Prologo

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I grattacieli che sfrecciano e la voce di mio padre che canta una delle sue canzoni preferite sono le cose che mi stanno tenendo compagnia durante questo viaggio.
Sono immersa nei miei pensieri e sto già facendo mille progetti per quello che sarà l'anno decisivo della mia vita; infatti, da poco ho fatto domanda per entrare a far parte dell'azienda di profumi in cui lavora mio padre.
La settimana scorsa era arrivata a casa la busta che tanto aspettavo e che a caratteri cubitali mi comunicava che mi avevano assunto per fare la segretaria.
Si lo so, fare la segretaria è un lavoro un po' abusivo, ma è un piccolo grande passo per me.
Nella città in cui vivevo prima le cose non andavano molto bene: mia mamma era un'alcolizzata e tornava a casa sempre la mattina presto dopo una sbronza solo per urlarci contro e per imprecare contro qualsiasi cosa le si capitasse davanti o nella quale inciampasse solo perché era troppo stordita per capire dove stava camminando.
Mio fratello Chris si trovava a chilometri di distanza da noi per l'università in California; lo chiamavo su FaceTime tutte le sere e gli spiegavo quasi piangendo il mio disagio all'interno di quella casa.
Ero spaventata, non riuscivo più a stare lì dentro e non mi sentivo al sicuro, protetta.
Una sera mio padre rimase sveglio tutta la notte per aspettare mia madre, sapeva che l'avrebbe trovata ubriaca come al solito, ma voleva comunque parlarle, non c'era altro modo.
Appena lei varcò la porta barcollava, aveva una bottiglia di non so quale vino in mano e a malapena riusciva a profilare parola.
Quella notte non riuscii a dormire, sentivo continui schiamazzi e il sonoro rumore dei piatti che si schiantavano contro le pareti della cucina.
Mio padre non mi disse mai che cosa successe davvero quella notte; forse era troppo pesante quella situazione e forse non voleva appesantirmi ulteriormente con delle orribili immagini nella testa che ritraevano i miei genitori furiosi l'uno contro l'altra.
Ora però, sono convinta che io e mio padre insieme potremmo davvero essere grandi, senza intoppi, senza nulla che vada storto.
Quando stavamo nella casa vecchia non facevamo mai dei viaggi, se non papà per lavoro; io invece dovevo rimanere a casa da sola a fare le faccende domestiche, a finire di studiare per i miei esami dell'università online che frequentavo e a cercare un modo per passare il tempo che mi rimaneva.
Non avevo amici, non ne ho mai avuti a dire la verità; ho sempre avuto paura ad affezionarmi alle persone, soprattutto ho sempre temuto una relazione.
Avevo paura che la mia relazione potesse diventare come quella dei miei genitori: tossica.
Sono sempre apparsa agli occhi degli altri come quella disagiata, con una famiglia instabile e con la madre puttana e squinternata.
Capitava infatti che mia madre scopasse con altri uomini nei locali dove andava a fare baldoria e poi lo raccontava in giro.
I miei coetanei, quando iniziarono a circolare quelle voci, iniziarono ad evitarmi, a parlarmi alle spalle e a non salutarmi più.
Ero stufa di quella vita; era una vita che non mi apparteneva, che non era mia di diritto, che non spettava a me; era stata mia madre a mettermici dentro.
Ad un certo punto i miei pensieri svaniscono e torno alla realtà; mio padre sta ancora cantando e io mi accorgo solo in quel momento di essere arrivata a Brooklyn, la città dalle mille occasioni; e un'occasione lì l'ho trovata anche io.

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