Ch. 10: Una "dura" verità (p1)

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Come un fiore maltrattato dalla pioggia, ci sono occhi che rispondono alla violenza con un sovrappiù di luce.
(Fabrizio Caramagna)

Uscito da scuola mi precipito a cercarla. Per fortuna, avendo fatto tardi, restano poche auto nel parcheggio e la individuo subito.

Ovviamente non mi ha aspettato, ha già imboccato la strada che porta a Town St. e cammina spedita con lo zaino appeso a una spalla.

Il cielo si è fatto ancora più nero e il vento piega i rami più alti degli alberi facendo ricadere le foglie in mulinelli d'aria che, volteggiando, accompagnano ogni suo movimento.
Tra poco inizierà a piovere.
- Alexis, fermati! - Urlo, costretto ad affrettarmi per raggiungerla.

- Cazzo Lex, sei sorda?! Come hai fatto a non sentirmi? - Mi lamento quando l'affianco e lei, finalmente, si volta guardandomi divertita.
Certo... Aveva capito benissimo, ma la stronza, ha deciso di ignorarmi!

Quel pozzo di improperi che si muove senza tregua sotto al suo naso, non smette di articolare minacce che per fortuna, ora, non riescono ad arrivarmi. Mi osserva truce in attesa di una mia resa, ma la mia attenzione viene catturata dalla staccionata della casetta azzurra alle sue spalle. Quanto tempo abbiamo passato qui da piccoli aspettando che Liam finisse le lezioni?!

Dato che il piazzale della Breintree High school d'estate diventa una distesa di cemento incandescente, finivamo sempre per rifugiarci in Town st. che invece è sempre stata una tranquilla via residenziale, costeggiata da edifici di ogni dimensione e forma con giardini e molti alberi che donano ombra e sollievo nelle giornate calde.

- Non m~ ~ cas~ - Sono le uniche cose che riesco a comprendere nel momento in cui il frusciare delle foglie diventa troppo fastidioso e il bacchettare delle persiane della villetta oltre lo steccato si unisce al concertino non richiesto che ci sovrasta.

Faccio un passo nella sua direzione, abbassandomi quel tanto che basta per farle scorrere le mie parole direttamente nell'orecchio, fingendo di non accorgermi dello stupore che improvvisamente le si legge sul volto.
- Non ho capito! - Le urlo, godendo del calore emanato dalla sua pelle e nel vederla irrigidirsi.

È lei, questa volta, ad allungarsi verso di me nel tentativo di invertire le nostre posizioni. È questione di tempistiche sbagliate; le nostre bocche si toccano appena, in un incrocio di precedenze non date da cui non è facile uscire. Restiamo sospesi, finché avverto le sue dita avvolgermi l'avambraccio.

Mi trattiene per indicarmi di restare fermo ed io eseguo, completamente pietrificato, quando sollevandosi sulle punte invade il mio spazio e mi sfiora la guancia per permettermi di sentirla.

E... solo per una frazione di secondo, solo per un istante millesimale, solo per il tempo di un battito di ciglia... Voglio baciarla.
Baciarla ed impedirle di insultarmi.
Baciarla e non permetterle di allontanarsi come fa sempre.
Stringerla e non accontentarmi delle sue dita che toccano il mio tatuaggio e delle sue labbra che accarezzano il mio zigomo.
È solo un attimo; perché subito mi riscuoto e decido che preferisco evitarmi la ginocchiata che mi arriverebbe diretta nei coglioni.

- Non voglio che mi accompagni! - Risponde, e la massa di fili dorati le ricopre la faccia, sparando in tutte le direzioni.

D'un tratto il cielo sembra crollarci addosso in una doccia gelata che ci fa rabbrividire e io, senza riflettere, le afferro il polso e inizio a correre.

In men che non si dica siamo completamente fradici. I vestiti appiccicati addosso e la pelle d'oca diventano ottimi presupposti per il malanno del secolo.

Procediamo veloci, con i muscoli delle gambe che tirano e il fiato che brucia in gola, lungo il marciapiede giù per Town st. che ora sembra più interminabile che mai.

REFLEXED [Concluso In Revisione] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora