La storia si ripete

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Era scesa una fitta nebbia quel mattino a Forlì. L'aria era pesante, non solo per l'umidità che intensificava gli sbalzi di temperatura tipici del cambio di stagione, ma anche per l'atmosfera che si era via via creata in quegli ultimi mesi d'inferno. Ancora peggio erano state le ultime tre settimane, periodo nel quale i militari avevano scoperto traccie isolate di ribellione da parte dei civili. Le conseguenze non erano state solo l'uccisione degli individui sospetti e gli interrogatori sempre più brutali in merito a metodi di persuasione, ma anche l'accanimento incontrollato contro persone innocenti. L'accanimento era possibile grazie al fatto che le tensioni tra militari e banditi avevano trovato un paradossale equilibrio abbastanza macabro da ricordare due lupi che si spartiscono una carcassa, ovvero i territori da saccheggiare in maniera regolare. Rapine, pestaggi, stupri e minacce erano all'ordine del giorno in quella chiassosa seppur silenziosa città ormai in rovina. La fitta nebbia sembrava quindi un tentativo della natura di redimersi nei confronti degli uomini che ne avevano dipinto le bellezze in passato con ritratti di paesaggi pieni di colori: un freddo e vuoto ritratto sfocato di una grigia e scura nebbia che faceva promesse senza di fatto condurre mai da nessuna parte, o almeno così pensava Sara.
Era sempre stata una ragazza molto riflessiva e locuace, ma dopo le sue ultime esperienze traumatiche anche i piccoli dialoghi con altre persone si erano fatti ancora più rari. Il vetro freddo e parzialmente appannato di quel seminterrato di periferia le regalava tanti, troppi pensieri che lei alimentava senza timore e senza fretta interrompendoli di tanto in tanto con un sorso di disgustoso ma necessario caffè.
Si strinse addosso la coperta di lana trovata in quella stessa casa poco prima e si voltò verso l'interno della stanza per controllare cosa stesse succedendo nella penombra di quei muri in rosso mattone a vista.
  - Sara vieni anche tu. Siamo quasi pronti...-
  - Arrivo...-
Affaticata e lenta si alzò in piedi facendo scricchiolare la sedia di legno che nel frattempo si era rivelata un'ottima fonte di formicolii ai glutei. Si diresse verso un piccolo pallet di legno usato come tavolino e sul quale vi erano appoggiate cinque gavette di metallo: una per ogni membro del gruppo.
Seduti attorno al tavolino improvvisato c'erano Sergio, Mattia ed Eleonora.
Il primo a parlare fu Mattia:
  - Dimmi che non hai cucinato da schifo anche questa volta.-
  - Anche se fosse? Non mangeresti?-
Marco rispondeva sempre in modo diverso a seconda di come si sentiva. Era un ragazzo molto sensibile e dolce, ma per fortuna in quel momento nessuno a parte Mattia aveva voglia di creare problemi o disguidi di qualche tipo. Mattia del resto era l'esatto contrario di Marco: un ragazzo che si poteva considerare un vero stronzo e che indipendendemente da cosa succedeva rimaneva stronzo. Non era la prima volta che giudicava Marco riguardo al cibo, ma alla fine dei conti non risparmiava mai nessuno dalla sua perenne scontentezza.
  - Ragazzi dateci un taglio, avete rotto il cazzo!-
Li interruppe Eleonora che nel frattempo rovistava fiaccamente nello zaino alla ricerca delle posate.
  - Se vabbè vaffanculo!-
Ribattè Mattia.
  - Vaffanculo a chi? Non capisco perchè dovete sempre darvi contro voi due, tu più di tutti!-
Continuò la ragazza rivolgendosi all'attaccabrighe seduto di fianco a lei. Il ragazzo non rispose ma si lasciò cadere in un silenzio tombale quasi a voler dimostrare qualcosa a tutti i presenti.
  - Lo schifoso pasto è pronto.-
  - Ohh, dai Marco, ti do una mano.-
Intervenne Sergio.
  - Non lo definirei schifoso un pasto del genere, senti che meraviglia!-
  - Già infatti, il profumo è buono. Ma cos'è?-
  - Wow raga, avete persino dimenticato il profumo di uno stufato di patate e porro?-
Tutti i presenti si bloccarono felicemente stupiti, ma solo Sara si incuriosì alla provenienza degli insoliti ingredienti.
  - Come hai fatto a trovare del porro? Ecco perchè profuma così tanto! Dai dai dove l'hai trovato?-
  - La cucina della vecchia ovviamente.-
  - Ma lei da dove lo avrà preso? Non ho visto contadini qua in giro...-
Domandò Mattia.
Come era solito fare in questi casi si pronunciò in coro la banale frase: "oddio Mattia...", alla quale diede un senso compiuto solamente Eleonora.
  - Hai presente l'orto che la vecchia ha dietro casa?-
  - Ah, e che cazzo non lo sapevo.-
  - Che il porro è un ortaggio?-
Si sarebbe sentita anche dall'esterno la risata collettiva che per un istante scacció la quiete dalla strada di fronte alla piccola e appannata finestrella da cui Sara osservava il mondo in rovina pochi attimi prima, se solo qualcuno fosse passato di lì nel momento giusto avrebbe potuto goderne il piacevole suono. Quel suono ormai dimenticato da tutti: le risate. Quelle in gruppo, quelle a scuarciagola, quelle che ti toglievano il fiato e ti lasciavano ansimante e coi dolori di pancia. Nessuno le ricordava più eccezzion fatta per quei giovani che nel male più assoluto avevano trovato un piccolo spazio per un po' di bene tra di loro. In quel momento l'aria divenne più calda, la luce più piacevole, il cibo più invitante, le persone più gentili...
Era come se l'umorismo fosse stato una piccola magia di serenità e buonumore che d'un tratto avesse fatto effetto su...
  - ...hai capito Sara?-
  - Uh? Cosa?-
  - Ho detto...- Marco sbuffò al pensiero di ripetersi. - Che è ora di andare.-
  - Ah si si, certo sono pronta!-

Il Soldato senza DivisaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora