Capitolo 6•

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CAT

La musica è così assordante che faccio fatica a pensare, figuriamoci a capire chi fosse quella persona dietro di me.

Eppure... quella voce. C'era qualcosa di familiare, ma non riesco a metterla a fuoco.

Sono ancora nel bel mezzo della pista, e adesso la folla è ancora più densa. Il mio respiro accelera, lo spazio intorno a me sembra chiudersi. Mi sento soffocare, come se l'aria stesse lentamente svanendo.

A passo svelto mi infilo tra la folla, cercando disperatamente di trovare un'uscita, una via di fuga.

Devo uscire, prendere una boccata d'aria.

Mi avvicino a Kelly, che ha la mia borsa con il cellulare dentro. La vedo parlare con un ragazzo che non ho mai visto prima.

«Kelly, mi dai la borsa? Ho bisogno di uscire fuori» dico, cercando di mantenere la calma, ma la mia voce tradisce l'affanno, come se mi mancasse il fiato.

Quando Kelly si volta verso di me, mi accorgo subito che è brilla. Anzi, probabilmente è più che brilla.

«Ehi, tesoro! Guarda,  lui è Rafael! Non è carino?» esclama, ridacchiando come se avesse appena raccontato la battuta più divertente del mondo.

Gli occhi le brillano, il viso è arrossato. Non è affatto in sé.

«Oh, fantastico. Perfetto. E ora?» sbuffo, cercando di non perdere la pazienza. «Quanti drink hai bevuto?» chiedo, il tono leggermente più duro.

Mi guardo intorno nervosamente. «E dov'è Nathan?»

Lei sospira, facendo un gesto vago con la mano.

«Forse tre... o quattro? Nathan? Non lo so, amore... Oh, ecco la tua borsa» Mi allunga la borsa senza pensarci due volte.

«Dio, Kelly...» Mi passo una mano sulla fronte e mi rivolgo al ragazzo, Rafael. «Senti, non farla muovere da qui, ok?» dico in tono serio, lanciandogli uno sguardo che non lascia spazio a discussioni.

Rafael annuisce, forse un po' spaventato dalla mia determinazione. Afferro la borsa e mi giro verso Kelly. «Resta qui, non ti muovere» le raccomando, ma so già che lei non mi ascolterà.

Mi affretto comunque verso l'uscita, spingendomi a passo veloce tra la folla, il mio cuore che batte sempre più forte.

🦋

Quando finalmente metto piede fuori, la notte mi investe con una raffica di aria fredda. I brividi mi attraversano tutto il corpo, ma è quasi un sollievo.

Finalmente respiro. Inspiro profondamente, cercando di calmarmi. Afferro la borsa e tiro fuori il cellulare, sperando di non avere chiamate o messaggi.

«Merda»

Gli occhi mi si spalancano quando vedo lo schermo illuminarsi. È quasi l'una di notte e ci sono sette chiamate perse. Tutte da mia madre.

«Oh mio Dio. Mi ucciderà.»

La paura mi travolge. Porto una mano alla fronte, sentendo il panico che cresce dentro di me. Comincio a camminare avanti e indietro, mentre il cuore mi batte in gola. Mi sbrigo a chiamarla, sperando che non sia troppo tardi.

Il telefono squilla. Uno, due, tre squilli.

«Mamma, cazzo, rispondi...» sussurro, con la gola stretta, pregando che non sia troppo arrabbiata.

«Catherine!» urla mia madre attraverso il telefono, la sua voce taglia l'aria come una frustata. «Si può sapere dove diavolo eri? Perché non rispondi alle mie chiamate?»

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