Luna park

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Avete presente quei luna park al mare, allestiti vicino alla spiaggia, in stile americano? Quell'accostamento di mare e sabbia da una parte, e ruota panoramica, autoscontri e stand di frittelle dall'altra? Ecco, ricreate nella vostra mente uno scenario così. Non pensate però a un posto pieno di gente: fa freddo, è inverno, le giostre sono ferme e non c'è praticamente nessuno.

Praticamente, sì. Dico praticamente perché in realtà qualcuno c'è. Un ragazzo con un lungo cappotto che passa tra le giostre e si siede su una panchina tra il luna park e la spiaggia. Si guarda le scarpe, il cemento al di sotto e la sabbia poco a sinistra. Le mani nelle tasche del cappotto, le spalle strette, la postura un po' ingobbita. Alza la testa verso la giostra a pochi metri da lui. Torna con la mente all'infanzia, ai pomeriggi in cui i nonni lo portavano a una giostra simile, in piazza, e aspettavano con lui che si liberasse il suo cavallo preferito perché potesse salirci e galoppare in tondo, sbracciandosi a ogni giro per far ciao ai nonni.

Gli occhi gli si inumidiscono, sposta lo sguardo verso il cielo ma subito nota con la coda dell'occhio una sagoma in movimento. Si volta verso destra e vede una figura a lui ben nota che gli si avvicina. Ha le braccia incrociate, la bocca nascosta da una sciarpa. Gli occhi fissi su di lui. Il passo è deciso, regolare; la postura ben dritta, quasi rigida. I capelli scuri raccolti in una coda ondeggiano da una parte all'altra a suon di marcia. Non è truccata, ma i suoi occhi verdi non hanno bisogno di trucco per riempirle il viso.

Arriva a qualche metro da lui.

"Ciao."

"Ciao."

Si guardano, lui sempre seduto e lei in piedi. Lui abbassa lo sguardo e si fa un po' più a sinistra. "Ti va di sederti?"

Lei si siede, le braccia ancora incrociate. Non lo guarda più, tiene gli occhi rivolti in avanti, verso qualcosa di indefinito. Lui invece la guarda, poi abbassa di nuovo lo sguardo.

"Mi dispiace."

Lei non risponde, resta con lo sguardo fisso in avanti.

"Non sai quanto mi dispiace," dice lui guardandosi le scarpe. "So che non lo puoi sapere perché davvero non riesco a trovare parole che possano esprimere come mi sento." La voce inizia a incrinarsi.

Lei gira la testa verso di lui. L'espressione sul viso, fino a pochi secondi prima dura, si addolcisce un po'.

"Gabri, penso di conoscerti da abbastanza per capire quanto sei dispiaciuto." Allunga una mano e gliela posa sul ginocchio.

Gabriele alza la testa e la guarda, gli occhi lucidi.

"È che non ci siamo più sentiti nell'ultimo anno... Sono proprio sparito nell'ultimo anno, non ti ho più risposto."

Lei ritrae la mano.

"Mi dispiace... Sai come sono fatto, ho bisogno di stare da solo."

"Lo so."

Lui si guarda di nuovo le scarpe, lei gira la testa verso la giostra.

"Se non sto abbastanza con me stesso sento di perdermi. Stare con le altre persone mi piace, ma so di non essere davvero io. Non del tutto, non a sufficienza. E nei periodi difficili ho bisogno di passare più tempo del solito con me stesso."

"Ed eccoci qua, quattordici mesi più tardi."

Silenzio. Lui la guarda con occhi tristi. È così paziente, sa che gli perdonerà sempre tutto. Non è giusto. Non deve cedere ogni volta, non se lo merita. È troppo buona.

"Non la merito un'amica come te."

Lei sorride, lo sguardo sempre sulla giostra. "Lo so. Ricordo di avertelo detto io la prima volta in quinta elementare. Era ricreazione, se non sbaglio. Stavo giocando con Camilla, quando sei arrivato di corsa gridando 'Beatrice! Beatrice!' e ti sei scusato per non so neanche più cosa. Eri così buffo, con quella tua maglietta blu e i capelli sempre in disordine."

Si guardano e accennano un sorriso. Gabriele si fa un po' meno curvo, Beatrice un po' meno rigida.

Avete presente quella sensazione di conoscere una persona da sempre? Non importa se siete amici di vecchia data, vi sembra quasi di conoscervi da ancora prima di essere nati. Quel senso di complicità e comprensione reciproca che vi fa meravigliare di quanto possiate contare gli uni sugli altri senza aver mai neanche accennato a un argomento, uno stato d'animo, un'esperienza? È proprio il caso di Gabriele e Beatrice, da sempre inseparabili. Beh, almeno fino a un anno e due mesi prima, quando Gabriele è sparito di punto in bianco e non ha più dato sue notizie. Non che si fosse trasferito altro, eh. Non si è mosso dalla città in cui hanno sempre abitato, ma, nonostante ciò, i ponti tra i due sono crollati.

È stato Gabriele a ricontattare Beatrice, chiedendole per messaggio di trovarsi al luna park, alla loro panchina. Lui pieno di cose da dire e spiegazioni da dare, lei seccata ma allo stesso tempo preoccupata per l'amico. Come spiegare questo periodo di silenzio? È una domanda che si sono fatti entrambi mentre andavano verso il luogo dell'incontro.

[continua]

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