Ultima notte al cimitero (Spirito corvo)

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Non aveva mai creduto che la terra di un cimitero potesse essere così dura. In fondo ci seppellivano bare tutto il giorno quindi perché stava faticando così tanto?

Imprecò per l'ennesima volta. Doveva trovare la refurtiva in fretta, ci teneva troppo al suo collo. Non era certo che quei gangster da quattro soldi lo avrebbero effettivamente lasciato in vita, ma era certo che non sarebbe riuscito a scappare con l'influenza che avevano. Intanto li avrebbe restituito tutto e poi si sarebbe inventato qualcosa. Se c'era qualcosa in cui era bravo era salvarsi la pelle.

Imprecò ancora. Se avesse saputo che quella era la casa della figlia del boss non l'avrebbe certo svaligiata.

«Maledetto Clayman, giuro che se esco vivo da questa storia lo ammazzo con le mie mani.» In realtà Clayman non aveva mai commesso un errore simile nel dargli delle informazioni, ma sinceramente non aveva tempo né la pazienza per pensare una cosa simile.

«Perché diavolo ho nascosto qui la roba!?» Non esitò ad urlarlo certo che nel mezzo della notte nessuno l'avrebbe sentito.

Era stato un caso e... la sua arroganza. Inizialmente aveva creduto di poter facilmente svignarsela da quella città dopo aver passato un po' di tempo nascosto. Tuttavia portarsi dietro la refurtiva sarebbe stato un problema e un pericolo, senza sarebbe stato facile negare. Proprio mentre stava riflettendo su un possibile nascondiglio aveva notato la tomba aperta in fase di ricopertura. Lo aveva preso come un segno dall'alto e ci aveva nascosto la refurtiva.

Adesso credeva solo fosse stato un grave errore. L'aveva trovato esattamente ventiquattro ore dopo, probabilmente aveva un paio di costole incrinate e i graffi sulla faccia gli bruciavano contro la brezza notturna. Dopo averlo pestato, con finta bontà, gli aveva proposto di barattare la sua vita per ciò che aveva rubato. Aveva accettato subito. Forse in fondo la scelta del cimitero era stata buona visto che i suoi controllori se l'erano fatta addosso e non erano voluti entrare. Uno di loro aveva borbottato qualcosa sul fatto che il cimitero fosse maledetto o qualcosa di simile. L'altro aveva detto che erano tutte scemenze ma alla fine si era tirato indietro e adesso era solo a scavare quella cazzo di buca.

«Maledetti bastardi, codardi, inutili gangster del cazzo!» Fu uno sfogo legittimo.

Una risata si udì per un singolo attimo.

Si bloccò.

Doveva essere il vento. Non c'era nessun'altro oltre lui. Chi poteva mai esserci. Anche se diceva così i peli sulle sue braccia si erano improvvisamente rizzati e la presa sulla pala, adesso arma contundente, si era fata decisamente più salda. Si voltò scannerizzando il cimitero parzialmente illuminato dalla pesante torcia. Sussultò alla parziale ombra su un alto monumento.

«Te la stai passando male, eh amico?» La voce divertita proveniva dalla figura scura.

Nella notte non riusciva a vedere l'uomo, solo le gambe ciondoloni a lato della statua ne attestavano la presenza. Per un attimo gli venne in mente la leggenda che il gangster aveva detto a mezza voce ma immediatamente scacciò quel pensiero. Era sicuramente un essere umano. Insomma lui era lì a disseppellire una bara, era davvero così sorprendente che qualche poco di buono (categoria in cui lui stesso rientrava) si trovasse lì come lui? Forse era un saccheggiatore.

«Mettersi contro chi controlla la città? Decisamente poco furbo.»

Si sorprese nel sentire quella seconda voce, vagamente annoiata e delusa. Fu un secondo ma i suoi occhi percepirono un movimento a fianco della prima figura. Poi un paio di sfere scintillanti si fecero breccia nel buio riflettendo la luce della torcia. Il teschio di corvo che costituiva la maschera forò l'oscurità in modo innaturale permettendogli di vedere quella strana creatura. Anche l'altra figura si piegò in avanti, osservandolo dall'alto. Era impossibile vedere le loro espressioni dietro quelle imitazioni di maschere da dottori, né poteva incrociare i loro sguardi: le lenti spesse sembravano o riflettere la luce oppure il buio più completo. Stranamente non aveva paura, forse perché nonostante tutto capiva benissimo che si stessero prendendo gioco di lui.

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