12. HAILEY

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Quando entriamo al Red Ink la gente ammassata all'entrata non accenna a volersi spostare per farci passare. Tra la mia espressione infastidita e la stazza di Taylor pero', non serve aspettare molto prima che davanti a noi si apra un piccolo varco, che ci trasporta fino al bancone del bar.

Non so cosa mia sia saltato in mente prima, quando gli ho detto che poteva accompagnarmi. Potrei dire che l'ho fatto semplicemente per scroccargli un passaggio, ma so bene che non è la verità.

La cosa buffa?
Nemmeno io so quale sia la verità.

L'unica cosa certa, è che questo alto e fastidio giocatore di hockey mi destabilizza in un modo che non avevo mai permesso a nessuno.

«Il contatore è di là» Ryan non alza neanche lo sguardo dal bancone mentre mi parla.

Osservo il gin e la lemon soda tuffarsi nel bicchiere davanti a lui con una smorfia. Uno dei cocktail che detesto di più.

«Ciao anche a te» piego la testa di lato, in attesa che il mio collega finisca di servire il ragazzo che ha di fronte prima di parlare di nuovo «Qual è il problema?»

Nel momento stesso in cui lo chiedo la luce soffusa che illumina la pista da ballo (e tutto il locale) sfarfalla, spegnendosi e riaccendendosi a scatti.

Ryan mi lancia un'occhiata eloquente «Appunto» commenta, palesemente infastidito «Va avanti da quasi un'ora»

È normale che sia incazzato, lo sarei anch'io al suo posto. Per quanto mi piaccia pensare di saper preparare qualsiasi drink ad occhi chiusi, farlo sul serio non dev'essere piacevole.

«Dev'esserci qualcosa che fa contatto» afferma Taylor, posizionandosi al mio fianco per ricordarmi la sua presenza.
Come se fosse necessario.

Ryan lo squadra dall'alto in basso, facendosi sfuggire un sorrisetto nella mia direzione, sufficiente a farmi alzare gli occhi al cielo «Fantastico, lo sgabuzzino è di là» spiega, indicando una porta dietro il banco «Hailey ha le chiavi»

Dio, è proprio un'idiota.

Trattengo gli insulti per me e mi dirigo verso la porta seguita da Taylor. Quando mi ritrovo dentro, storco il naso. È davvero piccolo qui dentro, persino per una sola persona. Figuriamoci due.

Faccio un giro su me stessa, spostando il carrello con gli alcolici di lato per portare allo scoperto la scatola del contatore, aprendola con la sola e unica chiave esistente. Inutile dire che se perdessimo questa, saremmo nella merda.

Mi ritrovo davanti i soliti cavi colorati, affiancati da quattro leve, ognuna corrispondente a zone diverse del bar. Pista, bagno, bancone, ed entrata.

Non me ne intendo per nulla di elettricità, quindi l'unica cosa che faccio di solito in queste situazioni è spegnere e riattivare le leve. Di solito funziona ma stavolta, quando lo faccio, non succede niente. Il solito "click" non si sente, segno che c'è qualcosa che non va.

«Cazzo»

Mi gratto la tempia pensando ad una soluzione, quando la spalla di Taylor tocca la mia. Si avvicina con il viso al contatore, esaminandolo con estrema attenzione prima di parlare.

«Non c'è niente da fare» Afferma, stringendosi nella spalle.

«In che senso?» Domando, improvvisamente stizzita «Credevo che te ne intendessi un po'. È tutto quello che puoi dire?»

Non so se sia la sua estrema vicinanza a mettermi sulla difensiva, ma tutto d'un tratto sono particolarmente nervosa.
Ed è chiaro che stia succedendo la stessa cosa anche lui, quando incrocia le braccia e mi rivolge un'espressione arrogante.

PROVA A RESISTERMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora