bel niente senza di me.» Ribatte Trev.
«Tanto troveresti comunque il modo di metterti in mezzo, come sempre.»
L'ultima volta che gli ho nascosto qualcosa, mi ha letteralmente pedinato. È impossibile omettere anche solo un dettaglio con lui.

«Esatto.» Dice dandomi una pacca sulla spalla. «Avanti sali, ho fame.»
«Ma che cazzo hai al posto dello stomaco, amico?» Prima di venire qui ha mangiato due graffe, un muffin e un cappuccino. È stato trenta minuti fa, di solito sarebbe riuscito a durare altri trenta.

«Ma che cazzo ne so, lo senti come mi brontola il pancino?» Dice accarezzandosi come una donna ingravidata.

Ellen's pov

Sono le 7:00 a.m.
È appena suonata la scassa timpani. E ho sonno. Cazzo.

Questa mattina sono arrivata da Arya alle quattro e trenta, e abbiamo parlato così tanto che quando ci siamo addormentate erano le sei.

Mi giro di lato, convinta di avere altro spazio, ma a quanto pare devo aver fatto male i calcoli perché mi ritrovo con la faccia spalmata al pavimento come una piadina.

Arya non sembra cavarsela meglio. Mi dispiace averla svegliata a quell'ora, ma era l'unica opzione, anche se non credo stesse dormendo. Non sembrava assonnata.

«Cinque minuti e mi alzo.» Mormora con voce impastata, mentre sbadiglia sonoramente.

Classico di Arya, tra cinque minuti non si sveglierà. La maggior parte delle sue assenze sono perché si è riaddormentata dopo la sveglia e ha ripreso conoscenza all'ora di pranzo.

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