Capitolo 4

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Sono tra le braccia di mamma, sento il suo profumo, la sua voce. Mi parla di cose belle, mi stringe a sé. Voglio risponderle ma non mi esce la voce. Lei continua a sorridere e io mi giro per guardarla. Appena lo faccio il suo volto si incupisce. Inizia a piangere, ad urlare, a strillare. Cerco di staccarmi da lei, ma le sue braccia si fanno sempre più strette sul mio corpo. Le grida continuano e mi inizia a mancare il respiro.
Mi sveglio d'un tratto, ansimando. Sono sudata. Il mio cuore batte troppo forte. Devo uscire. Sono le 5.30 del mattino. Prendo la giacca ed esco di casa.
Cammino dirigendomi in un luogo imprecisato, senza fermarmi.
Sono ancora molto turbata e non riesco a calmarmi. Il terreno su cui sto camminando inizia a girare intorno a me e il cielo sembra muoversi. Vedo una panchina e mi siedo. Faccio respiri profondi.
"Amelia?"
Mi giro di scatto spaventata e sgrano gli occhi quando trovo Logan dietro di me.
Faccio per alzarmi ed andare via.
"Amelia, ma che fai da sola a quest'ora di mattina?" nella sua voce percepisco una lieve preoccupazione, ma non mi scompongo.
"Potrei fare la stessa domanda a te". Ribatto girandomi per fissarlo negli occhi.
"Stai bene? Sembri sconvolta".
Il fatto che si veda così tanto mi rende nervosa e non so bene cosa rispondere, così mi guardo in giro.
"Amelia ti ho fatto una domanda". La sua voce è autoritaria e mi mette un brivido.
"Volevo prendere aria". Affermo tornando a guardare i suoi occhi. Sono neri e profondi, sembra quasi di poterci entrare.
"Io.. mh... io devo andare". Mi affretto a dire. E inizio a camminare.
Lui mi prende il polso e mi ferma. Mi blocco e resto a fissare quel gesto, invasa da mille sensazioni che non so spiegare. Mi spaventa e attrae contemporaneamente.
"Lascia che ti accompagni a casa". Dice quasi come se fosse un obbligo per me accettare.
Effettivamente non so bene dove sono finita e non sarei in grado di tornare, quindi accetto.
Mentre annuisco lui fa scivolare la sua mano dal mio polso alla mia mano e la ritrae subito.
"Ma hai la mano congelata". E in mezzo secondo lo vedo togliersi la giacca e porgerla a me.
"No grazie non è necessario". La mia voce è stanca e timida.
"Non fare storie". E mi mette la giacca sulle spalle.
"Ora hai intenzione di rispondere alla domanda che ti ho fatto ieri?
"Che domanda mi avresti fatto?" Tento di sembrare vaga ma so perfettamente a cosa si riferisce.
"Perché siete venuti qui? In questo posto squallido?"
Mi irrigidisco d'istinto pensando al sogno della notte appena trascorsa e una lacrima inizia a scendere scivolando sulla mia guancia.
"Non mi va di parlarne". Dico semplicemente e asciugo la lacrima.
"Okay okay, d'accordo. La smetto". Gliene sono grata e sospiro.
A questo gesto mi avvolge in un semi abbraccio e iniziamo a camminare così. Non so bene il motivo, ma mi fa sentire sicura.
Mi lascia sulla porta di casa e mi lascia la giacca.
"Ci si vede in giro". E se ne va.
Sono stanca e mi appisolo sul divano. Mio padre esce per andare al lavoro e sembra non accorgersi di me. Decido di andare a comprare una stufetta elettrica, alcune coperte e un paio di anfibi dal negozio dell'usato. Mentre torno a casa comincia a nevicare e cosa che mi ricorda Oslo.
Nel primo pomeriggio mi decido e chiamo l'Art, il locale in cerca di personale. In serata avrò un colloquio e penso a rendermi presentabile.
Faccio la doccia e mi trucco quel poco che basta per non sembrare morta. Indosso dei jeans a zampa e una semplice felpa che mi sta un po' grande.
Come scarpe opto per gli anfibi a causa del meteo incerto ed esco.

ETERNAL LOVEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora